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lunedì 30 aprile 2012

La donna dei fiori di carta - Donato Carrisi (Longanesi 2012)


"«Il vostro nome in cambio della vostra vita, non mi sembra così irragionevole come baratto. In fondo, si tratta di rispondere a una semplice domanda.» Cercava di sembrare ironico, perché aveva capito che l’ironia poteva essere una chiave. «Voi tornerete dai vostri commilitoni e a me conferiranno una medaglia. Avanti, su... Non voglio ricordarmi di questo giorno in questo modo, ho già troppi brutti ricordi. Non vorrete morire proprio qui, in cima al monte Fumo. E oggi è perfino il mio compleanno.» 
«Sono tre.» 
La frase lo colse impreparato. Proprio non se lo aspettava. Il prigioniero aveva parlato. La voce, calda e perentoria, era emersa dall’oscurità. «Cosa avete detto? Temo di non aver compreso bene.»"

 C’è gente che scommette e vince. A Donato Carrisi è capitato con “Il suggeritore” e “Il tribunale delle anime”, sta per succedergli ancora. “La donna dei fiori di carta” è una scommessa: stacca, va fuori da temi e tratti finora tipici. Smilzo, un po’ misterioso al primo sguardo, il libro odora di narrazione orale, quelle che capitano una volta sola perché devono riscaldare e avvincere, commuovere e divertire con parole e rintocchi sempre differenti. Chi è il prigioniero italiano che gli austriaci hanno catturato sul monte Fumo, a ridosso di un ghiacciaio e nel pieno della guerra di trincea?
Se lo chiede il maggiore austriaco che vuole usarlo per uno scambio con gli italiani, se lo deve chiedere Jacob Raumann, il medico cui tocca l’incarico di interrogarlo, ce lo chiediamo noi, travolti dall’incanto della scrittura che in un momento ci incolla alle pagine. Il prigioniero dovrebbe solo declinare le generalità e chiarire se è ufficiale o soldato semplice, invece accetta di parlare con Raumann a modo proprio, con un fluire ininterrotto di narrazione che riguarda qualcun altro. Guzman. Chi è Guzman?
Il prigioniero parte da lì. Da lui, Guzman, che ha tre passioni: fumare, raccontare storie e le montagne. Ha imparato a fumare e raccontare storie da adolescente quando il padre, in fuga da lui e da sua madre, gli ha infilato in mano un mozzicone di sigaretta chiedendogli cosa evocasse il suo sapore; non ha più smesso, raccontare è diventato il bisogno assoluto, il sogno da realizzare giorno dopo giorno in una nuvola di fumo. Le sue storie di levano alte, leggere, inducono a ciascuno riflessioni speciali. Epoche, luoghi e persone si intersecano, si sfiorano e sono realistici o fatati, leggendari o epici: svaniti il prigioniero e il medico, il maggiore e la trincea, compaiono le gesta e il sogno, e l’amore di Guzman.
Compare il Titanic, e ci sembra quasi normale: nell’invenzione assoluta potrebbe mai mancare la verità storica? Disintegrata la distinzione tra realtà e leggenda, già alle prime pagine passa la voglia di capire se Carrisi stia inventando tutto: non è importante, non cambia il piacere di portarsi dietro Guzman e gli altri nel loro intreccio improbabile e perfetto.
Una menzione al coraggio: incantare i lettori con il tabacco fumato in continuazione da Guzman (e non solo da lui), voluttuoso e attraente, è scelta audace in tempi di salutismo.

Articolo di MariaGiovanna Luini

Dettagli del libro
  • LA DONNA DEI FIORI DI CARTA 
  • Donato Carrisi 
  • Narrativa 
  • Collana: La piccola Gaja scienza 
  • Pagine: 176 
  • Prezzo: € 11.60
  • Data: 3 maggio 2012

domenica 29 aprile 2012

Pesca con la mosca - Gianni Simoni (TEA 2012)



Quel giorno sembrava peggiore del solito. Aveva già perso tre esche e di trote neppure l’ombra, quando decise di risalire il torrente alla ricerca di acque più tranquille. Camminava nell’acqua bassa, vicino all’argine, quando, superata una curva, vide aprirsi l’ansa che gli parve una benedizione.
[…] Era controluce e solo dopo qualche minuto si accorse di quella macchia gialla che spiccava tra le foglie. Imprecò contro chi non si faceva scrupolo di insozzare anche le acque di montagna e, arrancando con gli stivaloni, risalì per una decina di metri, incurante del fondale che si stava abbassando, fino a rendersi conto che quella macchia gialla era una vesticciola da cui sporgevano due gambe e due braccia. Il cuore prese a battergli forte…

Tavernole sul Mella, alta val Trompia. Una mattina di settembre l’ex giudice Carlo Petri si dedica ad una delle sue più recenti attività, la pesca della trota di montagna. Purtroppo, invece che riempire di pesci il cesto che porta a tracolla, si imbatte nel corpo di una ragazza che, come verrà accertato in seguito, giace nell’acqua del torrente da almeno due giorni.
E’ senza dubbio un suicidio, ma il gesto della ragazza sembra inspiegabile, anche perché avrebbe dovuto sposarsi poco tempo dopo.
Mentre si cercano di capire le motivazioni del suicidio, due sacerdoti vengono uccisi dalla stessa arma: il primo, giovane prete del paese dove abitava la ragazza, dopo aver ottenuto una dispensa dal vescovo ed essere andato dalla sorella in val di Ledro, viene ucciso a Idro, sotto gli occhi della polizia; il secondo prete, dopo avere ricevuto due biglietti anonimi con minacce di morte, viene assassinato in strada a Brescia. Un’indagine difficile per la squadra guidata dal commissario Miceli…

Miceli e Martinelli restarono a discutere per mezza mattinata, formulando le ipotesi più disparate. Alla fine del colloquio erano in stato di totale confusione.

Giunti alla quinta indagine, l’ex giudice Petri e il commissario Miceli si trovano ancora una volta ad indagare insieme per cercare il movente ad una serie di delitti che sembrano non avere niente in comune. La squadra al completo dovrà indagare tra Tavernole, Idro, la Val di Ledro, Brescia e, grazie anche alle intuizioni dell’ispettrice Grazia Bruni, scoprirà che le apparenze possono facilmente ingannare anche degli investigatori con notevole esperienza.
Qualche novità nei rapporti tra i membri della quadra e qualche sorpresa, anche riguardo al Procuratore capo Martinelli, caratterizzano questo ulteriore episodio di quella che, nell’evolversi delle storie dei personaggi, ormai può essere definita una serie.
Petri sembra forse un po’ troppo sicuro di sé e perfino più determinato di Miceli, che in qualche occasione subisce gli eventi più che cercare di determinarne il corso.
Sono soprattutto due elementi della squadra i veri protagonisti dell’indagine: le loro intuizioni, unite all’esperienza dell’ex giudice Petri, riusciranno non senza difficoltà ad arrivare alla soluzione di una storia dove non tutte le vittime sono innocenti e dove i colpevoli non sono solo gli esecutori materiali degli omicidi.

Articolo di Paolo "carrfinder" Umbriano

Dettagli del libro

  • Formato: Tascabile 
  • Editore: Tea 
  • Anno di pubblicazione 2012 
  • Collana: Narrativa Tea 
  • Lingua: Italiano 
  • Pagine: 307 
  • Codice EAN: 9788850225941

venerdì 27 aprile 2012

The Walking Dead. L’ascesa del Governatore - R. Kirkman e J. Bonansinga (Panini 2012)



Dopo l’ottimo successo riscosso in tv con oltre nove milioni di telespettatori che hanno negli Stati Uniti seguito l’ultimo episodio della seconda stagione, era quasi inevitabile che The Walking Dead diventasse anche un libro. Stavolta, però, al contrario di quanto successo in passato (vedi ad esempio i romanzetti ispirati a Beverly Hills 90210 o ad altre serie tv di successo) gli autori non si sono limitati a sfruttare l’onda, ma hanno aggiunto qualcosa che arricchisce ancora di più il mondo di The Walking Dead.

L’ispirazione per Kirkman (autore del fumetto originale) e per Bonansinga (apprezzato scrittore di thriller) viene da uno dei personaggi più amati e controversi della serie e vale a dire il Governatore, che gli appassionati potranno conoscere nella terza stagione prevista per il prossimo autunno.  I due autori raccontano quella che è stata la vita di Philip Blake prima di diventare il Governatore, raccontando le prime fasi dell’epidemia zombesca, quella in cui la fuga dei pochi sopravvissuti era appena cominciata.
Il comitato d’accoglienza, copioso come un esercito romano e precipitoso come uno sciame di ragni giganteschi, arriva da Martin Luther King Drive, a poco più di un isolato di distanza. Emergono dalle ombre gelide degli edifici governativi e sono così tanti che l’occhio umano impiega un attimo anche solo per registrare cosa sono. Di tutte le taglie e in ogni stato di decomposizione, escono dai portoni, dalle finestre, dai vicoli, dalle piazze alberate, dagli angoli e dalle crepe e riempiono la strada con la profusione di una banda che marcia in disordine, attirata dal rumore e dall’odore di una macchina piena di carne fresca.

