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mercoledì 27 febbraio 2013

L’impiccato - Russel D. McLean (Revolver Libri 2012)



Dundee (Scozia). L’investigatore privato John “Steed” McNee riceve l’incarico di indagare sul suicidio di Daniel Robertson, un uomo dal passato oscuro che il giorno stesso in cui si è tolto la vita aveva fatto visita al fratello con cui non si vedeva da trent’anni.
Al suo esordio, lo scrittore scozzese Russel D. McLean costruisce un noir dal sapore antico, un vero hard-boiled che riporta gli appassionati alle avventure di altri famosi investigatori privati come Sam Spade o Philip Marlowe. Fin dalle prime pagine, si respira l’aria malsana tipica dei racconti del genere e l’ambientazione britannica infonde una ventata di freschezza a una storia che, pur seguendo in maniera diligente gli stilemi dell’hard-boiled, riesce comunque a coinvolgere e ad appassionare il lettore.
Il protagonista non è certo una novità, visto che è il “solito” ex poliziotto con un passato da dimenticare che lo tormenta, nel caso particolare la moglie morta in un incidente stradale di cui lui stesso si ritiene responsabile, ma nonostante ciò McLean riesce a farlo sfuggire dalla gabbia dello stereotipo, rendendolo interessante, grazie anche ai personaggi che lo circondano, dal vecchio contadino che gli chiede aiuto per fare chiarezza sulla morte del fratello, fino all’anziano boss malavitoso in pensione (o quasi) e agli scagnozzi senza scrupoli che vivono della loro stessa violenza. L’autore, però, non sembra intenzionato solo a raccontare una storia fosca, morbosa e drammatica, ma vuole arricchire il suo lavoro con un retrogusto ironico: «In Gran Bretagna la vita di un investigatore di rado è considerata affascinante. Non godiamo della stessa aura da lupo solitario che contraddistingue i nostri colleghi americani. Quando la gente pensa a noi, pensa a una squallida, modesta ultima spiaggia. E in Scozia la gente a noi non pensa proprio. […]», e un briciolo di introspezione sociologica, affrontando l’irrisolta rivalità tra inglesi e scozzesi: «Cinque anni fa, lei, senza fare rumore, avrebbe fatto scomparire quei due bastardi nell’istante stesso in cui quella donna è stata trovata morta. L’avrebbe ritenuto un affronto. E per di più, in casa sua. Gordon Egg non avrebbe mai battuto ciglio se avesse dato loro una lezione. Lei ed Egg siete amici abbastanza stretti da fare sì che i suoi uomini le debbano una certa dose di rispetto, nel giardino di casa sua. […]»
Un ottimo esordio, forse un po’ sbrigativo ed eccessivamente buonista nel finale, ma che apre la strada a un autore di cui speriamo di leggere presto anche il secondo romanzo con protagonista John McNee, The Lost Sister, in cui il detective sarà impegnato in una vera corsa contro il tempo per liberare una ragazza scomparsa, figlioccia di un conosciuto boss malavitoso e figlia di una donna costretta a vivere in un luogo segreto.

Articolo di Marcello Gagliani Caputo

Dettagli del libro
  • Autore: Russel D. McLean
  • Traduttore: Matteo Strukul
  • Pagine: 264
  • ISBN: 9788866346036
  • Case Ed: Revolver Libri
  • Prezzo: 13,00 €

lunedì 25 febbraio 2013

La porta del Paradiso - Alfredo Colitto (Piemme 2013)



“E’ la mappa della miniera” mormorò ancora l’uomo.
“Felipe l’ho ucciso io. L’avvoltoio ha solo finito il lavoro. Assolvetemi, padre. E usate l’argento per dire messe e salvare le nostre anime.”
Poi crollò sul pavimento della canonica e non si mosse più.
Era morto stecchito. Padre Mariano scosse la testa, dispiaciuto per la perdita di una vita umana, ma contento che un assassino si fosse pentito in punto di morte.

Napoli, 1637. Leone Baiamonte, un giovane nobile prossimo alle nozze, si trova ad affrontare l’improvviso tracollo economico della famiglia causato dall’usuraio Giorgio Terrasecca, un notaio che per vendetta vuole la rovina dei Baiamonte.
Leone è costretto, anche per sfuggire alla prigione, ad imbarcarsi su un galeone spagnolo diretto in Messico, dove cercherà di risollevare le sorti della sua famiglia gestendo una miniera d’argento di cui un suo zio missionario agostiniano, padre Mariano, ha scoperto l’esistenza.
Mentre a Napoli i genitori e la sorella di Leone devono far fronte alla loro nuova condizione di povertà e cercare di sopravvivere alla situazione di una città in cui la popolazione è sempre più oppressa dalle nuove tasse necessarie alla Spagna per finanziare la guerra dei Trent’anni contro la Francia, nel Nuovo Mondo il protagonista cerca di aprire e di far fruttare la miniera d’argento, un’impresa che nuovi e vecchi nemici cercheranno in tutti i modi di ostacolare.

Nei romanzi storici pubblicati negli ultimi anni, spesso il contesto è solo un pretesto per ambientare un mistero che verrà inevitabilmente risolto alla fine della complessa vicenda. Gli autori fanno a gara nell’inventare “thriller storici” dove non mancano omicidi a ripetizione, complotti per il dominio del mondo, i poteri nascosti della Chiesa o di antiche sette i cui adepti ostacolano chiunque cerchi di avvicinarsi alla Verità. Colitto ha già avuto modo di dimostrare, con i tre romanzi che hanno come protagonista Mondino de’ Liuzzi, che la Storia per lui non è un accessorio; l’autore si serve dei suoi libri anche per far “scoprire” al lettore la società, gli usi e i costumi di epoche passate e personaggi storici che, ogni volta, incuriosiscono chi legge.
I numerosi spunti offerti nei numerosi rimandi e dettagli storici non appesantiscono mai il racconto degli eventi, anzi, quasi “costringono” il lettore a volerne sapere di più e lo spingono, se vuole, ad approfondire gli argomenti trattati ricercando le informazioni nel modo a lui più congeniale.

“La folla di Napoli era immensa. Sembrava impossibile che una cinta muraria tracciata all’epoca del viceré don Pedro de Toledo per una città di centomila persone dovesse ora contenerne più del triplo. Quanto ci avrebbero messo gli spagnoli a capire che bisognava ritirare i divieti edilizi e lasciare che la città si espandesse fuori dalle mura?”

