Johnny Marr e Dorothy si sono incontrati “quando lei aveva sette anni e lui otto. E si erano subito innamorati quando lui aveva otto anni e lei sette. A volte succede”. Per lui, lei era “La donna che ogni uomo sogna sulla soglia della vita e rimpiange quando, alla fine, si volta indietro con il cuore”. Il loro era un amore più grande di ogni comprensione. “Una cosa più grande di loro”. Poi una dolce sera di maggio lei pare mancare al solito incontro. O peggio. C’è, ma nello stesso tempo non ci sarà più. Mai più. I capricci o l’invidia degli dei hanno separato i due amanti per sempre. Ma la vera morte è per colui che rimane. Per Johnny, quegli appuntamenti erano una vera e propria ragione di vita. Per i colpevoli, saranno appuntamenti di morte….
Con una prosa in cui non mancano toni di una sensibilità unica, che forse solo un autore omosessuale (come era Woolrich) riesce a toccare quando narra di un amore finito tragicamente, (parola di eterosessuale convinto. Non ci credete? Allora andate a leggervi sullo stesso tema, la poesia “Funeral blues” di Wystan Hugh Auden, anche lui omosessuale, si, quella del film “Quattro matrimoni e un funerale” –“….Non servono più le stelle, spegnetele una a una; imballate la luna smontate il sole, svuotate l’oceano, sradicate le piante. Perché ormai più nulla sarà importante……”) Cornell Woolrich riprende grosso modo la trama e lo schema narrativo del precedente “La sposa in nero” riscrivendo quasi un remake a sessi invertiti.
Nel primo Julie Killeen, neo sposa a cui è stato strappato il marito sul sagrato della chiesa, si trasformava in una sorta di fredda erinni per compiere la sua vendetta implacabile. In questo, invece, vi è un uomo a cui viene strappata la metà di quello che “era un amore incommensurabile, persino per loro due”. che smuove le montagne per punire i responsabili che hanno distrutto la sua vita.
L’autore sembra aver scritto questo romanzo quasi per correggere effettive o presunte imperfezioni o forse per ovviare ad una certa carenza di ritmo e coinvolgimento che io personalmente ho riscontrato nella “Sposa in nero”. In questo c’è molta più partecipazione emotiva, più suspense e la narrazione risulta decisamente più sostenuta. Alcune scene, come quella della cabina della nave verso la fine, sono memorabili. Tensione e angoscia allo stato puro.
Ogni appuntamento è una sorta di piccolo gioiellino noir, una gemma del genere, quasi un racconto a sé stante. Fino all’ultimo incontro. Appuntamento di morte, appuntamento d’amore. Ma poi cos’è mai l’amore se non “un disperato anelito verso qualcosa che non esiste?” Le pagine si girano con una velocità pari solo a quella con cui i foglietti del calendario volano via quando si sono compiuti i trent’anni. E Woolrich scrive un vero e proprio capolavoro. Con forse qualche incongruenza nella trama dal punto di vista cronologico. Magari un po’ retrò. Forse datato. Sicuramente oscuro. Triste. Doloroso. Un lamento di morte. Un lamento d’amore. Ma un capolavoro, comunque . In nero.
Articolo di Alberto "Allanon" Cottini
Dettaglio del libro
- Titolo: Appuntamenti in nero
- Autore: Cornell Woolrich
- Traduttore: Bruna Magnani
- Collana I Classici del Giallo Mondadori n. 239
- Pagine 170
- Anno 1976
5 commenti:
Recensione interessantissima di Alberto, che come sempre è esauriente e soddisfacente. La curiosità di leggere Woolrich ora è forte. Il libro ce l'ho in attesa, quindi durante l'estate non mancherò di affrontarlo.
"Appuntamenti in nero" è bellissimo e struggente. Se non ricordo male è l'unico a cui abbia potuto affibbiare un "eccellente" che pare pure stretto.
D'accordo in pieno con Allanon.
Fabio
Nonostante le tue 'esitazioni' è intrigante il tutto...
Interessante recensione. Ho letto tutto quello che è stato pubblicato di Woolrich (almeno tre volte). Complimenti a mettere l'accento sulla sua omosessualità, elemento portante della forza emotiva delle sue opere, della profondità espressiva.
Io invece, che potrei recitare a memoria questo romanzo tante sono le volte che l'ho letto (anche in originale, grazie alla mia buona conoscenza della lingua inglese) ed anche visto in televisione (mi riferisco al film francese con Didier Haudepin nel ruolo del protagonista, trasmesso nel 1976 dalla TV svizzera italiana e nel 1978 dalla Rai), non condivido il discorso sull'omosessualità. A parte il fatto che Woolrich non era omosessuale, quanto semmai misogino (si sposò una volta, con una donna ovviamente, e il matrimonio durò molto poco), personalmente non ritengo che la sensibilità narrativa abbia un rapporto con le proprie tendenze sessuali.
Duilio Mercati
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