…Il coccodrillo, striscia sott'acqua, non fa rumore,
non si mostra ad occhio vivente, ma poi all'improvviso zac ti afferra, ti tira
sotto, ti toglie il fiato, ti toglie tutto...
Napoli
Un ispettore amareggiato dalla vita, l'emarginazione, l'invisibilità dei diversi, la disperazione…
…Il letto a una piazza addossato alla parete, il bagno con la cabina doccia e senza bidet, l’armadio dalle ante cigolanti. Uno scrittoio, una sedia, un comodino. Perfetto. Tutto perfetto…
Sono queste le
premesse del nuovo libro di Maurizio de Giovanni, che in questo romanzo lascia
le atmosfere cupe e delicate del Commissario Ricciardi per ricongiungersi con
il mondo presente. Per fare ciò lascia una Napoli stereotipata da cartolina da
pensiero comune, dove tutti vogliono il bene di tutti per mostrarci la Napoli attuale, quelle del duemila
una metropoli uguale a tante altre metropoli dove si può scivolare via in silenzio
nascosti, strisciare lungo i muri, sotto una cappa di invisibilità o sarebbe
meglio chiamarla indifferenza verso il prossimo. Con il nuovo romanzo de Giovanni ci fa
accomandare in una città che pare abbia perso la sua identità, dove il mare che
ti dovrebbe ‘aprire’ e ‘portare’ verso il mondo, pare, è, quasi immobile come
uno sfondo teatrale.
…Una volta era andato vicino al mare; aveva avuto voglia di sentirne
l’odore, di respirarne la brezza. Non l’aveva trovato. Quel lungomare
cittadino, con migliaia di auto indifferenti a costeggiare la scogliera, sotto
una pioggerella costante e infinita e un cielo grigio. Quell’odore di rancido,
le pietre bianche buttate come una barriera. La sporcizia dimenticata, buste di
plastica galleggianti sull’acqua stagnante come cadaveri di meduse…
Ho atteso con ansia di leggere questo romanzo di de Giovanni, ero ansiosa di capire se il suo trasmettere emozioni sulla carta fosse un fatto legato al commissario Ricciardi o un suo talento, bene ora posso dire che è riuscita a sorprendermi e coinvolgermi ancora una volta, mi ha spiazzato con il linguaggio, perché se Ricciardi parla come l'uomo dei suoi tempi Lojacono parla come un uomo dei nostri tempi, ha saputo in poche parole descriverci la città di oggi diversa da quella di ieri, ha saputo presentarci personaggi diversi e interessanti.
La storia è di quelle che 'acchiappa', di quelle che ti confondono, di quelle che fanno male, di quelle che ti fanno riflettere sui gesti quotidiani che ci appaiono innocui ma che possono ripercuotersi nel nostro futuro, insomma benvenuto Lojacono, e spero di conoscerti meglio in futuro.
Articolo di Marta Naddeo
“si apposta, osserva, aspetta. E
quando la preda è a tiro, colpisce. Non può permettersi un errore, si muove
solo quando è sicuro.”
Quando si ha una buona storia da raccontare non è importante il periodo
storico in cui si svolge la vicenda che si vuole narrare. De Giovanni abbandona
per una volta la Napoli
degli anni Trenta per offrire al lettore una storia che si svolge ai nostri
giorni.
Aprile 2012: in pochi giorni tre ragazzi vengono trovati morti in tre
diversi quartieri di Napoli, uccisi dalla stessa arma.
Tre vittime, un mistero da risolvere ed il movente che sembra non esistere.
I protagonisti (o gli antagonisti) del romanzo sono l’ispettore Giuseppe
Lojacono e un assassino “che aspetta nell’ombra” le proprie vittime;
l’assassino lascia sui luoghi dei delitti alcuni fazzoletti di carta bagnati
dalle sue lacrime, per questo motivo la stampa lo ha battezzato “il
Coccodrillo”.
