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martedì 6 marzo 2012

L’uomo di paglia – Michael Connelly (Piemme 2011)


“La morte è il mio mestiere, ci guadagno da vivere, ci costruisco la mia reputazione professionale”

Jack McEvoy è uno dei più famosi reporter di nera del “Los Angeles Times”. Una vera e propria punta di diamante. Dieci anni prima è stato lui a smascherare il serial killer da tutti conosciuto come il “Poeta”, perché firmava i suoi delitti con i versi tratti dalle opere di Edgar Allan Poe. Ma i tempi cambiano. La crisi e l’avvento di nuovi media falciano le redazioni dei giornali tradizionali. McEvoy è una star e le star si sa costano e la nuova proprietà impone dei dolorosi (?) tagli. Al giornalista vengono comunicati “i quindici giorni” di preavviso durante i quali dovrà addestrare e preparare la novizia che andrà a sostituirlo.
 Ma McEvoy appartiene alla vecchia scuola, è un giornalista di razza, e quindi vuole lasciare con un articolo, un’inchiesta, sensazionale che lo faccia rimpiangere per gli anni a venire. Quale storia migliore, quindi, di quella di Alonzo Winslow, un piccolo spacciatore di colore, beccato su una macchina rubata con dentro il bagagliaio, il cadavere di una giovane ragazza bianca strangolata e orribilmente seviziata? Il caso in apparenza è lampante. Da chiudere velocemente. Ma forse la polizia ha agito con troppa fretta, troppa superficialità, avendo a disposizione il colpevole “perfetto”. McEvoy vuole vederci chiaro. Ma quando strada facendo si imbatte in altro omicidio, avvenuto qualche tempo prima a Las Vegas, che presenta inquietanti analogie con quello, nasce il sospetto che in attività vi sia uno spietato serial killer che forse ha commesso un piccolo errore riproponendo il medesimo “modus operandi” a breve distanza di tempo e di spazio. Dovrà quindi mettersi nuovamente in caccia del “Male” aiutato anche questa volta da Rachel Walling agente dell’FBI. Senza sapere che il “Male” si è già messo sulle loro tracce e ormai li sta braccando …….ed è vicino, sempre più vicino………
Dopo 15 anni dall’edizione inglese e 12 dalla pubblicazione in lingua italiana de “Il poeta” torna Jack McEvoy. E con lui Rachel Walling, agente dell’FBI, che abbiamo conosciuto nel medesimo romanzo e ritrovata in altri libri della serie di Harry Bosch (“Il poeta è tornato”, “Il cerchio del lupo” “La città buia”). Non si tratta del sequel del fortunatissimo romanzo precedente ma di un avventura del tutto originale, che potrebbe aprire nuove prospettive future per la coppia di protagonisti. Sono ormai 20 anni che Connelly pubblica romanzi (l’esordio con lo splendido “The black echo – La memoria del topo” risale infatti al 1992): 20 anni esatti e ben 25 romanzi pubblicati in lingua inglese di cui 20 tradotti in italiano. Tanti, sia gli uni (gli anni) che gli altri (i libri). Con simili numeri, il rischio di trovarci a parlare di un autore ormai bollito è elevatissimo anche perché fin dagli esordi è stato salutato come uno, se non addirittura “il” maestro del genere thriller, sia da noi che oltreoceano. E quando si parte da una simile posizione di vertice il rischio di una rovinosa caduta è sempre dietro l’angolo, soprattutto a causa delle bulimiche richieste di mercato che impongono ritmi di pubblicazione veramente massacranti che cozzano in maniera stridente con la garanzia di qualità e originalità delle trame imbastite.
Nel caso poi di scrittori seriali, qual è Connelly, occorre pure alimentare di volta in volta la “consecutio” delle vicende del protagonista e la cosa non è affatto facile. Basti pensare alle vicissitudini prima personali e poi professionali di Harry Bosch, agli inizi detective della LAPD, poi investigatore privato, quindi reintegrato nei ranghi della polizia nella sezione “cold case”.
Ma si viaggia sempre sul filo del rasoio. Alcuni famosissimi protagonisti di carta sono letteralmente “sclerati” tanto le proprie disavventure personali sono diventate complicate se non inverosimili e hanno finito per soppiantare la vicenda poliziesca. Altri sono congelati in un eterno “tira-e-molla” che alla lunga stanca il lettore e appesantisce le storie. Questo non pare essere capitato a Connelly. La serie di Bosch, dopo avvii folgoranti, si è stabilizzata tutto visto e sommato su un buon livello qualitativo. “L’uomo di paglia” è solo la seconda avventura di Jack McEvoy, personaggio ancora tutto da creare e la sensazione è che la coppia di protagonisti potrebbe ripresentarsi, magari in veste leggermente diversa, in futuro. Sarà forse proprio il fatto di essere soltanto una “seconda volta” e quindi una storia non troppo condizionata da vincoli e legacci di accadimenti precedenti, che fa si che questo romanzo sia una buonissima lettura che fila a meraviglia. Certo sicuramente lo splendore e l’inventiva degli esordi si sono un po’ appannati. Trovare qualcosa di sempre nuovo e veramente originale è sempre più difficile. L’assassino che incontrerete in questo romanzo non è sicuramente destinato a rimanere impresso nella vostra memoria in maniera indelebile né ad entrare nella storia del genere. Ma mannaggia quanto è ancora bravo Connelly.
La struttura e la robustezza della trama, il ritmo del racconto e l’amalgama della storia mostrano ancora la brillantezza degli esordi. Qui siamo di fronte ad un romanzo in cui l’indagine è tutta del protagonista, conoscendo noi praticamente fin dalla prima pagina il nome e il ruolo dell’assassino. In questi casi quindi c’è sempre il rischio che la suspense venga meno, perché il tutto ruota intorno a “come” e “quando” il protagonista riuscirà a beccare il killer.
La “pistola fumante” che inchioda l’assassino deve compensare a tutti i costi la mancanza della sorpresa finale legata alla rivelazione dell’identità del colpevole. E prontamente ciò avviene. In maniera logica, credibile, sensata. Ma anche fulminante. Tutto questo, unito poi ad uno stile di scrittura che rimane assolutamente fluido, una cura dei particolari maniacale, un sapiente uso di efficaci colpi di scena, nessun orpello inutile tanto per rimpolpare senza ragione il numero delle pagine, un senso del ritmo e della storia invidiabile, fanno si che anche questo romanzo, infarcito di continui richiami più o meno espliciti a “Il mago di Oz”, sia superiore almeno di una spanna a tantissimi altri prodotti che vengono lanciati a valanga (o a vanvera?), sul mercato. Ogni volta che si incomincia a leggere il nuovo romanzo di Michael Connelly è una sorta di ritorno a casa. E come dice Dorothy, verso la fine de “Il mago di Oz” “There’s no place like home – Nessun posto è bello come casa ”.


Articolo di Alberto "allanon" Cottini

Dettagli del libro
  • Titolo: L’uomo di paglia
  • Autore: Michael Connelly
  • Traduttori . Stefano Tettamanti e Giuliana Traverso
  • Editore: Piemme
  • Pagine 359
  • Data pubblicazione: ottobre 2011
  • Prezzo: euro 19,90

1 commento:

IL KILLER MANTOVANO ha detto...

Recensione pazzesca!!!
Grande Alberto :-)