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martedì 28 maggio 2013

Intervista Roberta Gallego - Quota 33 (TEA 2013)



Cappello introduttivo: I collaboratori di corpi freddi hanno dimostrato, in più occasioni, di possedere un fiuto da segugio di razza nella scoperta di nuovi talenti. Ebbene, ritengo sia giunto il momento di sbilanciarmi senza il rischio di smentita: dal 9 maggio la narrativa di genere italiana si può fregiare di una nuova straordinaria e potente voce.  “Quota 33” è un romanzo bellissimo,  da non farsi scappare.  L’editore TEA potrebbe veramente avere trovato una scrittrice capace di regalare, ora e sulla lunga distanza, grandi soddisfazioni a noi lettori. Non potevamo lasciarci sfuggire l’occasione per fare quattro chiacchiere con Roberta Gallego, in anteprima assoluta. Ricordatevi che un giorno noi ve lo avevamo predetto.

CorpiFreddi: Dott.ssa Gallego, è un piacere ospitarla su corpi freddi. Sono rimasto molto colpito dal suo debutto letterario e francamente mi risulta molto difficile constatare di approcciarmi ad un’opera prima. C’è grande personalità e carisma in queste pagine. Accetti pertanto i miei più sentiti complimenti. Nella sua quotidianità svolge un compito molto delicato e di grande responsabilità: è magistrato presso al Procura di Belluno. Da quando coltiva il desiderio di cimentarsi con la scrittura e, soprattutto, perché è nata questa esigenza?

Roberta Gallego: Caro Marco, sono una lettrice da sempre e una appassionata cinefila; ho avuto la fortuna di crescere con un padre che collezionava gialli, amava il cinema e aveva il talento del racconto.
I miei primi incontri con Ed Mcbain sono di tanti anni fa, ancora conservo dei gialli Mondadori targati anni ’50 che ho ereditato. Il successivo passo della scrittura è stato una conseguenza naturale, anche se solo qualche anno fa mi sono decisa a scrivere in un intero romanzo. Quota 33 nasce dopo una vacanza ad El Alamein, con l’idea di creare un ER giudiziario.
Volevo scoprire se riuscivo a creare una narrazione complessa e compiuta.

CF: In “Quota 33” si intrecciano diverse storie, alcune fortemente drammatiche. All’indagine principale, relativa all’omicidio di una giovane ragazza rumena, se ne intersecano tante altre, che vanno a costruire un microcosmo pulsante e ben dettagliato delle realtà con le quali è chiamata a scontrarsi una Procura nella sua quotidianità. La sensazione suscitata in me al termine della lettura è che il giallo serva come pretesto e rimanga funzionale nel raccontare i meccanismi e le dinamiche di un mondo giudiziario “imperfetto”. E’ corretto?

RG: Sicuramente per me il personaggio principale è la Procura della Repubblica di Ardese, l’obiettivo era descrivere un ambiente, un contesto che non fosse solo fondale. In questo senso la storia dell’omicidio di Oksana, pur importante perché rappresenta la colonna vertebrale dell’impianto narrativo, talvolta cede volentieri il passo a piccole vicende sfiorate da un pensiero periferico.

CF: Lei che si trova a lavorare tutti i giorni in prima linea, quali ritiene siano i vizi del sistema giudiziario, i comportamenti umani e le disfunzioni operative più macroscopiche e critiche cbe ne mettono a repentaglio il suo funzionamento?   Raccontare le anomalie di un sistema dal suo interno, quasi mettendolo a nudo, non teme possa generare il pericolo di prestare ulteriormente il fianco alla facile strumentalizzazione politica e non?

RG: Caro Marco, io racconto una trama di fantasia, certamente realistica ma non reale. Il mio non è un report documentato sulla situazione del sistema giustizia, non ne avrei le competenze né l’ambizione. Oggi tutto può essere frainteso e strumentalizzato, il pericolo è concreto, ma chi leggerà come te senza precomprensioni questo libro forse apprezzerà l’immagine di un fantomatico ufficio giudiziario che perde la sua solennità esteriore di riferimento ma ritrova nella minimalità del suo accidentato quotidiano ragioni per suscitare comprensione ed empatia.
La sovraesposizione mediatica dell’operato delle Procure non mi pare abbia molto contribuito in questi anni a far comprendere e divulgare concretamente che tipo di lavoro tecnicamente facciamo. Spesso ancora leggo nelle cronache giudiziarie, reali o romanzate, riferimenti procedurali inesatti, termini imprecisi: è sintomatico di come in realtà se ne parli troppo ma si chiarisca troppo poco. Decriptare la nebulosa dei ritualismi giuridici, restituire comprensibilità alle dinamiche investigative, comporta inevitabilmente uno sguardo ravvicinato e informale sull’umanità che ci lavora. Idealizzarla o demonizzarla inseguendone i vizi o celebrandone le virtù è un’operazione facile, che però confonde il mezzo con il fine. In questo senso raccontare le anomalie di un sistema non è il fine ma un mezzo per restituirgli un’idea di sana normalità.

CF: Eppure nonostante tutti i meccanismi perversi e anomali insiti nel sistema, “Quota 33” non è un romanzo pessimista. Anzi, in un certo senso si assiste al riscatto dell’uomo “normale” che, con dedizione, impegno e rigore etico, svolge senza sterile protagonismo il suo lavoro. E’ giusto affermare che in “Quota 33” il vero eroe è l’uomo comune?

RG: Direi ancora di più: in Quota 33 non ci sono eroi, ma solo persone comuni, nelle loro più variegate declinazioni di unicità.