Questo romanzo, comunque, è innanzitutto un romanzo d’Avventura.
Non ci sono assassini da scoprire, non ci sono enigmi da sciogliere: la storia però è ugualmente avvincente, con imprevisti ben dosati, e chi legge non può fare a meno di chiedersi, molte volte, “come andrà a finire?”; non è da tutti coinvolgere il lettore raccontando le vicende di un protagonista e dei suoi familiari tra la Napoli ed il Messico del Seicento. Le descrizioni dei luoghi e delle caratteristiche della popolazione fanno percepire le sensazioni di chi ha conosciuto i posti descritti per esserci stato: l’autore infatti ambienta i suoi romanzi in Paesi o città che lui stesso ha visitato o in cui ha vissuto per qualche tempo.

Un’altra caratteristica dei romanzi di Colitto è la presenza non secondaria delle donne.
A quel tempo sicuramente le donne non venivano considerate dalla società (tipicamente maschile), ma, come spesso accade, erano (e sono) proprio le donne ad avere le capacità di influenzare, se non di decidere, le azioni degli uomini.

“In fondo anche lei era una vittima, pensava.
Comandava servi, ancelle e cuochi, ma doveva obbedire senza fiatare a tutti i capricci del marito e dei due figli maschi. Era quella la situazione delle donne, ricche o povere che fossero.”

I personaggi principali del romanzo sono Leone Baiamonte, Giorgio Terrasecca e padre Mariano; penso però che le donne possano essere considerate le vere co-protagoniste della vicenda: Concetta, Matilde, Lisa, Socorro, Estrella sono essenziali per decidere i destini dei protagonisti e tutto ruota intorno alle loro figure; questa non è una caratteristica così diffusa nei romanzi storici ed è un ulteriore pregio di questo libro.
Alfredo Colitto è un ottimo scrittore di romanzi di Avventura, quelli che nel passato erano l’unico mezzo a disposizione del lettore comune per conoscere luoghi lontani (la Francia dei tre Moschettieri, l’Asia o l’America di Salgari); romanzi dove è la vicenda narrata a trascinare il lettore con sorprese mai esagerate e realistiche e personaggi con cui si condividono i pensieri; in questo libro anche l’epilogo, così sincero, è la perfetta conclusione di una storia che si legge veramente con grande piacere.

“Leone aveva visto famiglie distrutte dai debiti. Napoli era una città in cui solo i più poveri e i più ricchi vivevano in accordo al loro stato sociale. Tutti gli altri spendevano troppo, pur di ostentare un benessere maggiore di quello che potevano premettersi. E ogni tanto qualcuno crollava.
Da quel momento diventava invisibile. Parenti, amici, banchieri non desideravano prestare danaro che non avrebbero mai più rivisto.”


Articolo di Paolo "carrfinder" Umbriano

Dettagli del libro
  • Collana Narrativa
  • Serie Storica
  • Rilegatura rilegato con sovraccoperta
  • Formato 13x21 cm
  • Pagine 462
  • ISBN 978-88-566-2546-2
  • Prezzo consigliato € 9,90
  • www.alfredo-colitto.com



sabato 23 febbraio 2013

Il caso dei cioccolatini avvelenati - Berkeley Anthony (I Gialli del Corriere della Sera)



Anche questo sabato proponiamo la recensione del Giallo classico concentrandoci sulle uscite del Corriere della Sera che proprio oggi porta in edicola un romanzo di Berkeley Anthony dal titolo "Il caso dei cioccolatini avvelenati" che avevamo già recensito nel 2009!

Maggiori informazioni sul progetto, in ogni caso, potete trovarle qui: http://bit.ly/GialliDelCorriereDellaSera.

Un gran bel giallo. Classico. Non son mai stato un gran divoratore di gialli e proprio per questo ignoravo la netta distinzione che esiste tra il giallo e il thriller. In realtà è come se fossero due generi completamente diversi.
Con qualche elemento in comune ma nulla più.
Mi piace molto la strutturazione del giallo, l'insistenza a puntare su elementi molto interessanti come la psicologia e il ragionamento logico, la ricerca di una verità intrapresa con meno azione rispetto al thriller ma con più spazio all'indagine vero e propria, che in questo libro poi alterna momenti di suspance, di tensione, di goliardia e ironia.
Molto bella l'alternanza dei personaggi, ognuno dei quali deve formulare la propria ipotesi e confrontarsi con quelle degli altri "detective improvvisati per un giorno". Discuterne, appoggiare o smentire la ricostruzione del delitto delle altre persone. 6 ricostruzioni, tutte molto lucide e cosi' razionali da apparire tutte quante verosimili e condivisibili. Eppure soltanto una corrisponde alla realtà.
Un bel viaggio di lettura, nel quale non si vede ora di capire chi sia l'assassino. Il lettore è cosi' portato a cercare di formulare anche una propria teoria, si sente coinvolto, si sente partecipe di questa caccia, non ufficiale in quanto non è la polizia a condurre le indagini, all'uomo.

Articolo di Andriy

Dettagli del libro

  • Autore: Berkeley Anthony
  • Editore: Corriere della Sera
  • Genere: letterature straniere: testi
  • Collana: I Gialli del Corriere della Sera
  • Traduttore: Stignani F.




giovedì 21 febbraio 2013

La ragazza del Sunset Strip - Joseph Hansen (Elliot 2012)



Il guaio nella vita è che nessuno ha mai abbastanza tempo per provare la propria parte.

Dave Brandstetter si toglie di dosso un po’ di quel grigiore e di quella tristezza gli sono state addosso come una seconda pelle nei due romanzi precedenti e che lo hanno fatto entrare di diritto tra i personaggi più sofferti e profondi (e umani) che io abbia mai incontrato, mette un punto nel racconto della sua vita e volta pagina. Una nuova casa, una nuova intesa con Amanda l’ultima moglie di suo padre, un interessante nuova conoscenza e soprattutto un caso su cui arrovellarsi il cervello. Gerald Dawson, a capo di una società che noleggia materiale cinefotografico, stimato e rispettato cittadino, esponente di spicco della comunità religiosa e irreprensibile marito e padre, viene trovato morto con il collo spezzato. Sembra non esserci alcuna macchia nel suo passato ma la realtà è ben diversa da quello che sembra, e se è vero che ognuno di noi ha il suo bravo scheletro nell’armadio, in quello di Dawson c’è un intero cimitero. Le indagini si concentrano su Charlene Sims, ninfetta prostituta che sembra essere la depositaria di parecchie verità ma che è svanita nel nulla. Brandstatter segue meticolosamente il suo istinto e si insinua nella vita dei probabili colpevoli e come una goccia cinese, costante e fastidiosa, “provò a suonare il campanello di tutte le altre porte che si aprivano lungo il corridoio, ma nessuno venne ad aprire. Tutti gli appartamenti di quel piano erano ciechi e sordi, senza vita. Ma non aveva importanza. Di risposte ormai ne aveva trovate a sufficienza. Adesso doveva trovare le domande corrispondenti” fino ad arrivare alla verità

Lo stile è quello, ormai inconfondibile, di Joseph Hansen, elegante, scorrevole, ricco di particolari e attento alla caratterizzazione dei personaggi, punto di forza dei suoi romanzi. Ma ne La ragazza del Sunseto Strip, un po’ come il suo Dave Brandstatter, Joseph Hansen, cambia un po’ il registro, diventa ironico e soprattutto irriverente, tanto da scagliarsi, quasi, contro Gerald Dawson, la sua facciata di rispettabilità, il suo essere bigotto e sessuofobo.

