La banda dei marsigliesi programmava i sequestri con l’efficienza di una catena di montaggio. C’era chi s’incaricava di cercare il nascondiglio; chi trovava le armi e rubava le auto per il rapimento; c’era poi la squadra specializzata nel prelevare l’ostaggio e portarlo nel rifugio. Un altro gruppo si occupava della custodia del sequestrato per il periodo della trattativa; e infine c’era chi era delegato a tenere i contatti con i familiari e, in genere, anche al ritiro del riscatto. Tutto questo però avveniva ai tempi d’oro del clan: i primi anni Settanta. Ora che il decennio stava volgendo al termine, anche la stella dei marsigliesi stava per tramontare.
Cristina Marra: Quando hai deciso che era giunto il momento di dedicarti al clan dei Marsigliesi?
Vito Bruschini: Nei miei due precedenti romanzi (Vallanzasca e La Strage) ho descritto le gesta delle principali “batterie”, così si chiamavano a quel tempo le bande organizzate, stiamo parlando degli anni Settanta. Vallanzasca, Turatello, Andraus, conosciuto come il Macellaio delle carceri, gli inizi della banda della Magliana, insomma nel raccontare gli anni più disgraziati della nostra Repubblica, ci si imbatte in questi personaggi poco raccomandabili. Per concludere questa ipotetica trilogia mi mancava ancora il clan dei Marsigliesi. Bergamelli, Berenguer e compagni sono stati i primi banditi, organizzati come un vero e proprio commandos militare, a comparire sulla scena del crimine italiano. Con loro ho chiuso con gli anni del terrorismo.
CM: Il romanzo percorre trent’anni di storia italiana dal dopoguerra agli anni Settanta. Mi racconti brevemente quell’epoca? Cosa scatenò tanta violenza?
VB: I Settanta sono anni complicatissimi. Ci fu il 68 che è da considerare lo spartiacque tra due epoche: quella dominata dall’autoritarismo (in famiglia, nelle scuole, sul posto di lavoro) e quella che iniziò a distruggere la posizione di forza di genitori, professori e padroni. Ma a queste istanze, che all’inizio furono soltanto sociali, presto si affiancarono anche motivazioni di tipo politico. Lo scopo era quello di scardinare la democrazia. Non pensate subito alle BR, quelle arrivarono nel 1977. Fino a quell’anno furono i gruppi di estrema destra a bombardare le repubblica, con le stragi che conosciamo, per dare ossigeno alla strategia della tensione. In questa fase i neofascisti chiesero aiuto alla criminalità organizzata, alle batterie metropolitane, e persino alla mafia. Insomma l’Italia in quegli anni fu un vero campo di battaglia.
CM: Massacri, morti eccellenti e corruzione. Che ruolo ebbero i servizi segreti con i marsigliesi?
VB: I nostri servizi, che a quel tempo si chiamavano Sid, agirono da protagonisti in quest’orgia di violenza. Il tramite con le bande criminali furono proprio loro, gli agenti del Sis. Furono loro, i servizi segreti a chiedere ai marsigliesi di creare scompiglio nella cittadinanza con colpi clamorosi, in cambio dell’impunità giudiziaria. E a proposito di morti eccellenti, questa è una rivelazione del giudice Ferdinando Imposimato di alcuni giorni fa, c’è da dire che la prigione di Moro, in via Montalcini fu scoperta dal Sid appena quattro giorni dopo il suo rapimento e che per l’8 maggio il generale Dalla Chiesa aveva organizzato un blitz che però fu fermato dai politici: Cossiga, ministro degli Interni e Andreotti, presidente del Consiglio. Moro fu ucciso il giorno dopo. Ecco quello che rappresentarono i servizi segreti in quegli anni: il braccio operativo di alcuni politici troppo cinici.
CM: Orfano, criminale e anche vittima chi è il tuo protagonista Brando?
VB: Il mio personaggio è un ragazzo che si trova a dover affrontare quegli anni di estrema violenza senza alcuna protezione. Sbandato, senza una famiglia alle spalle, solitario, quale soluzione aveva se non cadere nelle spire della criminalità? La sua scelta è quasi obbligata. All’inizio è un ragazzo tranquillo, fantasioso, ma dal momento che imbocca quella strada, mostra il mister Hide che c’è in lui.
CM: A Marsiglia “il vizio e la criminalità erano la regola”,cosa trova Brando quando arriva? Che rapporto ha con la sua città d’adozione?