CF: In molte delle micro e macro storie narrate in “Quota 33” esce fuori in maniera prepotente, a tratti insostenibile, il calvario umano delle vittime di un crimine. Per un magistrato come Lei, nella realtà di tutti i giorni, si riesce ad approcciarsi sempre con il distacco professionale o  esiste il rischio che si possa creare una sorta di coinvolgimento emotivo personale?

RG: Con gli anni e con l’esperienza si impara a negoziare con la propria emotività e ad elevare l’asta della soglia di vulnerabilità interiore; ma comunque la sensibilità che caratterizza ciascuno aiuta ad entrare nelle storie degli altri in punta di piedi

CF: Il titolo è fortemente significativo nel contesto del romanzo e nel messaggio profondo che vuole trasmettere. Ce lo vuole spiegare? 

RG: Lo spiega meglio di me il vecchio procuratore in pensione, il dottor Speranza, personaggio assimilabile un po’ al coro greco, quando ragiona con un Guarnieri in difficoltà, e gli ricorda la necessità di mantenere un punto di riferimento interiore rispetto al quale essere eticamente coerente; il cippo altimetrico che nel deserto egiziano indicava convenzionalmente un riferimento condiviso, diviene metafora del bisogno di radicare e riconoscere valori forti rispetto ai quali parametrarsi e riconoscere la propria identità.

CF: Oltre ad una varietà di storie intense “Quota 33” ci presenta un universo umano ricco, variegato e straordinariamente caratterizzato. Protagonista principe del romanzo è il PM Alvise Guarnieri, con il quale il lettore sviluppa velocemente profonda empatia. Come nasce questa figura? C’è qualcosa di lui nel quale si riconosce o magari vuole essere un velato omaggio a qualche suo collega?

RG: In verità mi riconosco un po’ in tutti i personaggi, anche in Mascherini qualche volta! Alvise Guarnieri è un uomo che la vita ha asciugato, ma che si mantiene integro attraverso il dono dell’ascolto e del rispetto. Giudica poco e si sforza di capire. Ha il coraggio di fermarsi, la lungimiranza di tacere, e la tendenza all’evitamento nei rapporti personali che lo fanno soffrire.
Mi è simpatico ma non più degli altri. E’del tutto un parto di fantasia, nessuna ispirazione dal mondo reale.

CF: Oltre al PM Guarnieri c’è un incredibile sottobosco di personaggi che entrano con ruoli più o meno importanti tra le pieghe della storia. Ci sono alcune macchiette straordinarie. C’è qualcuno al quale si sente particolarmente legata? Viceversa qual è risultato il personaggio più sofferto e difficile da caratterizzare?

RG: Direi che ci sono personaggi che abitano sin dalla loro nascita i panni di qualcuno che conosco: ad esempio Annibale Neri, il vecchietto demente e si affaccia periodicamente da Guarnieri per confessare, ha da subito avuto nella mia mente l’aspetto di un incanutito Bernard Blier; come il deuteragonista di Guarnieri, il maresciallo Alfano, è nato con la faccia e la fisicità di Giovanni Martorana, un attore che mi ha colpito molto nel film “L’altro” di Moshen Melliti.

CF: Ho adorato di questo romanzo la struttura corale e i perfetti sincronismi che muovono, con coerenza e precisione, l’intero team della macchina investigativa e giudiziaria. Durante la lettura ho percepito evidente l’influenza del maestro del police – procedural, il compianto scrittore italo – americano Ed Mc Bain, poi confermato nei suoi omaggi finali. Per “Quota 33” possiamo in un certo senso coniare il termine di “legal procedural”?

RG: Beh, considerato che sto scrivendo il quarto ed il quinto, sempre con gli stessi protagonisti, direi che speriamo di poterne parlare.

CF: Nel nostro paese  non si è verificato ancora un eclatante successo commerciale da parte di uno scrittore di sesso femminile. Personalmente non credo sia dovuto ad un particolare pregiudizio e che si consideri il genere giallo materia esclusiva degli uomini, visto che in passato scrittrici come Agatha Christie ma anche in chiave contemporanea, autrici come Patricia Cornwell, Elizabeth George, ecc. hanno ottenuto straordinari successi di vendita. Come se lo spiega?

RG: In effetti è strano, anche perché dalle analisi di mercato appare incontrovertibile che il numero delle lettrici sia esponenzialmente superiore al numero dei lettori, anche per quanto riguarda la narrativa gialla. Quindi era verosimile aspettarsi negli ultimi anni che una buona penna femminile si sdoganasse dalla lettura alla scrittura anche in questo campo. Ma non è accaduto.

CF: Ha ricreato un universo umano così vivo, complesso e palpitante che si avverte il forte profumo di serialità. La nostra strada con il PM Alvise Guarnieri si incrocerà nuovamente?

RG: Spero di sì, dipende da me solo in parte. Io li scrivo con piacere, se incontreranno i gusti dei lettori presumo verranno pubblicati. Intanto lavoro al quarto e al  quinto

CF: La ringrazio di cuore per la sua disponibilità, con la speranza di averla ospite ad un incontro in libreria per la consolidata rassegna corpi freddi mantovana. Anzi, accetta il guanto di sfida  lanciato dai corpi freddi?

RG: Risotto alla pilota? Ma certamente, con molto piacere. Sono certa che troveremo una data prima  dell’estate.

Intervista di Marco "killer mantovano" Piva

Dettagli del libro
  • Titolo: Quota 33
  • Autore: Roberta Gallego
  • Editore: TEA
  • Data di Pubblicazione: Maggio 2013
  • ISBN: 8850231288
  • ISBN-13: 9788850231287
  • Pagine: 347
  • Formato: rilegato
  • Reparto: Gialli
foto di Max De Martino

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