La peculiarità di questo romanzo sta nel non ripetere cose già viste, nel mantenere una trama originale (per quanto possibile all’interno delle dinamiche zombesche, spesso ripetitive) e di presentare personaggi assolutamente indimenticabili. Il lettore seguirà le vicissitudine del gruppo attraverso il loro viaggio alla disperata ricerca di un posto sicuro, ma al contrario di quanto successo nella seconda  stagione della serie tv, nel libro non ci sarà spazio per paludi in cui la storia si impantana, ma il ritmo e l’azione rimarranno sempre a un alto livello.

Kirkman e Bonansinga sembrano, dunque, aver imparato dagli errori commessi dalla serie tv (soprattutto nella seconda stagione appena conclusa), e costruiscono uno straordinario romanzo horror che tiene incollati dalla prima all’ultima pagina, in cui non c’è spazio né per uno sterile buonismo né per un eventuale politically correct. I due autori vanno dritti per la loro strada, ci immergono in un mondo che è una jungla in cui vige la legge del più forte e riservano agli appassionati scioccanti colpi di scena e sterzate improvvise, per impedire di cadere in situazioni statiche. Gli zombie sono molto più protagonisti rispetto alla serie tv, nonostante ci sia comunque spazio per l’approfondimento delle dinamiche personali fra i personaggi, ma ciò che fa di The Walking Dead. L’ascesa del Governatore un romanzo imperdibile non solo per gli appassionati della serie è il racconto dell’apocalisse, molto più romeriana rispetto alla trasposizione televisiva.

Articolo di Marcello Gagliani Caputo

Dettagli del libro
  • The Walking Dead. L’ascesa del Governatore
  • di Robert Kirkman e Jay Bonansinga
  • Panini Comics
  • pp. 321
  • € 19,00



giovedì 26 aprile 2012

Segnalazione: Le nostre assenze - Sacha Naspini (Elliot)


«Tutto questo vuoto che si crea tra le persone, spesso senza motivo. Capita che la gente ci veda dentro un mondo, e impazzisce»

"Le nostre assenze" di Sacha Naspini è un libro attesissimo da molti, lettori e addetti ai lavori e finalmente oggi reperibile da oggi nelle migliori e peggiori librerie d'Italia.
Definito da molti, come una delle migliori penne italiane, Sacha è già al nono romanzo (2006 – L’ingrato, Effequ – 2011, Il Foglio 2006 – Il risultato, Magnetica 2007 - I sassi, Il Foglio 2008 - L’effetto Kirlian, Sered (uscito per le edicole con il titolo Diario di un serial killer) 2009 - Never alone, Voras 2009 - Cento per cento, Historica - 2011, Perdisa Pop 2009 - I Cariolanti, Elliot 2010 - Noir Désir – Né vincitori, né vinti, Perdisa Pop 2012 – Le nostre assenze, Elliot) e, modestie a parte, autore molto caldeggiato dal nostro sito sin dai suoi primi romanzi.
Attenzione, non aspettatevi un "Cariolanti bis", a detta dell'autore "Intonazioni diverse, storie diverse. Credo che se avessi “cavalcato l’onda” di quella voce non sarei stato onesto" (tratto dall'intervista di Marilù Oliva). Non ci resta che aspettare di leggerlo per recensirlo, ma prima, scappo in libreria a comprarlo :P

Quarta di copertina:
Dalla quarta di copertina: Per il protagonista e voce narrante de Le nostre assenze, la morte del nonno è una perdita incomprensibile, ai suoi occhi non può essere che uno scherzo tirato troppo per le lunghe. Il nuovo romanzo di Sacha Naspini parte da qui. Siamo a metà degli anni ’80. Due ragazzini scoprono una tomba etrusca, decidono di scavarla di nascosto, nel doposcuola. Vent’anni dopo una bambina viene rapita e rinchiusa nella stanza di una pensione americana, insieme a un gattino di nome Spunky. Cosa unisce questi due eventi? Ma questa è anche una saga familiare che abbraccia almeno tre generazioni. Troverete un uomo in fuga dai campi di concentramento, una donna che riscopre il suo primo amore dopo quarant’anni. Troverete un padre ridotto al frainteso di poche parole, una madre troppo giovane per saperlo spiegare al figlio. E un ragazzino povero che vive “al di là della rete”, nel quartiere delle case popolari. Fino ad arrivare all’America, tanto persa quanto trovata, di rabbia. In questo libro l’America significa tante cose. Sacha Naspini racconta in modo magistrale, brillante e bruciante allo stesso tempo, il passaggio improvviso dall’infanzia all’adolescenza, fino alla maturità. La perdita dell’innocenza, il desiderio inesorabile e cieco della vendetta e, insieme, il sentimento inspiegabile dell’amore e di una nuova speranza. O solo di un posto chiamato “casa”

Dettagli del libro
  • Titolo: Le nostre assenze 
  • Autore: Sacha Naspini 
  • Editore: Elliot 
  • Collana: Scatti 
  • Data di Pubblicazione: 26 Aprile 2012 
  • ISBN: 886192218X 
  • ISBN-13: 9788861922181 
  • Pagine: 256 
  • Formato: brossura 
  • Prezzo: 16,00€

Segnalazione: La donna dei fiori di carta - Donato Carrisi (Longanesi)


"«Il vostro nome in cambio della vostra vita, non mi sembra così irragionevole come baratto. In fondo, si tratta di rispondere a una semplice domanda.» Cercava di sembrare ironico, perché aveva capito che l’ironia poteva essere una chiave. «Voi tornerete dai vostri commilitoni e a me conferiranno una medaglia. Avanti, su... Non voglio ricordarmi di questo giorno in questo modo, ho già troppi brutti ricordi. Non vorrete morire proprio qui, in cima al monte Fumo. E oggi è perfino il mio compleanno.»
«Sono tre.»
La frase lo colse impreparato. Proprio non se lo aspettava. Il prigioniero aveva parlato. La voce, calda e perentoria, era emersa dall’oscurità.
«Cosa avete detto? Temo di non aver compreso bene.»"

Rieccolo sugli scaffali, Donato Carrisi. Uno dei pochi scrittori italiani che vanta centinaia di migliaia di copie vendute anche all'estero, oltre ai successi in Patria. E torna con un nuovo romanzo, sempre edito da Longanesi, "La donna dei fiori di carta". Data di pubblicazione il 3 Maggio, una settimana prima dell' appuntamento con la Fiera Internazionale del Libro di Torino, il che significa che si cercherà di fare il pienone con le vendite già all'ombra della Mole. Certo è, che gli aficionados di Donato, erano abituati a qualcosa di più delle 176 pagine di questo romanzo. Cosa ci si dovrà aspettare?. Piccola nota a suo favore il prezzo "equilibrato" tra numero di pagine e portafogli, ovvero 11,60€.
Insomma, da fan di Carrisi, incrocio le dita e aspettiamo ad esprimere un giudizio.

Quarta di copertina:
Il monte Fumo è una cattedrale di ghiaccio, teatro di una battaglia decisiva. Ma l’eco dei combattimenti non varca l’entrata della caverna in cui avviene un confronto fra due uomini. Uno è un prigioniero che all’alba sarà fucilato, a meno che non riveli nome e grado. L’altro è un medico che ha solo una notte per convincerlo a parlare, ma che ancora non sa che ciò che sta per sentire è molto più di quanto ha chiesto e cambierà per sempre anche la sua esistenza. Perché le vite di questi due uomini che dovrebbero essere nemici, in realtà, sono legate. Sono appese a un filo sottile come il fumo che si leva dalle loro sigarette e dipendono dalle risposte a tre domande. Chi è il prigioniero? Chi è Guzman? Chi era l’uomo che fumava sul Titanic? Questa è la storia della verità nascosta nell’abisso di una leggenda. Questa è la storia di un eroe insolito e della sua ossessione. Questa storia ha attraversato il tempo e ingannato la morte, perché è destinata al cuore di una donna misteriosa.

Dettagli del libro

  • LA DONNA DEI FIORI DI CARTA 
  • Donato Carrisi 
  • Narrativa 
  • Collana: La piccola Gaja scienza 
  • Pagine: 176 
  • Prezzo: € 11.60
  • Data: 3 maggio 2012


mercoledì 25 aprile 2012

Corpi di scarto – Elisabetta Bucciarelli (Edizioni Ambiente 2011)


Colpire, verbo transitivo; in senso figurato significa “Impressionare, suscitare una forte emozione”.
Tra i sinonimi: stupire, sconcertare, turbare, toccare.
Leggere questo libro significa rimanere colpiti, nei diversi significati elencati sopra.

Si può ambientare un romanzo in una discarica?
Una discarica descritta come fosse un luogo quasi normale dove vivere, dove i rifiuti non sono solo scarti, ma opportunità, elementi utili. Fuori c’è la nostra società, gli individui, le diverse personalità che vengono descritte lasciando però al lettore lo spazio per la propria immaginazione.

“Ci vengo a cercare delle cose ogni tanto. Non hai mai sentito parlare dei cercatori? Questo posto di notte si riempie. C’è chi getta via cose inutili e chi pensa di trovare cose preziose. Si viene qui e si cerca. Ci vengo anch’io, tutto qui.”
Era un copione che recitava a memoria ogni volta che qualcuno lo beccava dentro la discarica e che di solito funzionava sempre, stabilendo l’inizio e la fine della conversazione sul tema.
Non che il vigile del fuoco non sapesse delle frequentazioni notturne di quel luogo, ma non pensava che vi fossero anche dei ragazzi così giovani.

