Spesso, sia nel cinema che nella narrativa, la cattiva qualità di un prodotto viene camuffata ricorrendo a furbi espedienti che confondono lettori e spettatori. Nei film ciò accade soprattutto quando prima del titolo campeggia un “dal regista di…” o “dal produttore di…”, come se questi fossero una garanzia a copertura di un prodotto mediocre. Nella narrativa, invece, questo compito ce l’hanno, sempre più di frequente, le famigerate fascette in cui l’editore “lancia” il libro.
Ebbene, se fino a oggi questa discutibile abitudine ha quasi sempre sortito effetti negativi, leggendo I cani di Roma, primo romanzo di Conor Fitzgerald, scrittore americano che vive in Italia dal 1989, la leggenda viene finalmente sfatata. Perché I cani di Roma non è il solito, l’ennesimo, giallo-thriller che va a stipare gli scaffali delle librerie, ma è una straordinaria opera prima.
L’autore sembra conoscere Roma meglio di qualsiasi romano, ambientando la sua storia in una metropoli malata e corrotta, durante un’estate torrida che toglierebbe a chiunque la voglia di imbarcarsi in un’indagine delicata come quella che vede al centro l’omicidio di Arturo Clemente, marito di una senatrice della repubblica, e impegnato in prima linea nella lotta contro il maltrattamento degli animali. Non per il commissario Alec Blume, americano trapiantato in Italia da bambino e rimasto orfano dopo la morte dei genitori uccisi durante una rapina, che però si troverà in mezzo a un’indagine per niente facile, perché dietro l’omicidio di Clemente si nasconde un vero e proprio mondo parallelo che lo porterà a scontrarsi contro amici (o presunti tali) e nemici.
Il primo aggettivo che viene in mente leggendo I cani di Roma è “ordinato”, perché Fitzgerald costruisce la storia con molta precisione e metodicità. Lo stile è essenziale, la penna dell’autore si muove quasi in punta di piedi, regalando al libro una scorrevolezza invidiabile. Siamo lontani dal classico giallo alla Agatha Christie in cui l’assassino viene rivelato solo nell’ultima pagina, il lettore comincia presto a sospettare dell’identità del colpevole, perché a Fitzgerald sembra interessare più la costruzione dell’indagine che la soluzione della stessa. Lo scrittore è come un ragno che con pazienza tesse la propria tela, col tempo e lo spazio che gli servono, senza farsi condizionare da elementi esterni. Non c’è neppure il “duello” finale tra poliziotto e assassino, la classica sfida all’Ok Corral, perché in fondo gli eventi drammatici che si susseguono lungo le quasi cinquecento pagine del libro sono un pretesto per scattare un’istantanea (inquietante quanto purtroppo reale) di Roma, Capitale d’Italia, caput mundi, ma ancora oggi vittima di un sistema che nei millenni non è mai cambiato:
«Mi ascolti, Alec. Roma è sempre stata così. Fin dal medioevo. Fin da prima. Da sempre. Chi pensa che fossero i Colonna? Gli Orsini, i Farnese, i Borghese, i Chigi, i Pamphili? Tutti i palazzi del centro, con le inferriate alle finestre e i muri spessi, a cosa servivano? Ogni famiglia controllava un’area, si combattevano e si ammazzavano fra loro e siamo andati avanti così.» […]
Una lettura davvero gradevole, pressoché priva di difetti e perfetta per l’estate, un’opera che come già successo in Gran Bretagna (dove è stata pubblicata la seconda avventura di Blume) sembra aprire un nuovo ciclo da tenere sott’occhio.Articolo di Marcello Gagliani Caputo
Dettagli del libro
- Formato:Rilegato
- Editore:Ponte alle Grazie
- Anno di pubblicazione2011
- Collana:Romanzi
- Lingua:Italiano
- Titolo originale:The Dogs of Rome
- Lingua originale:Inglese
- Pagine:470
- Traduttore:E. Banfi
- Codice EAN:9788862202558
- Prezzo: 18.60
4 commenti:
Bravo Marcello, mi hai fatto venire voglia di leggerlo. Romanzo molto interessante :-)
Bellissima recensione Marcello, mi hai fatto venire voglia di leggerlo .... e poi è ambientato a Roma;)))
Eh però a Roma sono più famosi i gatti dei cani!!!! :-) Devo ammettere che avevo scartato a priori questo libro, però forse una possibilità la merita...bravo Marcello!
Beh mi è venuta curiosità di leggerlo :)
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