Nato nel 1923 ad Aberdeen, South Dakota, Joseph Hansen, è stato un poeta e un prolifico scrittore di romanzi a sfondo omosessuale, conosciuto soprattutto grazie alla serie dedicata al detective privato Dave Brandstetter. Il primo della serie dei dodici “Dave Brandstetter Mysteries” Scomparso venne pubblicato nel 1970. Nel 1992 Hansen vinse il premio alla carriera dall’associazione Private Eye Writers of America e il Lambda Literary Foundation per l’ultimo romanzo della serie A Country of Old Man (1991). Hansen morì per un attacco di cuore nel 2004 nella sua casa di Laguna Beach, California. Elliot Edizioni pubblicherà l’intera serie dei dodici gialli, di cui sono già stati tradotti (e recensiti su questo blog) Scomparso e Atto di morte.
Grazie di cuore….

Articolo di Cristina "cristing" Di Bonaventura

Dettagli del libro
  • Brossura: 248 pagine
  • Editore: Elliot (31 ottobre 2012)
  • Collana: Raggi gialli
  • Lingua: Italiano
  • ISBN-10: 8861923097
  • ISBN-13: 978-8861923096
  • Vesentini Ottolenghi M.L. (Traduttore)

lunedì 18 febbraio 2013

Intervista a Luca Crovi - Noir Istruzioni per l’uso (Garzanti 2013)


Intervista a Luca Crovi autore di Noir Istruzioni per l’uso (Garzanti)

Stavolta il detective è lui: Luca Crovi. Esperto di noir, veste i panni dell’investigatore e indaga nell’universo del genere interrogando gli scrittori e fornendo un vero e proprio “rapporto” sui rappresentanti del noir internazionale: “Noir istruzioni per l’uso” (Garzanti, pp. 353, euro 16,90). La sua arma è la penna, la sua caratteristica è la passione, il suo segreto è un mix perfetto di saggistica e narrativa. Da Edgar Allan Poe a Nick Horny, l’autore va a caccia di indizi e mette sotto torchio con la sua simpatia i più prestigiosi esponenti del noir che gli confessano modus operandi, segreti narrativi, aneddoti e piccole manie o si lasciano andare a una piacevole chiacchierata con un Crovi-complice. Ogni autore diventa con Crovi un “colpevole” accusato di aver scritto romanzi memorabili entrati nella leggenda dei capolavori noir. “Una panoramica il più possibile pop della letteratura noir che ho amato in questi anni” così Luca Crovi, giornalista conduttore radiofonico, saggista e sceneggiatore, definisce “Noir istruzioni per l’uso” che si legge come un atlante, un manuale, un saggio o un libro di viaggio nel mondo noir che il lettore può intraprendere da qualsiasi capitolo e scoprire un universo affascinante,l’universo noir!

Cristina Marra: Luca, sei un esperto di noir. Scrivere le tue istruzioni è stata un’esigenza?

Luca Crovi: E’ stata anzitutto una richiesta entusiasta da parte di Stefano Mauri e Oliviero Ponte di Pino che volevano che io costruissi uno speciale atlante dedicato alla letteratura di suspense per Garzanti. Ma è stata anche l’esigenza di condividere con altri lettori il percorso speciale di indagine sugli scrittori e il loro immaginario che avevo scandagliato per quasi vent’anni.

CM: Hai avuto dei complici?

LC: Ne ho avuti tantissimi. Agenti letterari, traduttori, scrittori, responsabili degli uffici stampa, fumettari, registi, musicisti, tecnici di studio, giornalisti, lettori. Amici che ho messo nel libro perché sono stati davvero dei complici che mi hanno aiutato a portare a termine imprese che all’inizio potevano sembrare impossibili. Devo dire che in questi anni mi sembra di avere lavorato con una grande orchestra in cui ognuno ha messo a disposizione la sua voce e i suoi strumenti e mi ha chiesto semplicemente di accordarli, di ordinare in sequenza le esibizioni e proporle al grande pubblico. Credo che il mio saggio sia una sorta di super jam session in cui alcuni dei più grandi maestri della letteratura internazionale si sono alternati sul palco con un pubblico che si è divertito ad applaudirli.

CM: Manuale, saggio, ricettario, ma può essere letto anche come un travel book nell’universo noir? 

LC: Il mio libro è un po’ tutte queste cose messe insieme e se uno lo esplora attraverso anche la mappa di google dedicata ai luoghi del noir internazionali (ideata da Ponte di Pino) è un'ottima guida per girare il mondo scoprendo i luoghi più caratteristici della letteratura di indagine. La mia idea era di far venire voglia ai lettori di viaggiare sia fisicamente che mentalmente. Stimolarli nel desiderio di leggere anche nuovi autori che magari non avevano mai incontrato. E’ per questo che ho scelto che ognuno parlasse con la sua voce senza l’accompagnamento delle mie domande.

CM: Scrivendolo ti sei sentito un pò detective?

LC: Certo. Anche perché ogni volta mi faccio sempre un profilo criminale della persona che devo intervistare. Cerco di scoprire i suoi gusti e le sue passioni. Soprattutto mi segno le domande che non amano sentirsi fare, onde evitare di fare gaffe. Oltre ai libri, leggo sempre tutte le interviste che riesco a trovare degli autori che intervisto. Mi serve per essere più tranquillo una volta che li devo convincere a raccontare i loro segreti e mi aiuta ad entrare nel loro mondo con i loro occhi. Voglio che mi sentano come un amico, non come un poliziotto che li deve interrogare o un giornalista che deve fare uno scoop su di loro. Amo che l’intervista diventi un modo colloquiale per stare insieme, solo così un autore si racconta davvero, quando non ha paura del microfono, quando non deve mettersi su un piedistallo, quando riesce ad essere timido, spiritoso e spontaneo.