VB: Brando arriva casualmente a Marsiglia nei primi anni del dopoguerra. Sono gli anni del contrabbando delle sigarette, dei primi laboratori chimici che trasformavano l’oppio in eroina, gli anni della prostituzione maschile e femminile. Marsiglia è la capitale della malavita europea, l’università del crimine, una specie di Chicago anni ’30. Qui il nostro protagonista, appena adolescente, impara tutto quello che c’è da sapere per diventare un perfetto delinquente. Ma Marsiglia rappresenta per lui anche il ricordo più bello della sua vita: l’amore per una ragazzina che però viene interrotto dall’intervento violento dei servizi sociali che deportano la giovane in un istituto.
CM: Violento e spietato. C’è un momento nella sua vita che rappresenta la svolta?
VB: Brando ha vissuto la violenza della guerra e quella degli anni del dopoguerra. Come poter uscire da questa spirale? Un primo cedimento lo ha liberando alcune cavie umane destinate a morire durante un esperimento atomico organizzato dai francesi. Ma la frattura decisiva avverrà con l’incontro di una donna. Un amore… ma non vorrei dire di più perché questo è uno dei colpi di scena del romanzo.
CM: La tua ricostruzione storico-sociale degli avvenimenti è molto attenta e curata. Quanto tempo hai dedicato al romanzo?
VB: Dal momento che ho deciso di scrivere questa storia alla parola Fine è trascorso un anno e di questo quattro mesi interi li ho passati a documentarmi su alcune delle vicende che fanno da sfondo all’azione principale. Dove ho avuto più difficoltà? Trovare documentazione sulle vicende del Tombolo. Pochi italiani sanno cosa abbia rappresentato questa pineta, a nord di Livorno, in depravazione, violenza, corruzione per molti di noi italiani.
CM: Tra le vittime dell’orrore di Montecassino anche molti bambini. Brando è pure un sopravvissuto?
VB: Per giustificare l’odio e la ferocia di Brando nella caccia agli algerini, nel periodo della sua permanenza nella legione straniera, dovevo creare un presupposto altrettanto forte. Brando dunque subisce un abuso da parte dei gourmiers, le truppe algerine e marocchine che, al comando di ufficiali francesi, violentarono e massacrarono le popolazioni del frusinate quando nel 1944 sfondarono la linea Gustav. Quell’episodio segnerà per sempre la vita del piccolo Brando.
CM: Vito, perché si diventa criminali?
VB: Io sostengo che è l’ambiente in cui si cresce a determinare ciò che diventeremo da adulti oppure una violenza che ci fa avere una visione distorta della vita civile. Studiando le biografie dei grandi criminali ho quasi sempre riscontrato, nei loro anni adolescenziali, la presenza di queste due componenti.
CM: La morte della sorellina scatena la voglia di vendetta in Brando. Altre donne nel romanzo subiscono violenza. Com’è stato raccontare quei drammi? I tuoi personaggi femminili sono tutti forti?
VB: Ho un grande rispetto della forza morale delle donne. In questo le donne sono mille volte superiori agli uomini. Non ho dubbi che il peso sociale della civiltà grava tutta sulle loro spalle. Il progresso civile avviene grazie al loro supporto. Noi maschi abbiamo usurpato questa prerogativa. Dico che se a governarci fossero le donne, forse armamenti e guerre scomparirebbero dalla faccia della terra. Con questa convinzione, tutte le protagoniste dei miei romanzi sono donne forti. Spesso sono loro a risolvere le situazioni più complesse. Anche in Educazione Criminale, sono la madre di Brando e poi la donna che riuscirà a spezzare le catene dell’odio che tengono prigioniero Brando a quella vita disperata, a fornire la soluzione della sua esistenza.
CM: Qualche anticipazione sul prossimo romanzo?
VB: Come ti dicevo abbandono finalmente gli anni Settanta per dedicarmi a un problema dei nostri giorni. Anche questo sarà un thriller, ma dominato dai poteri forti internazionali che hanno portato all’attuale crisi. È una mia teoria che però si basa su fatti che partono anche questi dal dopoguerra… sono stato abbastanza criptico?
Intervista di Cristina Marra
Dettagli de libro
- Titolo: Educazione criminale. La sanguinosa storia del clan dei Marsigliesi
- Autore: Vito Bruschini
- Editore: Newton Compton (collana Nuova narrativa Newton)
- Data di Pubblicazione: Febbraio 2013
- ISBN: 9788854147478
- Pagine: 382
- Formato: rilegato
- Reparto: Narrativa
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