Il colore dominante di questo romanzo è il grigio. Siamo in primavera, ma
la pioggia, non troppo insistente, rende tutto grigio, anche gli animi degli
individui; le persone sono solo individui indistinti, abitanti di una Napoli
che non è quella turistica vista da “fuori”, ma nemmeno quella viva del periodo
vissuto dal commissario Ricciardi; una Napoli contemporanea, vera e “moderna”,
con il significato negativo che possono assumere questi aggettivi.
Questo è un romanzo di persone sole, siano esse genitori, siano figli
unici, siano uomini e donne separati o vedovi.
Sono soli anche i due protagonisti della vicenda, una storia che ti prende
dalla prima pagina e ti fa vivere tutto quello che viene narrato,
costringendoti, senza colpi di scena o trovate pianificate, ad arrivare fino in
fondo, immerso in un’atmosfera cupa ma reale, che sembra non lasciare speranze
se non qualche pallido raggio di sole appena accennato.
Una lettura che richiede attenzione e partecipazione; una storia
coinvolgente dove, ancora una volta, si rimane colpiti dai personaggi. Poche
emozioni, ma profondi sentimenti (percezioni interiori, relative al mondo degli
affetti) che lasciano il segno.
Un’immagine su tutte ha suscitato in me una profonda impressione:
l’espressione del viso della persona più vicina alla prima vittima. Una
sensazione “visiva” che rimane impressa come l’immagine di una tela dipinta da
un grande pittore.
De Giovanni è capace di dipingere con le parole, con le descrizioni
efficaci e anche con il grigio (perché questa volta i colori non ci sono), che
qui è usato per creare un’atmosfera particolare.
Questo romanzo non racconta una serie di delitti. Ogni vittima ha la sua
dignità, ogni vittima è un essere umano: il lettore ha vissuto le sue ultime
azioni compiute prima della fine, forse le ha anche criticate, e questo rende
ogni vittima una persona, con le sue debolezze ed i suoi difetti.
No, non è una serie di omicidi: sono, innanzitutto, tre ragazzi.
Chi muore, anche se ha agito per poche righe, non è una semplice e anonima
comparsa del romanzo, e nemmeno una banale marionetta utilizzata per raccontare
le azioni di un assassino.
La storia, comunque, è come un meccanismo perfetto: uno studio dei tempi,
delle attese, delle pause e delle riprese senza sbavature; il ritmo delle
ultime quaranta pagine dà l'esatta sensazione della corsa contro il tempo.
Se qualcuno ha pensato che de Giovanni si trovi a suo agio soltanto nel
raccontare il tempo passato, ora dovrà cambiare opinione: questo libro è la
dimostrazione che l’autore sa scrivere ottimamente anche romanzi che non hanno
nulla da invidiare ai migliori polizieschi contemporanei.
“Io sono un coccodrillo. Quindi, la
mia principale caratteristica dev’essere la freddezza.”
Articolo di Paolo "carrfinder" Umbriano
Il grande talento di uno
scrittore lo percepisci per la capacità costante di emozionare e sorprenderti.
Ritieni possa avere già regalato la sua massima forza espressiva, quando tira
fuori dal cilindro come il più abile dei prestigiatori, una nuova straordinaria
storia, frutto di una fantasia e di un estro compositivo che non sembra
conoscere barriere e confini.Articolo di Paolo "carrfinder" Umbriano
Maurizio De Giovanni lascia
temporaneamente da parte la fortunata saga Ricciardiana per dare vita ad un
noir contemporaneo cupo, a tinte fosche, cinico e pessimista come mai prima
d’ora. Devo ammettere che nutrivo la curiosità di leggere una sua storia fuori
dalla serialità. Non si può contenere il genio in gabbie contenitive o vincoli
stretti, il genio ha bisogno di spazio e
libertà illimitata.
“Il metodo del coccodrillo”
racchiude in se tante sconvolgenti novità e voci nuove, quanto confortanti e
coerenti messaggi e sentimenti che lo
scrittore porta avanti dagli albori della sua produzione letteraria, ma ora
trattati con un uso più maturo e sapiente della materia.