 “Iacopo detto Iac, adolescente cresciuto troppo in fretta, vive tra la casa della madre e i bordi di una grande discarica. Accanto a lui il fratellino Tommi e l'attraente Silvia, ragazza perbene scontenta del proprio corpo. Iac conosce la discarica fin nei minimi dettagli, è una risorsa, un punto di partenza, dove trovare tutto quello che gli serve per sopravvivere e sognare. Intorno a lui si muove un gruppo di esistenze abbandonate tra cui il turco Saddam, il nero Argo e l'italiano Lira Funesta, scarti umani non privi di una loro particolare dignità.”
La vita in discarica procede secondo ritmi collaudati, poi un gesto che sembra inoffensivo e “l’accumulo di pratiche abusive provocano un episodio drammatico che coinvolgerà profondamente Iac”. (citazioni dalla seconda di copertina).

Messa da parte (ma non scartata) la Vergani ed il romanzo d’indagine, Elisabetta Bucciarelli ci porta in un mondo che il lettore conosce solo dall’esterno e superficialmente.
La storia infatti si svolge in una discarica, uno di quei luoghi che per la nostra società, basata per la maggior parte sull’immagine pulita e levigata dei modelli e delle pubblicità, non dovrebbe esistere e di cui forse non si dovrebbe parlare.
I rifiuti danno fastidio, ingombrano, certe volte invadono le città; è sufficiente uno sciopero di un giorno per far emergere lungo le strade quello che noi scartiamo.
Ma un romanzo della Bucciarelli non può fermarsi a raccontare i rifiuti e la loro gestione, pure se la collana “VerdeNero” si occupa anche di questo: l’analisi va come sempre più a fondo, tocca delle corde che danno fastidio e mettono a disagio il lettore.
Iniziamo dalla frase: siamo ognuno lo scarto parziale o totale di qualcuno.” E’ veramente così?
La parola “scarto” non è usata nel suo significato più comune, il risultato di un processo, ma indica quello che mi differenzia da ogni altro essere delle specie umana.
Forse allora è vero che siamo tutti scarti, perché non esistono due persone uguali.

Un libro che spiazza il lettore abituato al significato abituale delle parole, perché riesce a far diventare una parola con accezione negativa (il termine “scarto”) un valore aggiunto. La differenza può anche essere arricchimento, se c’è il rispetto reciproco e il riconoscimento che le caratteristiche dell’altro non sono solo un motivo di conflitto.
Non è l’ambiente che definisce gli individui: anche in una discarica gli uomini sono innanzitutto persone.

Frasi nitide, precise, esaurienti: una boccata d’ossigeno rispetto a quello che si legge di solito.
Capitoli brevissimi, scelta di termini inattesi, a volte inusuali, ma anche interessanti.
Un linguaggio chiaro ma non semplice, non elementare: ricercato? No, efficace.
Un libro diverso e singolare, per il luogo dove si svolge la vicenda, per i personaggi che racconta e, alla fine, anche sorprendente.
Un mondo unico, inaspettato. 216 pagine, novanta capitoli brevi o brevissimi (di una o al massimo tre pagine); 90, come la paura? La paura degli altri, degli sconosciuti, delle persone vestite male, delle malattie che si possono prendere, dei batteri, dei rifiuti ormai alla fine della loro esistenza.

Io però non mi sento “lo scarto parziale o totale di qualcuno”: sono presuntuoso?
E’ vero, ogni persona è diversa da tutte le altre, ma penso che le cose comuni alla maggior parte delle persone siano in numero maggiore rispetto alle differenze: forse sono un idealista…

Articolo di Paolo "carrfinder" Umbriano

Dettagli del libro
  • Formato: Brossura 
  • Editore: Edizioni Ambiente 
  • Anno di pubblicazione 2011 
  • Collana: Verdenero. Noir 
  • Lingua: Italiano 
  • Pagine: 223 
  • Codice EAN: 9788896238967


martedì 24 aprile 2012

Mediaset: la nuova serie de "Il calamaio Rosso Sangue"


Mediaset: la nuova serie de "Il calamaio Rosso Sangue"

E’ stato ufficializzato oggi il palinsesto completo della nuova serie de "Il calamaio rosso sangue", in onda su Mediaset Premium Crime la domenica sera a partire dal 13 maggio.
Ciascuna intervista è finalizzata ad approfondire particolari aspetti della loro scrittura: tecniche e abitudini, fonti di ispirazione, costruzione dei personaggi, concepimento e sviluppo delle trame, rapporto con i luoghi in cui i loro romanzi sono ambientati, effetti "terapeutici" del loro lavoro ma anche aspetti sgradevoli ed inconvenienti occorsi.

Nell'ordine:

Donato Carrisi (Longanesi), domenica 13 maggio, alle 22,30.

Paolo De Lazzaro (Zero91), domenica 20 maggio, alle 22,30.

Gianni Biondillo (Guanda), domenica 27 maggio, alle 22,30.

Ugo Barbàra (Piemme), domenica 3 giugno, alle 22,30.

Valerio Varesi (Sperling & Kupfer), domenica 10 giugno, alle 22,30.

Roberto Costantini (Marsilio), domenica 17 giugno, alle 22,30.

Gianluca Arrighi (Baldini Castoldi), domenica 24 giugno, alle 22,30.

Maurizio De Giovanni (Einaudi), domenica 1 luglio, alle 22,30.


Scopo di questo "viaggio dentro la scrittura" è quello di conoscere meglio il travaglio emotivo da cui hanno origine i gialli e i noir più amati dai lettori italiani.

TNX Gianluca Arrighi

lunedì 23 aprile 2012

Respiro corto – Massimo Carlotto (Einaudi 2012)


Abbiamo studiato sodo e a lungo per capire che è la velocità con cui il crimine si trasforma in denaro a determinarne la convenienza...

La Marsiglia di Izzo fa da sfondo al nuovo romanzo di Massimo Carlotto. Marsiglia come centro di delinquenza e intrighi, scontri tra bande per la conquista dei Territori, una violenza più efferata e sicuramente "globale" rispetto a quella dei romanzi di Jean Claude Izzo. Carlotto lascia quindi il Nord Est italiano e la "delinquenza spicciola", la criminalità organizzata di casa nostra per analizzare la nuova criminalità che si lascia alle spalle i Padrini e agisce in doppiopetto, è elegante, compita, senza scrupoli, esperta di alta finanza con tanto di master; abbandona lo schema che fino ad ora lo aveva contraddistinto, quello di creare un personaggio "cattivo" ad ogni romanzo, personaggi indimenticabili come Marco "l'alligatore" Buratti, il bastardo Giorgio Pellegrini di Arrivederci amore ciao e Alla fine di un giorno noioso o Gigi Vianello di Mi fido di te e passa ad un libro corale in cui i cattivi sono tanti. Ma lo stile è il suo, l'inconfondibile capacità di tenere viva l'attenzione e la concentrazione, la scrittura diretta, lineare, personaggi crudi e stronzi, nessuno veramente nessuno che ispiri un minimo di empatia. I primi capitoli del romanzo sono contraddistinti dalle coordinate geografiche in cui si svolgono le azioni, Russia, Paraguay, India e Marsiglia e Carlotto ci presenta i personaggi che segneranno questa storia, Il russo Zosim, l'italiano Giuseppe, l'indiano Sunil e la svizzera Inez fondatori della Dromos Gang, la nuova leva della criminalità, eleganti, belli laureati a Leeds, nella facoltà di economia, sfuggiti al destino che le famiglie avevano in serbo per loro, hanno dato il via ad una attività criminosa che spazia dal traffico di organi alla vendita di legname radioattivo di Cernobyl. Ma non ci sono solo loro, ci sono anche i delinquenti che si sporcano le mani, che pestano a sangue e che spacciano cocaina come Esteban Garrincha in fuga dai narcotrafficanti di Ciudad del Sol, salvato e arruolato dall'irritante B.B. al secolo Bernadette Boudret, capo della Brigata Anti-Crimine che raccoglie il peggio della polizia. Personalmente trovo che Carlotto sia stato molto coraggioso a scrivere questo romanzo, un tentativo, riuscito agli occhi di molti, di varcare i confini del noir italiano e fargli fare un bel passo avanti. Il romanzo scorre via veloce, il ritmo è serrato, una lettura da “respiro corto”, però, c'è un però ... io adoro Massimo Carlotto, ho letto tutti i suoi libri, ma con Respiro corto non mi ha entusiasmato, non mi ha coinvolto, a mio avviso 200 pagine sono poche per approfondire a dovere le argomentazioni e i personaggi, rimane qualcosa in sospeso alla fine del libro, ma non parlo di finale vero e proprio, il romanzo è auto conclusivo (ma un sequel ci potrebbe stare), rimane quella strana sensazione di incompiuto, di aver letto si un buon romanzo ma al quale manca qualcosa, i personaggi non appassionano, non rimangono dentro, e la trama, soprattutto la parte riguardante la Dromos Gang secondo me doveva essere più incisiva ... e poi, non so magari sarò di parte... non so a voi, ma a me manca tantissimo l'alligatore...