CM: Interviste a distanza e incontri ravvicinati. Qual è l’autore che ti ha divertito e sorpreso di più e quale quello che avresti voluto conoscere di persona?

LC: Fra gli autori del passato avrei voluto intervistare sia Stevenson che Poe. Mi spiace che per fortuite circostanze siano saltate le interviste a Bunker e McBain. Sognerei di incontrare anche solo per un caffè King e McCarthy. Ogni autore che ho intervistato mi ha sempre stupito. E se devo citarti l’intervista più dura della mia vita vorrei dirti che è stata quella a Ruth Rendell che rispondeva a monosillabi. Nel tempo sono diventato amico di molti degli scrittori che ho intervistato. Potrei dirti che Bjorn Larsson racconta storie di pirati ai miei quattro figli ma mi da anche consigli romantici per non dimenticarmi di mia moglie oppure potrei parlarti di quando Joe R. Lansdale ha mandato dei mostri spaziali al piccolo Daniele che doveva ancora nascere, o del fatto che io e Jeffrey Deaver scherziamo sempre a farci vedere le reciproche foto dei bimbi (lui ogni volta recita “guarda quanto sono divenuti grandi i miei bambini” mostrandomi sull’iphone le foto dei suoi cani…). E avrei credo decine e decine di aneddoti da raccontarti su tutti gli autori che ho messo nel mio libro. Li considero davvero la mia seconda famiglia.

CM: Nel tuo precedente “Tutti i colori del giallo” ti sei dedicato al noir nostrano. Quali sono le caratteristiche del noir italiano? E quali gli scrittori di riferimento?

LC: Questa risposta meriterebbe un altro saggio. E in questi giorni dopo l’uscita di “Noir. Istruzioni per l’uso” in cui mi sono occupato solo di autori internazionali molti vorrebbero che io dessi un seguito a “Tutti i colori del giallo” per raccontare come si è evoluto negli ultimi dieci anni la letteratura di genere nel nostro paese. Ho il sospetto che mi toccherà ancora una volta rimboccarmi le maniche per dare una risposta. Tieni presente che non c’è una regione d’Italia che non abbia avuto nel tempo un suo protagonista giallo o noir. E la passione nel nostro paese per questo genere di letteratura ha radici profonde che risalgono ai feuilleton di fine dell’Ottocento. Siamo sempre stati un paese in cui le storie di santi e briganti sono amate dal pubblico.

CM: Dopo “Noir Istruzioni per l’uso” ti vedremo di nuovo in libreria?

LC: E’ in uscita in questi giorni un’antologia curata da me e Claudio Gallo che si intitola “Cuore di Tigre” (Piemme). Un sentito omaggio che quattordici autori italiani hanno fatto ad Emilio Salgari e alla sua letteratura nell’anno in cui si festeggia il suo 150 anniversario di nascita. Quattordici scrittori italiani che hanno scelto di intraprendere l’impresa, scegliendo generi letterari diversi come l’avventura, la fantascienza, il western, il noir, il racconto di formazione. La ciurma che compone il nostro equipaggio comprende in ordine di apparizione: Marcello Simoni, Alfredo Colitto, Pino Cacucci, Wu Ming 5, Marco Malvaldi, Carlo Lucarelli, Massimo Carlotto, Mino Milani, Piero Colaprico, Tullio Avoledo, Marco Buticchi, Simone Sarasso, Alan D. Altieri, Luca Di Fulvio e un fratello della costa come Valerio Evangelisti. Credo che vi divertirete molto a leggerli e io sono orgoglioso di averli fatti salire tutti sullo stesso galeone pirata.

CM: Scrittori da leggere assolutamente?

LC: Io su un’isola deserta ci andrei portandomi Robert Louis Stevenson, Edgar Allan Poe, Cormac McCarthy, Giorgio Scerbanenco e Stephen King. Sono sicuro che mi farebbero ottima compagnia assieme ovviamente ai dischi degli AC/DC e degli Iron Maiden.

CM: Il tuo libro è anche un manuale di scrittura. Che consiglio daresti a un aspirante scrittore? 

LC: Leggere, leggere, leggere.
E poi ci aggiungo tre consigli  di Lawrence Block:
1) bisogna sempre scrivere solo per gratificare se stessi. Non bisogna mai sforzarsi di capire che cosa vuole la gente, perché si rischia di fare un buco nell’acqua.
2) Non dubitate mai dell’intelligenza dei lettori.
3) Lasciate spazio all’inatteso.

CM: Insomma: divertitevi! E come direbbe Andrea G. Pinketts: “la vita è stramba. La letteratura si adegua!”. 

Intervista di Cristina Marra

Dettagli del libro


  • Titolo: Noir. Istruzioni per l'uso
  • Autore: Luca Crovi
  • Editore: Garzanti Libri
  • Collana: Saggi
  • Data di Pubblicazione: Gennaio 2013
  • ISBN: 881168420X
  • ISBN-13: 9788811684206
  • Pagine: 362
  • Formato: brossura


sabato 16 febbraio 2013

L'alibi di Scotland Yard - Don Betteridge (I Gialli del Corriere della Sera)


Nel 2011 il nostro fantastico Allanon recensì questa perla della Polillo che oggi rivede vita letteraria grazia alla ristampa per la saga del giallo classico in uscita per il Corriere della Sera proprio oggi 16 febbraio.
Maggiori informazioni sul progetto, in ogni caso, potete trovarle qui: http://bit.ly/GialliDelCorriereDellaSera.
Adesso ve la riproponiamo con la cover aggiornata. Buona lettura.