Spesso mi domando quale
rappresenta il valore aggiunto delle sue opere e la risposta è sempre una:
Maurizio racconta storie con un’anima viva dentro e trasforma personaggi di
carta in esseri umani in carne ed ossa, figure indimenticabili che entrano in
maniera indelebile nel bagaglio di lettore. Tutti e nessuno escluso. I gialli
di De Giovanni non rappresentano solo la classica e canonica sfida tra
colpevole e investigatore alla ricerca della verità, relegando in secondo piano
i personaggi di contorno. Nei suoi
romanzi non esistono eroi, vittime, colpevoli, sopravvissuti e figli della
colpa, non c’è una netta e tratteggiata linea di demarcazione tra bene e male. Nei
libri di De Giovanni vanno in scena le azioni e i sentimenti della natura
umana, dalle più nobili (come l’amore per i figli) alle più deplorevoli, con profondo e toccante rispetto per la
sofferenza e il dolore, persino per il più orrendo dei crimini, il delitto,
perché anche dietro l’omicidio ci sta sempre un forte travaglio e una tragedia
personale.
“Il metodo del coccodrillo” vive
di una meravigliosa storia corale e di personaggi indimenticabili e potenti:
dall’ispettore Lojacono e il sovrintendente Giuffrè, in fortissimo profumo di
serialità, che ereditano il testimone dalla coppia Ricciardi – Majone e lo
proiettano nel sopraffino noir d’autore del nuovo millenio, dal killer
soprannominato “il coccodrillo” e “il suo metodo” paziente, silenzioso,
pianificato e sommerso nel perseguire il suo sciagurato desiderio di vendetta,
dai suoi morti Mirko, Eleonora, Donato,
Giada, quelli che in questo caso non si vedono nella percezione del “fatto”, ma
che rimangono come stigmate sulla pelle del lettore.
“Il metodo del coccodrillo” vive di
una Napoli diversa, grigia, piovosa, indifferente, che non guarda scivolandoti
addosso, molto differente da quella solare e caciarona che siamo portati a
pensare. Una Napoli filtrata dagli occhi e dal giudizio decentrato di un
ispettore siciliano che ci vive per costrizione, come in una prigione,
destabilizzato dai suoi ritmi e dalle sue dinamiche.
“Il metodo del coccodrillo” vive
dell’amore verso i figli e della sua paura costante e inaccettabile di
perderli, figli che diventano spesso unica ragione di vita, ricordando sotto
certi aspetti il romanzo che ha rappresentato sino ad ora, (badate bene, ho
scritto sino ad ora), il vertice qualitativo della sua produzione letteraria
“Il giorno dei morti”.
Una vicenda brillante e ispirata,
la perfetta caratterizzazione dei suoi personaggi , l’impressionante abilità
nei cambi di sequenza narrativa capaci di spingere obbligatoriamente il lettore
in una catartica fruizione compulsiva, la scrittura come al solito raffinata e
virtuosa ma capace di arrivare a tutti, il forte taglio cinematografico, la sua
sottile metamorfosi da un inizio con ritmi più dilatati e incentrati sulla
psicologia a una seconda parte accelerata che ricorda un thriller serrato al
cardiopalma, un finale coraggioso che lascia esterrefatto e interdetto, lo mettono probabilmente su un gradino
superiore.
Per tutta questa serie di ragioni
per il sottoscritto, ora come ora, “Il
metodo del coccodrillo” non è UN giallo, ma è IL giallo. Sentito nel sangue, scritto
con il cuore e intriso dalle sue lacrime.
Per me, come lui nessuno mai.
Articolo di Marco Piva
Dettagli del libro
- Formato: Brossura
- Editore: Mondadori
- Anno di pubblicazione 2012
- Collana: Scrittori italiani e stranieri
- Lingua: Italiano
- Pagine: 247
- Codice EAN: 9788804616115
2 commenti:
Lo stesso romanzo, tre recensioni entusiaste, ma che hanno colto ed enfatizzato aspetti diversi della e nella storia....mi avete fatto venire una gran voglia di leggerlo ragazzi!!!!
sicuramente lo leggerò, ma ti prego non abbandonare il commissario Ricciardi, sto leggendo l'ultimo libro e già mi sento orfana!!!!
complimenti
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