... Il crimine era un buon affare solo se correva alla velocità imposta dall'economia. Domanda, offerta, costi, ricavi. Tutto il contrario delle organizzazioni criminali, che impiegavano troppo tempo a capire che un'attività non era più remunerativa e ci rimettevano soldi e uomini. Ed era la cultura della struttura verticistica delle mafie a rallentare la capacità di giudizio e intervento. Voler essere Stato nello Stato comportava benefici a livello di potere e svantaggi economici. Ma ai cattivi ragazzi di Leeds interessava solo il denaro. In realtà non era esatto. La loro ambizione era correre più veloce di tutti. Inebriati dal respiro corto della sfida.

Per i fan di Carlotto e non, vorrei segnalare anche, che dal 23 al 27 Aprile, Massimo sarà on-air su Radio Due dalle 19.50 per 5 puntate con "Respiro Corto. Le città del crimine". Trasmissione che sarà un excursus straordinario ed evocativo tra città come Ciudad del Este (Paraguay), Alang (India), Pripyal ( (Ucraina) e Marsiglia (Francia).


Articolo di Cristina "cristing" Di Bonaventura

Dettagli del libro
  • Formato: Brossura
  • Editore: Einaudi
  • Anno di pubblicazione 2012
  • Collana: Einaudi. Stile libero big
  • Lingua: Italiano
  • Pagine: 201
  • Codice EAN: 9788806192112
  • Prezzo: 17,00€

sabato 21 aprile 2012

Assassini di sbirri – Frédéric H. Fajardie (Aìsara 2011)


Faccio il poliziotto per impedire le manifestazioni che posso turbare l'ordine pubblico, per garantire il libero funzionamento delle istituzioni repubblicane, per sbarrare la strada alla cricca marxista e internazionalista. E c'è dell'altro: la volontà di potenza! Nessuno sbirro glielo dirà mai, ma tutti la provano. E' una cosa che può dare alla testa. Ci pensi, uno gira con una pistola nella fondina, proprio qui sul fianco: già questo.......

Assassini di sbirri è il primo di una serie di romanzi ambientati nella Parigi anni 70 cui protagonista è il commissario di origini italiane Tonio Padovani, in gamba, colto e, a differenza dello stereotipo del commissario trasandato, anche elegante. Figlio di un padre poliziotto ucciso da un delinquente, per Padovani essere un commissario di polizia vuol dire appartenere ad un sistema corrotto e violento di cui non vuole più fare parte, lui si sente più vicino ai deboli e lo dimostra già in questa sua prima indagine nel momento in cui è l'unico a prendere in considerazione la testimonianza di "burp" Dugomier considerato dagli altri poliziotti un alcolista e quindi non meritevole nè di rispetto nè di essere ascoltato. Padovani invece lo ascolta eccome, e contro il parere di tutti si fida di lui seguendo il suo istinto. Il caso da risolvere è rognoso e tocca in prima persona tutto il corpo di polizia, qualcuno sta uccidendo rappresentanti delle forze dell'ordine seviziandoli e facendoli a pezzi e c'è poco da stare a guardare quando il prossimo potresti essere tu.

Frédéric H. Fajardie (Parigi, 1947-2008), scrittore e sceneggiatore, assieme a Manchette e Vautrin è fra i creatori del neo-polar, poliziesco di critica sociale nato negli anni Settanta. La sua sensibilità verso le ingiustizie sociali ne forgia la personalità letteraria e lo porta a schierarsi, durante gli eventi del maggio ’68, al fianco di operai e rivoltosi. Nel 1998 viene nominato Chevalier dans l’Ordre des Arts et des Lettres. Con queste premesse mi aspettavo di leggere qualcosa di diverso. Vero è che Fajardie punta il dito contro le forze dell'ordine, gli abusi di potere e i soprusi, ma la novità dove è? Forse nel '75 forse questo libro ha fatto scalpore ma letto adesso, anni in cui questo tipo di denunce sono quasi all'ordine del giorno, mi ha trasmesso poco o niente. Va anche detto che è molto breve, 125 pagine, ed è quindi difficile a mio avviso riuscire ad approfondire trama, denuncia sociale e caretterizzazione dei personaggi. A dirla tutta anche il movente viene poco approfondito, si intuisce in poche righe, e non ha l'eco che mi aspettavo. Nulla da eccepire sullo stile narrativo, è un libro ben scritto, ironico e a tratti addiruttura esilarante, il protagonista mi è piaciuto ma riguardo al libro, una volta chiuso non lascia nulla, si dimentica rapidamente come rapidamente si legge.

Sei un poliziotto, vale a dire un intoccabile, praticamente libero in un mondo di vincoli. Quando c'è una situazione probelmatica, sventoli la tua tessera magica. E davanti a te, a meno che non te la prendi con qualche pezzo troppo grosso, chiunque o si piega o finisce spezzato. Non hai più granchè da temere da questo mondo violento. Hai stipulato un contratto: sei al servizio di un ordine, e quell'ordine serve anche a te.

Articolo di Cristina "cristing" Di Bonaventura

Dettagli del libro

  • Formato: Brossura
  • Editore: Aìsara
  • Anno di pubblicazione 2011
  • Collana: Narrativa
  • Lingua: Italiano
  • Pagine: 125
  • Traduttore: Gianfranco Zucca
  • Codice EAN: 9788861040687

mercoledì 18 aprile 2012

Candidati allo Strega 2012


Ok, siete pronti a fare il Toto-Strega come ogni anno e come ogni anno indignarsi perché alla fine vince la casa editrice più forte? Questi sono i candidati di quest' anno:

- La logica del desiderio (Giulio Perrone Editore) di Giuseppe Aloe

- l silenzio dell’onda (Rizzoli) di Gianrico Carofiglio

- La fame delle donne (Manni) di Marosia Castaldi

- Piccolo testamento (Laurana) di Gabriele Dadati

- Così in terra (Dalai Editore) di Davide Enia

- Nel tempo di mezzo (Einaudi) di Marcello Fois

- La colpa (Newton Compton) di Lorenza Ghinelli

- Malacrianza (Nutrimenti) di Giovanni Greco

- L’ultima passeggiata (Mursia) di Gabriella Guidi Gambino

- Il corridoio di legno (Voland) di Giorgio Manacorda

- La rabbia (Transeuropa) di Marco Mantello

- La scomparsa di Lauren Armstrong (Fandango) di Gaia Manzini

- Luna di notte (Gremese) di Amos Mattio

- La sesta stagione (Cavallo di ferro) di Carlo Pedini

- Inseparabili. Il fuoco amico dei ricordi (Mondadori) di Alessandro Piperno

- Amorino (Bompiani) di Isabella Santacroce

- Qualcosa di scritto (Ponte alle Grazie) di Emanuele Trevi

- Il vuoto intorno (Il foglio letterario) di Claudio Volpe

Dite che sono troppo cattivo?
Vogliamo dare uno sguardo ai vincitori degli ultimi 15 anni circa?
52° 1998 - Enzo Siciliano I bei momenti Mondadori
53° 1999 - Dacia Maraini Buio Rizzoli
54° 2000 - Ernesto Ferrero N. Einaudi
55° 2001 - Domenico Starnone Via Gemito Feltrinelli
56° 2002 - Margaret Mazzantini Non ti muovere Mondadori
57° 2003 - Melania G. Mazzucco Vita Rizzoli
58° 2004 - Ugo Riccarelli Il dolore perfetto Mondadori
59° 2005 - Maurizio Maggiani Il viaggiatore notturno Feltrinelli
60° 2006 - Sandro Veronesi Caos calmo Bompiani
61° 2007 - Niccolò Ammaniti Come Dio comanda Mondadori
62° 2008 - Paolo Giordano La solitudine dei numeri primi Mondadori
63° 2009 - Tiziano Scarpa Stabat Mater Einaudi
64° 2010 - Antonio Pennacchi Canale Mussolini Mondadori
65° 2011 - Edoardo Nesi Storia della mia gente Bompiani

Ora, la domanda che mi e vi pongo è:
SECONDO VOI CLAUDIO VOLPE QUANTE POSSIBILITà HA DI VITTORIA? (partendo dal presupposto che non ho letto il suo libro ma immaginiamo pure che sia eguale in bellezza a tutti gli altri...).
La risposta è facile dai. Non tentennate.
Continuo a chiedermi il senso di questo Premio. Probabilmente serve solo a far vedere anno dopo anno chi, tra le solite Case Editrici, ce l' ha più duro nell'anno in corso.
Sta di fatto che io continuerò a non bere il Liquore Omonimo.
W IL CHINOTTO

Intervista a Pino Imperatore (Benvenuti in casa Esposito - Giunti 2012)

Pino è quello con la cravatta brutta sulla sinistra

Corpi Freddi: Come ben sai, il nostro sito non è molto avvezzo alla risata e ai suoi esponenti, quindi presentati ai nostri lettori.

Pino Imperatore: Anch’io non sono avvezzo alla risata. Sono un introverso, un cupo, un tipo losco, un lugubre individuo. E spero che questa intervista finisca presto, perché devo ritirarmi nel mio loculo prima che il sole sorga. (Va bene così, Enzo, o sono stato troppo compiacente?).

