"Così il mondo, quello che luccica, finisce per darti del provinciale per sempre. Un’etichetta che la gente della Bassa si porta addosso senza vergogna, anzi, con orgoglio, perché sa come va il mondo. L’Italia, l’Europa, il Piccola Russia: tutti siamo periferia."
“È un giallo in cui si ride molto”, questo il commento di molti lettori che Paolo Roversi ama ripetere e che caratterizza il suo ultimo romanzo “L’ira funesta” (Rizzoli, pag. 315, euro 17,00). Ambientato nella Bassa, il libro prende le tinte ed i colori della terra che si affaccia “all’improvviso, distesa dietro l’Appennino. Pigra e verde”. Roversi con un mix azzeccato di ironia e suspense racconta atmosfere, sapori, umori e odori, le peculiarità di un territorio ancorato a vecchie radici politiche che mantiene una sua identità e la riversa sugli abitanti. Vecchi e giovanissimi, sono i personaggi che si alternano nella trama gialla e che danno la visione di una terra in cui seppure la criminalità “era praticamente inesistente” niente passa inosservato nemmeno a un vecchio bracco “che sonnecchiava tranquillo sotto a un tavolo, e sapeva che, a pochi metri da lì, buttato i un fosso, fra l’erba alta e l’acqua bassa, c’era un cadavere, che aspettava paziente che qualcuno si accorgesse di lui”. Il cadavere è di Giuanìn Penna e il suo omicidio movimenta ancora di più le giornate afose del borgo conosciuto col nome di Piccola Russia, già agitate dalle manifestazione dell’ira del Gaggina. Il ragazzone “di centotrenta chili, alto come un trattore, capelli rasati salopette in jeans portata con le bretelle sul petto nudo”, il Gaggina, all’anagrafe Mauro Storchi, in astinenza da psicofarmaci si è barricato in casa con la nonna e degli ostaggi e minaccia concittadini e forze dell’ordine con una katana da samurai. Se il Gaggina è inoffensivo, ma per essere stanato vengono chiamati gli agenti del corpo speciale dei GIS, dell’assassino del Penna non c’è alcuna traccia. Cronisti e reporter arrivano al Piccola Russia per raccontare la vicenda del Gaggina e tra leggende metropolitane e pettegolezzi, l’unico ad occuparsi dell’indagine è il maresciallo Omar Valdes, sardo con alle spalle un passato misterioso. Incalzato e stimolato da una giornalista rampante e in competizione con un collega, Valdès, fa emergere le sue doti di detective d’esperienza e fa luce su entrambe le vicende.
Cristina Marra: Paolo, dopo Radeschi, il personaggio del maresciallo Valdes. Com'è stato affrontare un nuovo protagonista?
Paolo Roversi: Intrigante. Anche se non è stato difficile raccontare Valdes, la vera sfida è stata raccontare Gaggina il matto, autentico e sorprendente protagonista di questo romanzo
CM: La Bassa con le sue atmosfere ricorre sempre nei tuoi romanzi.Quanto conta per te l'ambientazione e quanto è importante per una trama noir?
PR: Moltissimo. Certe storie prendono forma nella mia testa prima, e sulla carta poi, solo perché le immagino in quel determinato contesto. Questa storia, poi, è talmente radicata nella Bassa che non avrei potuto ambientarla in nessun altro luogo.
CM: Il Piccola Russia diventa un territorio a sè dove il tempo pare essersi fermato. Esistono ancora luoghi così?
PR: Ne esistono tantissimi. La dimostrazione è che molti lettori mi scrivono da diverse parti d'Italia per dirmi che anche il loro paese assomiglia molto al Piccola Russia. Diciamo che il borgo che io descrivo rappresenta un po' tutti i piccoli comuni di provincia italiani. Da Nord a Sud.
CM: Schivo, disilluso,solitario, Valdes è un ottimo detective. Qual è il suo metodo d'indagine?
PR: Non crede nelle soluzioni facili. E nemmeno in quello comode.Un'indagine va portata avanti con certi crismi e necessita dei tempi giusti. A volte, poi, bisogna allontanarsi dal caso per poi poterlo riprendere in mano e vederlo sotto una luce diversa...
CM: Mass media, corpi speciali, eppure stanare il Gaggina è più semplice di quel che si crede. Quanto hai giocato con l'ironia per raccontare questa storia?
PR: Moltissimo anche se all'inizio non era voluto. Man mano che la storia prendeva forma, però, mi sono reso conto che il registro era spesso comico. "Questo è un giallo in cui si ride molto" mi hanno detto in tanti e io sono d'accordo.
CM: Ti sei ispirato a un personaggio in particolare per il Gaggina e la sua nonna?
PR: Per la nonna no, per il Gaggina invece sì. La sua è una vicenda realmente accaduta e che mi è stata raccontata: la storia di un matto che a un certo punto si barrica in casa e minaccia tutti con una katana... Da lì la mia fantasia si è sbizzarrita.
CM: Stai presentando il romanzo in giro x l'Italia. Come è accolto?
PR: Benissimo. A meno di un mese dall'uscita in libreria è già stato ristampato e continuano a invitarmi un po' ovunque a presentarlo.Presto sarò in Calabria (2 marzo a Siderno con Criaco e D’Agostino), poi in Puglia e perfino a Londra. Insomma il Gaggina è davvero apprezzato a livello globale.
CM: Scrittore ma anche direttore di MilanoNera e patron del festival NebbiaGialla.Come spieghi il successo del genere noir?
PR: La gente ama da sempre questo genere letterario. Le ragioni sono tante: per distrarsi, per mettersi nei panni dell'investigatore, per indagare il proprio lato oscuro...
CM: Progetti imminenti?
PR: Uno. E sarà una bomba ma per sapere di cosa si tratta dovrete attendere fino al Salone del libro di Torino...
Intervista di Cristina Marra
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