Secondo l’io narrante di questa storia, i delitti che si leggono nei romanzi gialli, sono perlopiù inverosimili. Gli scrittori di quegli anni (siamo nel 1938) non fanno altro che cercare di inventarsi qualche sistema tanto nuovo quanto assurdo per uccidere qualcuno. Ma ormai i tempi cominciano a cambiare e con loro anche i metodi escogitati dagli assassini per liberarsi dell’incomodo di turno. Basta delitti con camere chiuse, case maledette, fantasmi assassini, maledizioni mortali, orme sul soffitto, scimmie ammaestrate, mastini assatanati, frecce acuminate, veleni sudamericani, serpenti maculati e radiazioni misteriose ! Anche perché, come dimostra l’esperienza letteraria di quasi 50 anni precedenti, trattasi di espedienti che non garantiscono assolutamente l’impunità per chi li mette in atto.
Questo genere di artifizi possono magari soddisfare i gusti dei lettori di romanzi gialli ma nella realtà non sono assolutamente pratici né funzionali. Troppo cerebrali e complicati. Non parliamo poi della disposizione del cadavere. La Camera dei Comuni, il Museo delle Cere, le carrozze d’epoca, gli zoo, la Torre di Londra, le sale egizie, i labirinti di siepi, i campi da tennis, i teatri elisabettiani e persino le tombe altrui.
Tutte location molto suggestive e spettacolari certo. Ma che fatica. E che rischi. Ecco quindi, sempre l’io narrante, scusarsi quasi con gli estrosi scrittori gialli e con i loro famelici lettori che probabilmente “cominceranno a disperarsi dei loro argomenti quando descriverò il modo in cui ho ucciso Monkham: è stato tutto davvero semplice.” Un piano facile, elementare, efficace, chirurgico. Un sistema prêt-à-porter, riutilizzabile, facilmente adattabile a seconda delle esigenze del momento e della stagione (un viscido ricattatore, una moglie ricca, un marito fedifrago, un amante pretenziosa, un erede importuno, un collega prevaricatore etc…beh fate un po’ voi secondo i vostri desiderata). Ma non per questo meno accurato di altri più fantasiosi.
Una visitina al domicilio della vittima, il campanello (mi raccomando i guanti !), si viene fatti accomodare dal futuro cadavere in persona, un colpo di rivoltella ben piazzato (con il silenziatore !) e tanti saluti al padrone di casa. L’alibi? E no. L’alibi se permettete è tutta un’altra cosa. E’ più importante del crimine in sé e per sé. Le energie mentali risparmiate nell’ideazione e nella realizzazione del delitto devono essere spese nel concepire un solido piano di difesa. Ma pure in questo caso niente di troppo complicato per carità. Giusto 5 minuti, ma più che sufficienti per predisporre le cose in modo da far figurare che per una certa ora si dispone possibilmente del miglior alibi del mondo. “Subito dopo aver ucciso Monkham andai direttamente a Scotland Yard. Mi sembrava il posto migliore per crearmi un alibi” E come dargli torto ? Certo, se poi il trapassato è un essere della peggior specie, uno spregevole ricattatore, lo spettro degli indiziati si allarga notevolmente, aumentando a dismisura le possibilità di farla franca. Ma neppure nelle più rosee previsioni l’assassino poteva immaginare che quella sera l’appartamento della vittima sarebbe stato più frequentato e trafficato della tangenziale di Milano o del raccordo anulare di Roma nelle ore di punta. Ben venga.
Un problema in più per gli investigatori che saranno chiamati a sbrogliare la matassa. Lui se ne può andare a dormire fiducioso. In perfetta serenità d’animo. Come detto, dispone di un alibi di ferro. L’alibi di Scotland Yard. Un avvertenza però. Maggiore è il numero di frequentatori della scena del crimine, e quindi degli indiziati e maggiori sono pure la probabilità che qualcuno possa, sebbene inavvertitamente, incrinare anche il miglior alibi del mondo…….
Romanzo e autore inediti per l’Italia. Tipico esempio di giallo d’indagine dove molti personaggi in realtà poi non sono quello che dicono di essere o vengono a trovarsi dove non dovrebbero o non vorrebbero mai essere stati e all’ora meno indicata, lasciando dietro di sé ogni genere di traccia. Tutti o quasi, ben inteso, con un motivo più che plausibile per far fuori il “de cuius”. Ben raccontato con discreti colpi di scena, diluiti forse in un numero di pagine un pochetto eccessivo, che stempera il ritmo e la suspense, trasformando la lettura in una defatigante scampagnata dall’andatura piacevole e rilassante piuttosto che in una corsa frenetica. Se ne rende conto lo stesso assassino durante il racconto, scusandosi per qualche digressione di troppo, per qualche flashback magari non proprio indispensabile, per qualche parentesi facilmente rinunciabile.
E dove lo trovate un altro cattivo così ? Per cercare un difetto a tutti i costi, risulta forse troppo sproporzionata la dicotomia tra il trapassato cattivissimo – odiosissimo, i vari ricattati e personaggi minori vari, per cui alla fine ci si trova a fare smaccatamente il tifo per l’omicida, chiunque esso sia, nella speranza che, almeno una volta, la sfanghi.
Un piacevolissimo giallo dal taglio particolare, raccontato in prima persona dal colpevole, che sfiora l’inverted story e che tiene il lettore comunque sul filo fino all’ultimissima riga. Magari, come già detto, non straordinario nel ritmo, ma comunque di buon livello, in perfetto stile Bassotti, che sottolinea una volta di più la cura e lo sforzo da parte della casa editrice di cercare di offrire, qualcosa di non banale, che riesca a distinguersi nel genere. Se poi non vi dovesse soddisfare dal punto di vista della suspense, potreste sempre tenerlo da conto come vademecum, come un manuale di utili consigli da portarsi sempre dietro e a cui eventualmente far ricorso caso mai doveste aver la necessità impellente di dimostrare di non essere mai stati in un certo posto ad una certa ora. Non si sa mai nella vita.
Mi raccomando, fate soprattutto tesoro degli errori commessi dal colpevole narrante di questo romanzo. Adesso vi devo proprio lasciare. Corro a casa dalla mia mogliettina adorata. Voglio farle una sorpresa di quelle che non si aspetta. Ma è inutile che mi cerchiate lì. Oggi tra le 18,25 e le 19,10, in realtà, io risulterò essere, senza la minima ombra di dubbio, da tutt’altra parte…………

Articolo di Alberto "allanon" Cottini

Dettagli del libro
  • Titolo: L’alibi di Scotland Yard
  • Autore: Don Betteridge
  • Titolo originale: Scotland Yard alibi
  • Collana I Gialli del corriere della Sera n.2
  • Anno 2013 - 16 febbraio
  • Prezzo euro 6,90


venerdì 15 febbraio 2013

Il Giocattolaio. Finale del Challenge Letterario.



Buon pomeriggio, considerando le valutazioni dello staff Fazi Editore, di Enzo Carcello caporedattore de www.corpifreddi.blogspot.com, della redazione di Horror Channel e di Stefano Pastor (autore de Il Giocattolaio), abbiamo deciso di premiare ben 2 racconti:

Maria Teresa Tanzilli - Il Patto 
Marco Tiano - La bambinaia 

Gli autori dei due racconti, che pubblicheremo in format ebook, riceveranno comunicazione via email nei prossimi giorni.
Grazie a tutti i partecipanti, non escludiamo possibili nuove pubblicazioni nei prossimi mesi.