CF: “Benvenuti in casa Esposito” è lo spaccato quotidiano di una famiglia che vive di camorra ma raccontata con ironia senza mai però cadere nel banale. Approfondiamo un po’ i due personaggi chiave del romanzo: Tonino (camorrista goffo e sfigatissimo) e la moglie Patrizia (vanitosa, sciantosa ma un po’ colei che tiene saldo il nucleo familiare). Esistono davvero questi personaggi?

PI: Sì. Tonino e Patrizia formano la tipica coppia napoletana “verace” che si può incontrare in tanti quartieri di Napoli. Hanno caratteri opposti, e il loro ménage coniugale è turbolento. Ma gli opposti, si sa, si attraggono. E a modo loro Tonino e Patrizia si vogliono bene. Di solito le loro riconciliazioni avvengono a letto, dove Tonino dà spazio alla sua creatività erotica applicando acrobatiche posizioni tratte dal suo Kamasutra fai-da-te, come quella detta “del fenicottero”. (Enzo, qui potresti inserire un’immagine ad hoc tratta dal tuo vasto repertorio).

CF: Un personaggio che mi è piaciuto tantissimo è la figlia Tina. Adolescente, anticonformista e soprattutto l’anima “pulita” di casa Esposito.

PI: I lettori, soprattutto quelli più giovani, l’hanno eletta “eroina” del romanzo. Tina legge Saviano e nella sua cameretta ha un poster di Giancarlo Siani, il giornalista ucciso dalla camorra nel 1985. Contesta al padre la scelta malavitosa. Non accetta di essere figlia di un camorrista e nipote di un boss. Tina è la coscienza critica degli Esposito. Incarna la speranza, la forza del cambiamento.

CF: Quali dei numerosi personaggi del romanzo ti sei più divertito a caratterizzare e perché?

PI: Ciruzzo ’o Schiattamuorto e Sansone l’iguana. Ciruzzo è un killer innamorato del Diritto. Parla in burocratese, e prima di uccidere un rivale pronuncia frasi di questo tipo: “Alla luce di quanto da te finora palesato con una condotta poco confacente all’etica dell’organizzazione cui appartengo, mi duole rappresentarti che sto per dar corso a una sentenza contro la quale avrai scarse possibilità di ricorrere in appello. Salvis iuribus”. Sansone, invece, è un’iguana meditans. Trascorre le sue giornate in uno stato apparentemente catalettico, rinchiuso in un terrario di casa Esposito. Ma in realtà è ben vigile, e approfitta di ogni occasione per conquistarsi i suoi spazi di libertà.

CF: Di tutti i drammi di cui vive (ahimè) la bella Napoli, perché proprio di camorra?

PI: Perché è il male più grave. E il più difficile da sconfiggere. Dobbiamo continuare a parlarne, sempre. Guai a restare zitti. Faremmo il gioco di chi vuole asservire all’omertà e al silenzio anche i cittadini onesti, che per fortuna sono la maggioranza.

CF: Nello scrivere il romanzo, non hai avuto paura di poter far passare come “simpatico” un adepto della camorra?

PI: Assolutamente no. Al massimo, Tonino può suscitare compassione e pietà. È un personaggio complesso, combattuto, tormentato, pieno di fobie. Il desiderio di emulare le gesta del padre lo conduce a una “non vita” e lo fa precipitare nel degrado fisico e psichico. Nei suoi frequenti incubi sogna di essere perseguitato da Hannibal Lecter, Freddy Krueger, Alien, e addirittura dai Teletubbies e dai Barbapapà. Quando proprio non ce la fa più a reggere il peso delle sue paure, va a parlare con un teschio nel Cimitero delle Fontanelle.

CF: Ho adorato tantissimo i tuoi shout-out a fine libro. In un passaggio accenni al fatto che nella commedia classica napoletana, nessuno dei “giganti” partenopei da Totò a Peppino, da Troisi a Taranto, hanno mai parlato di camorra, ma solo di piccoli guappi di quartieri. Come te lo spieghi?

PI: Non l’hanno fatto perché solo negli ultimi decenni, dopo il terremoto del 1980, la camorra si è trasformata in una holding criminale che si è diffusa nell’economia, nella politica, nella finanza, nella società. E un po’ perché hanno avuto timore di accrescere l’immagine negativa di Napoli.

CF: Partendo dal presupposto che non stiamo parlando di un libro inchiesta alla “Gomorra”, ma un bullo che si vede (legge) preso in giro è pur sempre “incazzabile”, quindi la stesura di questo romanzo non ti ha portato ad subire qualche “fastidio” da parte dei diretti interessati?

PI: Probabilmente i camorristi sono stati i primi a leggere il mio libro, per verificarne l’eventuale “pericolosità”. Non so se si siano incazzati o meno. Finora non ho ricevuto segnali minacciosi. Se dovesse capitare, ti chiederò di farmi da bodyguard. Il fisico ce l’hai. (Enzo, non sto scherzando, sta’ in campana...).

CF: Secondo te, esistono davvero le figure alla Tonino Esposito all’interno dei clan?

PI: Credo di sì. Gli sfigati e gli arruffoni sono ovunque. Tonino viene tollerato dal capoclan solo perché è orfano di un boss. Ma anche questo “salvacondotto” è a scadenza, tant’è che De Luca lo mette in condizione di non nuocere dopo l’ennesimo pasticcio.

CF: Frase tratta dal tuo libro: “Benvenuti in casa Esposito non è un libro sulla camorra, ma dentro la camorra”. Spiegami il senso di questa frase.

PI: Ho acceso la mia telecamera letteraria e mi sono messo al seguito degli Esposito per riprendere il vissuto quotidiano di una famiglia innestata in un contesto camorristico. Per registrarne le dinamiche interne, le relazioni, le debolezze e, spesso e volentieri, gli atteggiamenti ridicoli e tamarri.

CF: Nei tuoi ringraziamenti, si evince che la collaborazione con Giunti e in particolar modo con Martina Donati (editor che ha collaborato al romanzo) sia stata ottima. Quanto è stato smussato il manoscritto originario e come è avvenuto il contatto con questa casa editrice.

PI: Nel gennaio dell’anno scorso ho inviato alcune mie proposte editoriali alle maggiori case editrici italiane. Tra quelle che mi hanno risposto subito c’è stata la Giunti, e con Martina ho immediatamente trovato un’intesa e un feeling perfetti. Nonostante fossi un semiesordiente, ha creduto nelle mie idee e nella mia scrittura e ha sostenuto a spada tratta il progetto degli Esposito. Senza di lei il romanzo non avrebbe mai visto la luce. In un clima sereno e collaborativo, con la sua redazione mi ha seguito passo passo durante la stesura del testo, avvenuta durante la primavera e l’estate. Ma sono state entusiasmanti anche le fasi successive: editing, impaginazione, scelta della copertina, lancio promozionale... Grazie anche a questo lavoro di squadra, la versione originaria del romanzo non ha subito nessuna modifica sostanziale.

CF: Una mia piccola curiosità. Napoli, trascinata da autori come De Giovanni, Carrino ed altri, sta vivendo, dal punto di vista letterario, una seconda giovinezza. Così come il fervente movimento delle case editrici partenopee. Perché “Benvenuti in casa Esposito” è stato pubblicato da una casa editrice toscana? E quanto, secondo te, ha influito il prezzo “sociale” di 10 euro, al successo che sta ottenendo il libro?

PI: Io ho pubblicato vari libri umoristici con case editrici napoletane, che mi hanno consentito di fare la necessaria “gavetta” prima di “Benvenuti in casa Esposito”. Purtroppo, però, queste realtà editoriali hanno ridotte capacità di penetrazione sul mercato nazionale, soprattutto a causa di una scarsa distribuzione. Questo è il principale motivo che mi ha indotto a rivolgermi altrove. Il prezzo “politico” di 10 euro sta sicuramente contribuendo a diffondere il libro tra i giovani lettori, con i quali sto creando vivaci canali di dialogo.

CF: Alcune indiscrezioni parlano di un interessamento da parte di alcuni produttori televisivi, per farne una serie tv del tuo romanzo. Quanto c’è di vero e chi vedresti nei panni di Tonino, Patrizia, ecc.

PI: Confermo: sono arrivate, da parte di importanti società di produzione televisiva e cinematografica, richieste di acquisto dei diritti dell’opera. D’intesa con la casa editrice, le sto attentamente valutando. Se il libro dovesse diventare un film o una fiction, mi auguro che il cast sia composto in gran parte di attori partenopei, capaci di cogliere tutte le sfumature dei personaggi e delle storie che ho creato.

CF: Tonino è un gran tifoso del Napoli, mentre il sottoscritto è uno sfegatato juventino. Che previsione darebbe per la finale di Coppa Italia tra Juve e Napoli?

PI: Sette a zero per il Napoli. E mezza squadra bianconera con le ossa fracassate.

CF: Beh, AUGURI a Tonino e al Napoli, quindi per la partita. E grazie a te per l’intervista.

PI: Grazie a te, caro Enzo. E grazie di cuore a tutti i lettori di Corpi Freddi. (Enzo, poi ti giro quella banconota da 500 euro che ti ho promesso... Se è falsa, non prendertela con me: me l’ha mollata Tonino Esposito).

Intervista di Enzo "BodyCold" Carcello


Autore: Pino Imperatore

Titolo: Benvenuti in casa Esposito
Collana: A
Pagine: 272
Prezzo: € 10,00
Formato: 14 x 21,5 cm
Legatura: Brossura con bandelle
Data pubblicazione: 11 Gennaio 2012
ISBN: 9788809773691

Nella prima settimana gli Esposito annusarono e marcarono il territorio.
In spiaggia presero possesso di tre ombrelloni, sei lettini e due sedie a sdraio. Patrizia per giorni si impomatò dalla testa ai piedi con maschere antirughe, creme solari e unguenti che le davano un pallore cadaverico. Distesa al sole, sembrava una salma esposta in un obitorio. Tonino si rifiutò di usare intrugli a difesa dell'epidermide. "Mi proteggono le lampade che mi sò fatto prima di partire" disse

martedì 17 aprile 2012

Segnalazione: Dark Shadows - Lara Parker (Tre60 2012)


IL ROMANZO CHE HA ISPIRATO UNO DEI FILM PIÙ ATTESI DELL’ANNO:

DARK SHADOWS IL NUOVO FILM DI TIM BURTON
CON JOHNNY DEPP, MICHELLE PFEIFFER, EVA GREEN
E HELENA BONHAM CARTER

IN LIBRERIA A MAGGIO 2012
IN CONCOMITANZA CON L’USCITA NELLE SALE ITALIANE


Il libro

Isola della Martinica, XVIII secolo. Uno sguardo, e il destino di Barnabas Collins è segnato. Per sempre. Il giovane ufficiale, infatti, s’innamora all’istante di Angelique Bouchard, una ragazza sensuale ed enigmatica dagli occhi profondi come il mare. E anche lei ben presto si lascia ammaliare da quel raffinato rampollo di una ricca famiglia del Maine. Così, quando poche settimane dopo il loro incontro lui le propone di sposarlo, lei accetta con entusiasmo. Prima di coronare il suo sogno d’amore, però, Angelique deve attendere un anno, il tempo necessario a Barnabas per intraprendere un lungo viaggio verso casa e ottenere la benedizione del padre. Ed è quindi soltanto al suo ritorno che Angelique fa una scoperta devastante: Barnabas ha smesso di amarla e ha già chiesto la mano di un’altra donna. Umiliata per l’affronto subito e accecata dalla gelosia, la ragazza gli giura allora una terribile vendetta: perché lei è un’adepta dello Spirito Oscuro, una strega esperta nell’arte della magia nera e in grado di condannare un uomo per l’eternità, trasformandolo in un vampiro…
Diventata famosa per aver interpretato il personaggio di Angelique nella serie televisiva originale, con questo romanzo Lara Parker ci introduce nel fantastico mondo di Dark Shadows, il fenomeno di culto che ha ispirato l’omonimo film di Tim Burton.

L’autrice

Lara Parker, nome d’arte di Lamar Rickey Hawkins, è cresciuta a Memphis, nel Tennessee. Dopo essersi laureata in Filosofia, ha conseguito una specializzazione in Drammaturgia e si è trasferita a New York, dove alla fine degli anni ’60 è stata scelta per recitare nel ruolo di Angelique in Dark Shadows, una serie televisiva di enorme successo negli Stati Uniti. Alla metà degli anni ’90 ha deciso di abbandonare le scene per dedicarsi interamente alla scrittura di romanzi, sceneggiature e racconti. Attualmente vive a Topanga Canyon, in California.

Dettagli del libro
  • Titolo originale: Dark Shadows
  • Pagine: 448
  • Prezzo: 9,90 Euro
  • In libreria: 3 maggio 2012

Ferro e fuoco - Romano De Marco (Pendragon 2012)


È uscito questo mese per Pendragon “Ferro e fuoco” di Romano De Marco: ambientato in una Roma assediata da quattro spietati banditi chiamati "I cavalieri dell'apocalisse", il romanzo procede sulla base di tre prerequisiti che mantengono le promesse avanzate nelle primissime pagine: tenuta della storia, padronanza del genere d’azione – con dettagli tecnici che richiedono una preparazione ab imo - e una scrittura sicura.
Le prime pagine conducono il lettore in un supermercato, luogo eletto dai delinquenti per l’ennesima rapina. Tra le cassiere c’è Katia. È giovane, bella, ha i desideri fulgidi di chi vive già nel futuro, perché quello che la attende è proiettato oltre il tempo: aspetta un bambino e il padre, Stefano, l’uomo di cui è innamorata senza riserve, le ha detto inaspettatamente che ricambia il suo amore. Sembra tutto quasi perfetto, se non fosse che l’irruzione dei malviventi nel supermercato fa prendere una piega cruenta alla narrazione. La città è quasi sotto assedio, scatta l’allarme rosso:
«Nel corso degli ultimi quattro mesi, un commando formato da quattro uomini ha compiuto quindici rapine ai danni di tre banche, cinque supermercati, sei ricevitorie del lotto e un’armeria. Durante gli assalti, sono state uccise otto persone e ferite altre undici, tre delle quali sono ancora ricoverate in gravi condizioni. Il bottino complessivo delle rapine si aggira intorno ai cinquecentomila euro».
Il procuratore capo, cui viene dato potere quasi assoluto sul caso – insieme al mandato per risolverlo urgentemente – decide di rivolgersi a Rinaldo Ferro, del reparto operativo dei carabinieri, ma ciò comporta dei rischi altissimi. Già, perché Ferro non è un qualunque uomo dell’Arma, il suo passato è macchiato dalle imprese e dai metodi non proprio ortodossi che distinguevano lui e la sua squadra. Vi anticipo solo che, quando un malavitoso si scontrava con loro, dire che faceva una brutta fine sarebbe un eufemismo. Ferro è costretto ad accettare l’incarico e la storia prenderà strade per nulla prevedibili.
Un bel romanzo d’azione che scorre tenendo il lettore col fiato sospeso per quasi trecento pagine, primo capitolo – il secondo uscirà tra qualche mese – di un progetto poliziottesco che in realtà ha avuto le sue origini nel 2009. “Ferro e Fuoco” è infatti uscito allora per il Giallo Mondadori ed ora Pendragon ha avuto l’ottima idea di ripubblicarlo in vista di una serie (il secondo uscirà in autunno). Stupisce che un libro così compiuto sia quindi stato il romanzo d’esordio di questo autore abruzzese – De Marco vive ad Ortona, è nato nel 1965 e di professione, oltre all’attività di scrittura, è anche Chief Security Officer per un istituto di credito – che nel 2011 ha pubblicato “A mano armata” per la collana dell'editore Foschi diretta da Eraldo Baldini.


Articolo di Marilù Oliva

Dettagli del libro

  • Titolo Ferro e fuoco
  • Autore De Marco Romano
  • Prezzo di copertina € 15,00
  • Dati 176 p.
  • Editore Pendragon
  • collana I vortici

lunedì 16 aprile 2012

Dark Florida – John Brandon (Giano 2012)


Lo zio Neal, come chiunque altro, credeva che Toby fosse un bulletto qualsiasi,un adolescente angosciato come come tanti altri. Non sospettava di cosa fosse capace.

Toby McNurse è un adolescente introverso e solitario. Vive in una casa fatiscente con lo zio Neal che sembra sempre reduce da un brusco risveglio, che parla continuamente di suicidio e che tira avanti pulendo cose che nessun altro osa pulire, dai vecchi motori incrostati ai mattatoi abbandonati.
Shelby Register è una ragazzina intelligente e non si vergogna di esserlo. Ha perso la mamma e vive con il padre e la sorellina di quattro anni Kaley. Pensa spesso a Toby, anche se sa che tutti lo considerano un ragazzaccio, ma i ragazzi normali sono noiosi per lei, mentre Toby è sfuggente, lontano dagli schemi impartiti dalla società.
Quello che Shelby ignora è che Toby può essere anche molto pericoloso.
Il venerdì sera a casa Register è la serata dei giochi da tavola. Toby non sa di preciso perchè lo sta facendo, ma sa che deve farlo. Approfittando della distrazione di Shelby e suo padre, entra dal retro, sale al piano superiore, rapisce Kaley e la porta nel suo nascondiglio, un bunker nel bosco....
Tutto questo avviene a Citrus County, in Florida, lontano dai surfisti e dal sole però!
Toby continua la sua vita come sempre, collezionando le punizioni che il professor Hibma gli infligge. Shelby cerca di superare il vuoto lasciato da sua sorella aiutando il padre il più possibile e si attacca ancora di più a Toby...
La scuola assorbe gran parte del loro tempo. Il professor Hibma, un frustrato, insicuro e inutile ometto straparla in continuazione di cose inutili, sognando di uccidere una sua collega invece di preoccuparsi di trasmettere qualcosa di buono ai suoi ragazzi.
Una storia veramente amara, con personaggi incredibili, tristi, che vivono ai margini di tutto.
John Brandon è stata una piacevole scoperta, così come il suo libro, Dark Florida pubblicato in Italia da Giano Editore. Una scrittura fluida, semplice, ma vibrante di energia. Toby, Shelby e Hibma. Tre voci narranti. Tre personalità apparentemente diverse eppure legate le une alle altre. Brandon sembra volteggiare sopra le loro teste, seguire i loro movimenti ma senza cercare di analizzarne i comportamenti. Non vedremo mai Toby, ad esempio, scendere in quel bunker, se non alla fine...quel poco che conosceremo sul rapimento di Kaley lo sapremo dai pensieri del giovane sequestratore, e nonostante tutto non riusciremo ad odiarlo, perchè quello che emerge da questa storia non è tanto il male compiuto dal suo gesto ma la desolazione, la solitudine e l'isolamento in cui questi ragazzi vivono e la mancanza di adulti che possano guidarli e aiutarli a crescere.