Grazie

mercoledì 13 febbraio 2013

Le vacanze di un serial killer - Nadine Monfils (Giano Editore 2012)



Finalmente le vacanze sono arrivate! La famiglia Destrooper è in partenza.
Il padre, Alfonse – chiamato Fronske – è in tenuta da battaglia: camicia a fiori e bermuda kaki, pronto per la caccia ai leoni della pampa. Salvo che a Blankenberge non sarà facile trovarne, di leoni. I due figli, un maschio e una femmina, scansafatiche e dediti all’hashish, sono già in macchina sul sedile posteriore. Steven, il primogenito, deve il suo nome a Steven Seagal, l’idolo di sua madre, Josette Destrooper, che conosce tutti i film dell’attore a memoria. Il ragazzo ha indosso un giubbotto impermeabile, dei pantaloncini consumati e un casco sulla testa. Non ha il motorino, ma il casco non lo abbandona mai. Lourdes – come la figlia di Madonna, che Josette ha scovato su Voici, il suo settimanale preferito – si è messa dei jeans strappati e una T-shirt sformata. Nelle orecchie ha un paio di auricolari impreziositi con dei fiocchetti rosa e sta ascoltando i Cool Connexion, hip-hop allo stato puro [...]Dietro la macchina è agganciata la roulotte Wa-Wa, divenuta ormai un pezzo da collezione. Come la vecchietta che c’è dentro, del resto. Una vera tigna. E con dei gusti tremendi! Per dire: ha messo dei gerani finti alle finestre della roulotte con l’idea di rendere il tutto più gradevole. Alfonse ha l’impressione di andare in giro con una serra attaccata al culo.

I presupposti ci sono tutti per una vacanza in grande stile, a Josette un motociclista scippa la borsetta dal finestrino aperto della macchina, la roulotte della nonna si sgancia durante il viaggio e la famiglia se ne accorge solo dopo svariati chilometri.
Ma non è tutto, perché la dolce nonnina, invece di perdersi d’animo usa la pistola del marito defunto per fermare un’auto e farsi portare fino al luogo di villeggiatura. I malcapitati sono una giovane coppia di fidanzatini, anzi erano, perché durante il viaggio la nonna spara accidentalmente alla ragazza uccidendola.
A questo punto c’è un cadavere da occultare e il giovanotto deve fingersi il toy boy della vecchietta per sfuggire alla minaccia della polizia.
Sotto gli occhi sbalorditi di tutti la famiglia si ritrova al completo nel confortevole albergo vista mare che hanno prenotato. Vista mare? Si, se si guarda attentamente nello specchio posto sulla strada di fronte all’albergo.
Vi risparmierò le peripezie erotiche della nonna superstar, ma vi invito veramente a leggere Le vacanze di un serial killer di Nadine Monfils, pubblicato in Italia da Giano Editore perché ogni pagina è permeata da un sofisticato humour nero che vi regalerà qualche ora di piacevole lettura.
Lo so, quando si pensa di leggere un giallo non ci si aspetta di poter ridere, ma ne vale la pena! Nadine Monfils ha veramente talento, con raffinata ironia e sprezzante crudezza mette in risalto manie, paure e frustrazioni dei protagonisti, ma lo fa con talmente tanta leggerezza e capacità narrativa che avrei voluto avere a disposizione un giorno intero per leggere questo libro senza interruzioni.

Articolo di Marianna "mari" De Rossi

Dettagli del libro
  • Titolo Le vacanze di un serial killer
  • Autore Monfils Nadine
  • Dati 223 p., brossura
  • Prezzo € 12,00
  • Prezzo IBS € 10,20
  • Editore Giano
  • Collana I libri della civetta
  • EAN 9788862511162
  • Titolo originale: Les vacances d'un serial killer
  • Traduzione di Roberto Boi

sabato 9 febbraio 2013

I Gialli del Corriere della Sera


Gran bella iniziativa lanciata dal Corriere della Sera che parte proprio oggi 9 febbraio 2013.
La pubblicazione di una collana composta da 20 volumi che usciranno con cadenza settimanale come supplemento del quotidiano.
Il primo libro costerà 1 euro + il prezzo di Corriere, dal secondo in poi costeranno 6,90 euro + il prezzo di Corriere. Stilisticamente si presenteranno volumi brossurati con alette e la particolarità interessante è che non si tratta di autori noti in Italia; sono tutti di provenienza anglosassone, con ottime traduzioni; sono gialli di tipo classico, tradizionali, che possono essere apprezzati da chi ama i grandi pilastri del genere (Agatha Christie, Simenon, Chandler ecc).
PIANO DELL'OPERA "I GIALLI DEL CORRIERE DELLA SERA"
N°uscita    AUTORE TITOLO DATA EDICOLA
1 Jefferson Farjeon La casa dei sette cadaveri 09-feb
2 Don Betteridge L'alibi di Scotland Yard 16-feb
3 Anthony Berkeley Il caso dei cioccolatini avvelenati 23-feb
4 Mary Roberts Rinehart La scala a chiocciola 02-mar
5 John Dickson Carr Occhiali neri 09-mar
6 James Hadley Chase Niente orchidee per Miss Blandish 16-mar
7 R. A. J. Walling I fatali 5 minuti 23-mar
8 J. J. Connington Il caso con nove soluzioni 30-mar
9 Christopher Bush Una buona tazza di tè 06-apr
10 Edgar Lustgarten Signori della Corte… 13-apr
11 Cortland Fitzsimmons Delitto ai grandi magazzini 20-apr
12 Vera Caspary Laura vertigine 27-apr
13 Earl Derr Biggers Charlie Chan e la casa senza chiavi 04-mag
14 George Bellairs Morte in Provenza 11-mag
15 Timothy Fuller Delitto a Harvard 18-mag
16 David Frome I delitti di Hammersmith 25-mag
17 Thomas Kyd Assassinio all'università 01-giu
18 C. H. B. Kitchin La morte di mia zia 08-giu
19 F. G. Parke La sera della prima 15-giu
20 Elizabeth Day Morte al telefono 22-giu


Di seguito vi parleremo delle prime due uscite


1. LA CASA DEI SETTE CADAVERI 
Ted Lyte è un ladruncolo molto sfortunato. Abituato a sbarcare il lunario con piccoli furti e borseggi, per una volta ha deciso di puntare in alto e di introdursi in una villa sulla costa dell'Essex. Ma lo spettacolo che si trova davanti è così spaventoso che per poco non impazzisce: sette persone - sei uomini e una donna - giacciono privi di vita nel salotto dell'abitazione. Ted fugge a gambe levate, ma viene subito acciuffato da Thomas Hazeldean, un giornalista freelance appena approdato nei paraggi con il suo amato yacht. L'ispettore Kendall, accompagnato sul posto dallo stesso Hazeldean, trova un biglietto che lascerebbe pensare a un suicidio collettivo: una soluzione fin troppo facile per il numero di interrogativi che il caso solleva. Chi erano costoro? Da dove venivano? E, soprattutto, perché si erano riuniti lì? Forse i due abitanti della casa, un certo Fenner e la sua giovane nipote Dora, potrebbero gettare un po' di luce sulla vicenda, ma a quanto pare sono partiti in tutta fretta verso una destinazione ignota. E più il salotto viene esaminato più particolari curiosi emergono: un ritratto a olio trapassato da una pallottola, una misteriosa palla da cricket appoggiata sopra un vaso da fiori, un indecifrabile indirizzo scritto in punto di morte da uno dei presunti suicidi... Un mystery del 1939 di Farjeon Jefferson che terrà col fiato sospeso fino all'ultima pagina.