Articolo di Marianna "mari" De Rossi

Dettagli del libro

  • Formato: Rilegato
  • Editore: Giano
  • Anno di pubblicazione 2012
  • Collana: Nerogiano
  • Lingua: Italiano
  • Pagine: 238
  • Traduttore: L. Fusari
  • Codice EAN: 9788862510905

domenica 15 aprile 2012

La teoria dell'1% - Frederic H. Fajardie (Aìsara 2011)


Qualcosa era passato per la testa del gendarme, un dettaglio imprevisto e imprevedibile. Una di quelle piccole cose che fanno si che vi sia sempre un margine di rischio. Ma anche questo non era esattamente una sorpresa. Non dopo averci pensato per venticinque anni. Non dopo essersi preparato così bene per quindici anni. L'aveva preso in considerazione, la possibilità di una parte di imprevisto. L'aveva anche calcolata. La chiamava la teoria dell'1%. Qell'1% che può mandare tutto all'aria.

Chi ha paura dell'uomo nero!?! Immagino che un po' tutti ne abbiamo avuta, almeno da bambini, ma qui la situazione è nettamente diversa. Siamo in Normandia, dove il nostro commissario Tonio Padovani, uscito decisamente malconcio dal precedente caso, si è rifugiato con tanto di moglie e cane per starsene un po' tranquillo. E invece ecco che spunta proprio quell'uomo nero che ha popolato i nostri incubi da piccoli, solo che è in carne ed ossa e se ne va in giro di notte a mietere vittime. Un caso decisamente insolito per le campagne di di Pourceauville; Padovani chiede rinforzi ed ecco arrivare la squadra più improbabile che si sia mai vista, Primerose un ubriacone capace di bersi persino la benzina delle ambulanze del pronto soccorso, Mamadou a parte il i suoi dan di karate, è un fannullone, un beone, un insubordinato, un bolscevico e Hautes-Etudies uno stronzetto di capra. Ma per quanto improbabile possano essere, quando accendono il cervello funzionano a dovere, tanto da risolvere il caso.

Dopo aver letto il poco entusiasmante Assassini di sbirri (a breve pubblicheremo la recensione anche di questo), ci ho riprovato con con Fajardie leggendone il seguito, La teoria dell'1%, perchè non sono una che molla facilmente e mi ci vogliono almeno un paio di libri per capire se un autore è o meno nelle mie corde. E ora posso dire che Fajardie non lo è. Non mi appassiona, non mi entusiasma, non è riuscito a coinvolgermi. Come il precedente libro anche La teoria dell'1% si legge facilmente, è scorrevole, ironico, va via pagina dopo pagina ma alla fine anche per quanto riguarda questo romanzo posso dire che non mi ha trasmesso nessuna emozione per quanto la trama possa essere per qualcuno intrigante, anche se la vendetta che qui ha radici profonde e lontane, come movente è trito e ritrito, per quanto possa piacermi il personaggio di Tonio Padovani, alla fine non mi è rimasto niente, neanche la curiosità di conoscere le prossime avventure dello sconclusionato commissario e della sua squadra completamente fuori di testa, a volte anche troppo, tanto da rischiare di essere una caricatura.

Articolo di Cristina "cristing" Di Bonaventura

Dettagli del libro

  • Collana: Narrativa
  • ISBN: 9788861040892
  • Traduzione: Giovanni Zucca
  • Pagine: 144
  • Formato: 13,5x21
  • Veste editoriale: cucito e brossurato
  • Data di uscita: novembre 2011
  • Prezzo: € 16,00

sabato 14 aprile 2012

Una buona tazza di tè – Christopher Bush (Polillo 2012)


...e c’è un’altra cosa che dovrei dirle. In sala professori si era effettivamente discusso di uccidere Twirt, e proprio in quel modo

Inutile dire che la regola aurea di qualsiasi buon giallo degno di questo nome prevede che l’identità dell’assassino rimanga celata fino alle ultimissime pagine. Questo a meno che non si tratti di una cosiddetta “inverted story” in cui il lettore conosce fin dall’inizio l’identità del colpevole e il gioco consiste nel vedere in che modo verrà smascherato dal detective. Discorso diametralmente opposto invece per la vittima. Questa naturalmente deve comparire possibilmente fin dai capitoli iniziali (almeno la prima, con la speranza maligna che faccia da apripista a parecchie altre). Inoltre, a meno che il morituro faccia già il suo ingresso nella storia già bello e stecchito, il lettore particolarmente dotato di fiuto investigativo, a partire quasi dalle primissime pagine, dovrebbe già essere in grado di dare un volto al personaggio che verrà successivamente fatto fuori. E’ infatti cosa risaputa e acclarata che nelle storie gialle compaiono costantemente svariate categorie di soggetti che vivono piuttosto pericolosamente. Vengono immediatamente in mente, per esempio, frotte di zii ricchissimi, di ambo i sessi, che si frappongono in maniera del tutto “sconsiderata” tra una cospicua eredità e le più che “comprensibili” aspirazioni ad una vita di dolce far niente da parte di un nugolo di parenti nullafacenti e nulla volenti fare.
Ovvero, coniugi ingombranti ( e normalmente pure ricchi, il che non guasta affatto) che “egoisticamente” impediscono alla propria dolce metà di coronare il sogno di trascorrere il resto dell’esistenza con quella che, strada facendo, hanno scoperto essere la loro vera anima gemella, notevolmente più giovane (quando si dice la combinazione) di quello o quella (anche in questo caso il sesso è indifferente) che nel frattempo è diventato/a nient’altro che un inutile impiccio da eliminare. E molte altre categorie a seconda delle storie raccontate. Il trapassato può essere simpatico ( in questo caso il colpevole sarà destinato a patire in eterno il fio della nostra inflessibile condanna) o particolarmente odioso (e quindi magari l’assassino alla fine avrà dalla sua, se non il nostro tifo, almeno la nostra solidarietà). Raramente però, in una storia gialla, qualcuno ha riscosso tale serie di entusiastici e plenari consensi quale candidato all’assegnazione del ruolo di “futura vittima” e quindi, in quanto tale, facilmente individuabile da parte del lettore-segugio medio, come il professore Twirt, che qui troviamo, nel 1934, recitare (per poco) la parte di tirannico e borioso preside della Woodgate Hill Country School di Londra. I giudizi su di lui da parte di docenti e dipendenti vari sono pressoché unanimi. Il professor Castle, nei suoi pensieri era solito riferirsi a lui chiamandolo “bastardo”. Sostanziale convergenza di vedute, con sottili e dovute precisazioni, da parte degli altri attori del dramma. Per Vincent, il custode della scuola, era infatti piuttosto uno “sporco bastardo”.
Per l’istruttore Tangent invece era un “maledetto bastardo”. Mr. Furrow lo giudicava , chissà perché, “un bastardo di un imbroglione”. Un po’ fuori dal coro mister Godman che riteneva il defunto “la persona più schifosa e detestabile” che gli fosse mai capitato di conoscere. Non molto da meno le “ladies”. Miss Gadge si limitava ad “odiare a morte” Twirt. Mentre miss Holl, in maniera molto più prosaica, lo riteneva “un sudicio topo di fogna”. Tutto questo, naturalmente parlandone da morto. Al perspicace lettore-segugio viene subito da pensare: “uno così non arriva neanche a pagina 40”. E infatti, come volersi dimostrare, a pagina 36 succede il fattaccio. E questo è comprensibile. Il problema è che fin dalla prima pagina qualcuno ha avvelenato il pacifico professor Charles Tennant e questo spariglia tutta la faccenda. Questi infatti era tutto il contrario dell’odiato preside: “lui era benvoluto da tutti. Non si poteva far altro che volergli bene”. Ma allora perché è morto Tennant? Chi l’ha ucciso e chi ha fatto fuori il detestato mr. Twirt?
Le indagini vengono affidate al sovrintendente George Wharton di Scotland Yard. Ma sarà l’amico di questi, il detective dilettante Ludovic Travers, smontando e rimontando gli alibi di tutti i personaggi come un gioco di costruzioni, illuminato dalla rappresentazione di “Sogno di una notte di mezza estate” di Shakespeare, a scoprire la vera identità del colpevole.
Al pari del precedente “Omicidio a capodanno” – Bassotto n. 75, anche questo romanzo rappresenta un classicissimo parto della cosiddetta “scuola realista”, quella fondata da Freeman Wills Crofts (“Il volo delle 12,30 da Croydon” – Bassotto n. 8 ) nel 1920 con la pubblicazione de “I tre segugi” (pietra miliare del genere che consiglio caldamente) che contrappone al detective “macchina pensante”, infallibile e dalle intuizioni geniali, proprio di Agatha Christie, John Dickson Carr e Ellery Queen per intenderci, il detective “piedi piatti”, se vogliamo un po’ più credibile, che si sbatte da un posto all’altro alla ricerca di indizi e prove tangibili, quali impronte digitali, tracce di pneumatici, segni di scarpe e procede smontando pezzettino per pezzettino alibi che parevano inattaccabili.
Largo uso quindi di tabelle di orari, schemi di eventi e diagrammi per ricostruire i fatti in quanto lo scopo primario di ogni buon “piedi piatti” che si rispetti è quello di stabilire se il tal personaggio era in un certo posto o stava facendo la qual cosa esattamente ad una certa ora e minuto primo. Noi lettori veniamo quindi informati molto onestamente che alle ore 15,50 mr. Godman è sceso per la prima volta in cortile , alle ore 15,52 mr. Twirt entrava dal cancello e alle ore 15,58 né un minuto prima né un minuto dopo sia ben chiaro, mr. Godman è ridisceso per la seconda volta in cortile. Quindi Twirt è sicuramente stato assassinato nei 6 minuti compresi tra le 15,52 e le 15,58. Per tale intervallo di tempo naturalmente ciascun personaggio dispone di un alibi di ferro e quindi nessuno può aver ammazzato il preside.
La soluzione, come negli altri romanzi appartenenti al medesimo filone (vedere, oltre al grande Crofts, per esempio J. J. Connington, “Assassinio nel labirinto” - Bassotto n. 27 , “Il caso con nove soluzioni” - Bassotto n. 60 e, in pubblicazione il prossimo mese di maggio nella medesima collana, “Otto innocenti e un colpevole” o i romanzi di Henry Wade) si svela piano piano, pagina dopo pagina, piuttosto che essere tenuta in serbo per il capitolo finale. Già quando mancano venti - trenta pagine al termine, partecipando noi in presa diretta alle indagini e avendo modo di condividere i reconditi pensieri dei due investigatori, possiamo intuire l’identità del colpevole.
Ad essere onesti, Christopher Bush scrive con un ritmo non proprio forsennato e i suoi romanzi rispetto ai grandi nomi sopra menzionati sono piuttosto statici nell’azione. Il livello comunque è sicuramente medio - alto: non mancano i classici colpi di scena, le classiche piantine del luogo del delitto, (anzi si sprecano: 2 delitti, 2 piantine), i classici diagrammi degli alibi e le classiche tabelle dei movimenti dei vari personaggi. Un romanzo classico quindi, in tutte le sottili sfumature del termine. Classico nel significato di “tradizionale”, radicato nel passato. Classico nell’accezione di “intramontabile” proiettato nel futuro. Classico nel senso di “eterno”, ponte tra passato e futuro. Classico insomma….come un buon libro gustato con una buona tazza di tè…..

Articolo di Alberto "allanon" Cottini

Dettagli del libro

  • Titolo: Una buona tazza di tè
  • Autore: Chistopher Bush
  • Titolo originale: The case of the dead shepherd / The tea tray murders (1934)
  • Traduttore: Dario Pratesi
  • Editore: Polillo Editore
  • Collana: I Bassotti n. 109
  • Anno di pubblicazione: febbraio 2012
  • Pagine: 288
  • Prezzo: euro 14,90

venerdì 13 aprile 2012

Lansdale torna in Italia a Giugno


Ho appena appreso dal suo status su Facebook, che uno degli autori più amati dai corpi freddi, Joe R. Lansdale, torna in Italia col suo nuovo romanzo a GIUGNO!!
Non ci sono ancora date certe per il Tour di presentazioni, ma come sempre vi terremo informati.
Il nuovo libro, si intitola "EDGE OF DARK WATER" e non ha ancora avuto una traduzione ufficiale in italiano.


Doppio Dexter - Jeff Lindsay (Mondadori Omnibus, 2012)


A nessuno di noi credo piaccia l'idea di avere un doppio, un individuo che ci perseguita imitandoci nel bene e nel male. Se poi il misterioso emulatore si concentra solo sul Male, replicando i nostri delitti e tentando di darcene la colpa, la situazione si fa ancora più seccante. È quello che capita a Dexter nel sesto episodio delle sue avventure letterarie che lo porta a confrontarsi con un killer spietato e imprevedibile.
Seguendo il fil rouge che caratterizza gli altri romanzi della serie, la narrazione di Lindsay utilizza gli stilemi del genere, cioè il “thriller con serial killer”, e insieme ne fa una parodia.
Il semplice assunto che il protagonista sia un serial killer di serial killer è già un paradosso; se poi pensiamo che Dexter affianca spesso la sorella nelle indagini, utilizzando il suo personale intuito di assassino, vediamo che anche detective e assassino coincidono. Il lettore, abituato al classico investigatore noir alcolizzato, abbandonato dalla moglie e dal passato irrisolto, si trova ora a identificarsi in un individuo che tutto sommato ha risolto il suo passato traumatico attraverso regole di buona condotta, è diventato un bravo ragazzo, non beve, non fuma, ha una mogliettina bionda che lo ama, tre splendidi bambini ed è un meticoloso analista presso la polizia di Miami. Certo, è anche un serial killer, ma si sa, nessuno è perfetto.
Questo sovvertimento degli schemi è alla base del successo della serie, sia letteraria che televisiva, anche se nei romanzi Lindsay si diverte ad aumentare l'irriverenza, libero dai vincoli del politically correct a cui un prodotto televisivo medio (e americano) deve comunque attenersi.
In “Doppio Dexter” la parodia al genere prosegue, concentrandosi sull'antagonista. Mentre nel thriller classico l'assassino, dotato di una personalità narcisistica, tende a mettersi in mostra dinanzi all'opinione pubblica con le sue efferatezze, qui l'antagonista è privo di personalità e scimmiotta le malefatte di Dexter, incolpandolo dei propri crimini. Lindsay non si fa mancare nulla: la feroce satira all'“americano medio” si estende al “serial killer medio”, vittima del conformismo imperante persino nel compiere gli omicidi.
Inoltre, come già avvenuto nel capitolo precedente della serie, “Dexter il delicato”, Lindsay ha l'intuizione di far tornare Brian, fratello redivivo del protagonista (che invece muore nel telefilm), personaggio che ha a mio avviso buone chance narrative in quanto incrina le sicurezze domestiche di Dexter, ponendolo dinanzi a inquietanti interrogativi.
Un altro elemento oscuro presente nella serie letteraria è il rapporto di Dexter con la paternità che emerge con forza in questa sesta avventura: i figli adottivi, Cody e Astor, hanno sofferto come lui un trauma infantile che li ha portati a diventare potenziali killer. Dexter, anziché condurli sulla retta via, li incentiva a coltivare il lato oscuro, indirizzando la loro aggressività verso i criminali, come il patrigno Harry ha fatto con lui. Dexter è dunque un padre affettuoso e sollecito, che da un lato accompagna il figlio dagli scout, perché si mimetizzi con il gregge degli esseri umani, ma dall'altro gli insegna a usare il coltello, da bravo “essere disumano”.
Il romanzo si snoda attraverso questi paradossi, in un plot in cui le riflessioni intimiste di Dexter (anche queste parodia dei monologhi classici in soggettiva del serial killer) si alternano con trovate brillanti e situazioni surreali che mescolano il thriller alla commedia. Non mancano i soliti personaggi, dalla rude ma insicura Deborah, all'incarognito sergente Doakes con le sue protesi grottesche, all'ansiosa e materna Rita, al nerdismo di Vince Masuoka, fino al grezzo e implacabile detective Hood.
In ogni caso, Dexter Morgan resta sempre un personaggio controverso, a cui sono state rivolte numerose critiche (vedi: “Dexter - Dai romanzi alla serie TV: analisi di un fenomeno, di Romano De Marco in Dexter il Delicato, Giallo Mondadori, 3047). Il saggio riporta il giudizio del giornalista Scanzi che accusa la seconda serie tivù di propagandare un “discutibile messaggio morale”, perché Dexter riesce nonostante le azioni riprovevoli a farla in barba alla giustizia e a far ricadere l'accusa postuma su un poliziotto. De Marco replica dicendo che il telefilm ricalca volutamente l'atmosfera e gli stilemi surreali propri del cartone animato e del fumetto, svincolati dalla realtà drammatica, con l'intento di raccontare per puro e ironico divertissement, senza contrabbandare messaggi negativi di sorta.
A mio avviso, invece, Dexter è anche qualcosa di più, specie quello dei romanzi. L'etica di Lindsay non passa attraverso canali diretti e codici improntati sul buonismo, anzi, la sua morale consiste proprio nel mostrare il capovolgimento della morale. La sua satira affonda il bisturi nell'ipocrisia della società americana, raccontandola attraverso l'arma del paradosso: non è incredibile che un killer come Dexter riesca a trarre il prossimo in inganno solo perché incarna i valori e il conformismo dell'americano modello? E non è ancora più incredibile che a confronto dei suoi simili l'individuo più sanguinario e spietato risulti essere alla fine il più ingenuo e soprattutto il più puro?


Articolo di Cristiana Astori

Dettagli del libro
  • Formato: Rilegato
  • Editore: Mondadori
  • Anno di pubblicazione 2012
  • Collana: Omnibus
  • Lingua: Italiano
  • Titolo originale: Double Dexter
  • Lingua originale: Inglese
  • Pagine: 345
  • Traduttore: C. Astori
  • Codice EAN: 9788804619222