2. L’ALIBI DI SCOTLAND YARD
"Subito dopo aver ucciso Monckham andai direttamente a Scotland Yard. Mi sembrava il posto migliore per crearmi un alibi". Inizia così questo romanzo scritto originariamente nel 1938. Ma nonostante l'apparenza il lettore non saprà fino alla fine - in realtà fino all'ultima riga del libro - chi è il colpevole, sebbene quest'ultimo ci racconti in prima persona i suoi movimenti. Monckham, la vittima, era un ricattatore che aveva estorto denaro a numerose persone. Dunque sono in molti quelli che avevano un movente e che hanno tratto vantaggio dalla sua morte. Ma chi fra loro è il narratore assassino? Un assassino che, anche se attentissimo a non tradirsi, è però estremamente fair nei confronti delle altre persone coinvolte al punto da intervenire con opportune anonime indicazioni agli inquirenti per dimostrare come il presunto colpevole di turno non possa aver commesso il crimine. Un libro anomalo nel suo genere, una sfida al lettore che non potrà fare a meno di cercare di superare in astuzia l'autore Betteridge Don e scoprire il colpevole prima che gli venga svelato.

Maggiori informazioni sul progetto, in ogni caso, potete trovarle qui: http://bit.ly/GialliDelCorriereDellaSera.




mercoledì 6 febbraio 2013

Wilbur Smith e Silvio Berlusconi



Wilbur Smith e Silvio Berlusconi

È apparsa ieri, martedì 5 febbraio 2013, un’intervista a Wilbur Smith sull’Huffingtonpost.it realizzata la scorsa settimana a Roma durante il tour italiano di presentazione del nuovo romanzo, "Vendetta di sangue" edito da Longanesi.
Nell’intervista (che si può leggere qui http://www.huffingtonpost.it/2013/02/05/la-saga-di-hector-cross_n_2620676.html ) si attribuisce allo scrittore fin dal titolo una grande passione e ammirazione nei confronti di Silvio Berlusconi con frasi tipo: "Avrei tanto voluto essere Silvio Berlusconi: un vero genio della finanza, un abilissimo amante e un uomo carismatico. Sono un suo grande ammiratore"

Oggi Wilbur Smith ha voluto rilasciare un commento ufficiale su questa vicenda che vi riportiamo qui sotto:

Quanto a Berlusconi, vorrei tornare sull’argomento semplicemente per precisare che trovo Silvio Berlusconi una personalità indubbiamente pittoresca, simile per certi aspetti ai personaggi che popolano i miei romanzi. Ciò detto, la politica contemporanea italiana è un argomento con cui ho scarsissima familiarità. E del resto, al di là delle mie opinioni,  sono sicuro che l’elettorato italiano saprà fare le scelte migliori.

Wilbur Smith
6 febbraio 2013

lunedì 4 febbraio 2013

Uno stupido angelo. Storia commovente di un Natale di terrore - Christopher Moore (Elliot 2012)



"Uno stupido angelo. Storia commovente di un Natale di terrore" era stato già pubblicato anni e anni fa in Italia da Sonzogno, ora ripreso da Elliot con una nuova copertina e una nuova traduzione e, in più, un nuovo capitolo al volume (l'ultimo) offerto dallo stesso scrittore americano e tradotto da Luca Fusari.
Le attese erano più che alte, imprevedibili o meglio, prevedibilmente spiazzanti perché si può parlare solo in questi termini delle aspettative che ci si forma su una lettura Mooriana.
Tant'è che in sede di presentazione al libro, c'è un'avvertenza che dice:
"Se state comprando questo libro come regalo per vostra nonna o per un ragazzino, sappiate che contiene parolacce, gustose descrizioni di cannibalismo e quarantenni che fanno sesso. Poi non date la colpa a me. Io vi ho avvisato"
Roba da consumato marketing manager che sa inventarsi una strategia di allontanamento-avvicinamento basato sul conquistarsi, anche con la forza, le simpatie o, perlomeno, anche una semplice distratta attenzione che poi potrebbe diventare affetto e fedeltà al marchio di fabbrica.
La location di ambientazione è Pine Cove, America, paesino sperduto in cui accade sempre qualcosa di clamoroso, a livello temporale non è ben precisato (ma si parla di playstation e xbox, quindi all'incirca ci si può fare un'idea di massima, non sono certamente gli anni Settanta) ma si sa che siamo a Natale.
Natale che è un momento pieno di suggestioni, di colori, di storie e leggende, di freddo, neve (a meno che non ci si trovi in Australia o posti simili). Natale ispira molto anche favole dark alla Burton, modus operandi di serial killer e storie drammatiche.
Ecco, Moore cerca di racchiudere un po’ tutto questo, richiamando all’opera personaggi già incontrati in altri libri e di successo, tutti ovviamente assai strampalati nonostante qualcuno finga di dimostrare una certa parvenza di serietà e normalità: c’è ad esempio Raziel de Il Vangelo secondo Biff, Theo Crowe, Molly Michon e Gabe Fenton di Sesso e Lucertole a Melancholy Cove, Robert Masterson e Mavis Sand in Demoni, istruzioni per l’uso e poi Tucker Case il pippistrello della frutta Roberto T. presenti in Island of the sequined Love Nun.
Quello che ne viene fuori è una storia briosa, fluida, facile da leggere alla svelta, che strappa qualche risata qua e là, caotica ma non del caotico positivo a cui ci ha abituato Moore. Non è un caotico che poggia su una trama, è più frutto di una messa insieme di personaggi, situazioni e dialoghi estemporanei forse un po’ alla bene e meglio. Raffazzonata in qualche modo come quando si cerca di legare con dei pezzi di stoffa diversi, trovati da qualche parte qua e là, tra loro dei pantaloni che hanno visto ferite da guerra e devono essere in qualche modo recuperati per essere riutilizzati.
Babbi Natali assassini, un Angelo un po’ sgangherato e pop, decisamente sui generis, mandato sulla terra in nome di una missione strampalata (un bambino chiede che venga fatto resuscitare Babbo Natale, che Joshua, il nome del ragazzino, ha visto morire con un colpo di pala inflittogli da uno dei personaggi del libro, la ex moglie di quel Dale, imprenditore piuttosto acido e antipatico, che quella sera si era vestito per l’occasione, misantropica, da Babbo Natale), morti-cadaveri che tornano a vivere come Zombie sfigati incazzati neri con i vivi e pronti a tutto nella battaglia contro di loro.
Sottotraccia, come sempre, vivono valori come l’amore, l’amicizia mescolate con tanto sesso e atteggiamenti positivi come il senso di colpa, il senso collettivo di appartenenza a qualcosa o a qualcuno e il tentativo di rimediare a errori o mancanze tenute in precedenza, e di recuperare rapporti con le persone che erano andati a rovinarsi o a perdersi.
L’ultimo capitolo, quello aggiunto poi da Moore, ci riporta al Natale successivo in cui tutto sembrava essersi messo a posto come si deve, ma ecco che interviene ancora qualcuno o qualcosa a rimettere in discussione tutto. Non c’è mai spazio e mai tempo per rilassarsi definitivamente, soprattutto in Moore. L’ultimo capitolo sembra essere un lungo colpo di scena finale che si conclude con l’happy-end (e come potrebbe essere altrimenti?).
Per concludere, penso che ci sia un non so che di inconcludente, c’è un non so che di limitato che ho ravvisato nella lettura. L'ho trovato un lavoro un po' approssimativo, strutturato abbastanza male e sembra che un’idea di partenza non ci sia stata in realtà. O, perlomeno, se anche ci fosse stata, è stata concretizzata in maniera non degna della tipica narrazione folle ma sempre precisa, da un punto di vista strutturale, nella sua demenza di classe assoluta e genialità umoristica e parodistica, dello scrittore di Toledo.
Da leggersi preferibilissimamente a Natale, magari facendo colazione, merenda o happy-hour. O dopo aver aperto un pacco regalo raccolto sotto l'albero e aver trovato "Uno stupido angelo" di Moore.

Articolo di Matteo "Andriy" Spinelli

Dettagli del libro
  • Titolo del Libro: Uno stupido angelo. Storia commovente di un Natale di terrore
  • Autore :  Christopher Moore
  • Editore: Elliot
  • Collana: Scatti
  • Data di Pubblicazione: 2012
  • Genere: letterature straniere: testi
  • Pagine: 239
  • ISBN-10: 8861923054
  • ISBN-13: 9788861923058



venerdì 1 febbraio 2013

Un cocktail amaro per Sunny Pascal - F.G. Haghenbeck (Elliot 2012)


Martini dry
• 6 parti di gin • 1 parte di vermouth bianco dry • olive da cocktail • cubetti di ghiaccio Miscelare il gin e il vermouth con il ghiaccio nel mixing-glass, agitandolo energicamente. Servire in una coppa da cocktail. Guarnire con un’oliva infilzata in uno stuzzicadenti. Da bere ascoltando Witchcraft di Frank Sinatra. L’origine del martini dry è incerta. È stato creato in California nel 1870. Secondo alcuni, venne inventato a San Francisco e l’autore era un certo Martínez, un barman. Secondo altri, nacque nella città di Martínez, da cui prenderebbe il nome. All’inizio era più dolce, con gli ingredienti in dosi uguali. Divenne popolare durante il proibizionismo, perché era più facile distillare il gin.

"Un cocktail amaro per Sunny Pascal" di. Haghenbeck è un giallo ambientato in una location molto esotica, sulle spiagge messicane, più precisamente a Puerto Vallarta, che è diventato per l'occasione set per un film hollywoodiano. Succederà qualcosa di grosso, è evidente, per il quale si mobilita un detective decisamente particolare, strambo, eccentrico, quasi caricaturale per l'effervescenza, la singolarità e le anomalie caratteriali del personaggio, Sunny Pascal. Il suo curriculum parla chiaro: è appassionato di cocktail ed è espertissimo nell'infilarsi sempre in qualche guaio da cui dovrà cercare a fatica di uscirne indenne.
Il plot narrativo in sè, non è nulla di che, si fa leggere, scorre bene via che è una favola ma nulla di trascendentale. Anzi, forse poteva essere sviluppato meglio e con più attenzione. Quello che mi ha colpito sono essenzialmente due cose, del libro, anzi tre: la freschezza e la briosità della copertina, stilizzata e coloratissima che sembra fatta apposta per l'estate o richiamare l'attenzione del lettore in crisi esistenziale che ha bisogno di qualcosa per risollevarsi, almeno anche solo per i suoi momenti liberi; l'apertura di ogni capitolo, che prende il nome di un cocktail, in cui si danno storia e ricetta del cocktail (ho apprezzato molto! ed in questo caso il libro oltre che romanzo diventa un ricettario ottimo, pronto all'uso che vien voglia di farne) e infine, come detto, il personaggio, irresistibile, quasi comico, una macchietta, che si unisce a uno stile altrettanto frizzante, vivace, veloce del messicano dal cognome scandinavo. Il tutto è completato dalla presenza di personaggi vip della storia del cinema dei decenni scorsi, da Richard Burton, Elizabeth Taylor, Ava Gardner, Sue Lyon e Deborah Kerr: bellissima, suggestiva, ispiratissima l'idea, ma avrei preferito che si coinvolgessero maggiormente questi personaggi straordinari, anche vista la capacità, purtroppo solo tratteggiata a sprazzi, di inventarsi situazioni spassose, giocose, ironiche.
Insomma, un libro da spiaggia, da sotto l'ombrellone ma anche da pieno inverno per scaldarsi un po', per trovare quella coloritura esagerata, scoppiettante che la stagione più fredda dell'anno chiude a chiave da qualche parte in attesa che bussi alla porta la primavera.
Da leggere senza pretese di capolavoro, ma con la giusta predisposizione a lasciarsi trasportare dalle acque agitate sulle quali tenta di surfare il nostro mitico Sunny.

Articolo di Matteo "Andriy" Spinelli

Dettagli del libro
  • Titolo Un cocktail amaro per Sunny Pascal
  • Autore Haghenbeck F. G.
  • Prezzo di copertina € 14,50
  • Dati 2012, 126 p., brossura
  • Traduttore Bedogni U.
  • Editore Elliot  (collana Scatti)