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giovedì 13 gennaio 2011

Vendetta - R.J. Ellory (Giano 2010)


Vendetta - Un viaggio nella Mafia americana

Quartiere di Chalmette a New Orleans, estate calda (trent’otto gradi) “di una ferocia quieta”. Un garagista vede del sangue in una macchina parcheggiata maldestramente ad angolo, più precisamente una Mercury Turnpike Cruiser. Arrivo della polizia e nel bagagliaio viene trovato il corpo di un tizio massacrato con un martello a granchio, legati i polsi e caviglia con una corda di nylon, strappato il cuore e rimesso al proprio posto (segno di tradimento), sulla schiena una specie di disegno raffigurante la costellazione dei gemelli. A svolgere le prime indagini John Verlaine da due anni alla omicidi, poi interviene l’FBI e la cosa si complica. Ad essere ucciso è la guardia del corpo di Charles Mason Ducane, governatore dello stato della Lousiana, un pezzo grosso, insomma. Accompagnava la figlia Catherine di diciannove anni, che è stata rapita. Il rapitore chiede di trattare con Ray Hartmann, investigatore speciale a New York, vita dura con la moglie Carol e la figlia Jessica che si sono allontanate da lui per la sua violenza.
Ha perso il fratello Danny da piccolo sotto le ruote di una macchina e il padre per malattia, ora vive “in un fetentissimo appartamento di Little Italy”. Per trattare viene riportato nel posto in cui aveva passato i primi anni e allora affiorano ricordi, dolori, nostalgie, la storia della Mafia, delle grandi famiglie Gambino, Genovese, Valachi contro le quali ha combattuto. L’incontro con il rapitore, il cubano Ernesto Perez, è singolare. Non chiede riscatti di sorta ma solo di raccontare, di spiegare perché “sono stanco, sto invecchiando e penso che questa sia l’ultima occasione per far sentire la mia voce”.
Ed ecco svolgersi sotto gli occhi di un esterrefatto Hartmann, e sotto gli occhi di noi lettori, la storia della sua vita intrecciata con la storia dei popoli, con le storie dei pugili raccontate da suo padre l’”Uragano dell’Avana”, quelle di Sugar Ray Robinson, Jake La Motta, Rocky Marciano, il suo primo omicidio, la morte della madre uccisa dal padre, l’amicizia con un ragazzo, il suo forzato assassinio, l’amore, le donne, gli incontri con tutto un mondo bestiale, l’entrata nella mafia, l’uccisione del padre, il matrimonio con Angelina Maria Tiacoli, la nascita dei figli, il sentimento profondo per la famiglia.
Dunque tre piani di eventi che si intersecano: la vita personale e lavorativa di Hartmann; quella di Perez e, nel frattempo, l’accavallarsi delle indagini per capire quale sia l’obiettivo concreto del rapitore.
Entrano forti e compatti nel tessuto narrativo squarci di vita cittadina, il degrado, la miseria, il caldo soffocante che toglie il respiro, storie individuali mischiate con la storia sociale e politica e con quella di malaffare mischiate a sua volta fra loro. Una prosa dura, secca, che non lascia il posto a tentennamenti di sorta, lucida, come lucido il sentiero di vita di Perez costellato di morti e assassini nelle più svariate città: Cuba, Las Vegas, New York, Los Angeles, Chicago, di ricordi, di affetti che improvvisamente vengono alla luce subito abortiti o ricacciati in fondo dal gelo che lo opprime.
Due vite che si incontrano e scontrano con Hatmann che ascolta, cerca di capire, si arrovella (perché ha scelto proprio lui?), insieme al dolore per la famiglia, per la moglie e la figlia lontane. E intorno il baluginare degli eventi più grandi di loro, la Mafia, il malaffare politico, i grandi nomi di grandi (grandi?) uomini e donne del tempo, gli intrallazzi, gli imbrogli, i tradimenti, la vita sordida dei quartieri malfamati, dei froci, delle puttane, dei papponi violenti, il denaro che penetra nelle cose e tutto degrada e corrompe.
E poi il senso di solitudine, un ripensamento, un dubbio, una lacrima, un piccolo raggio di luce subito oscurato dall’ombra di un destino segnato dal male: gli spostamenti, i viaggi, gli incontri, la freddezza feroce, le gole strozzate dal filo di ferro, il colpo di pistola mortale. Il male, dicevo, che ammazza il male e si rigira, feroce, su se stesso.
E’ un bel libro, questo, di Ellory con un finale ricco di colpi di scena. Forse, ad essere pignoli, qualche momento scontato, quasi rivisto nella nostra memoria come in un film (vedi il Padrino), reso meno evidente dal taglio profondo del libro e dalla ricchezza della prosa.

Articolo di Fabio Lotti

Dettagli del libro
  • Listino € 20,00
  • Editore Giano
  • Collana Nerogiano
  • Data uscita 28/10/2010
  • Pagine 576, brossura
  • Lingua Italiano
  • EAN 9788862510721

9 commenti:

IL KILLER MANTOVANO ha detto...

Adoro questo uomo!!! Tra tutti gli scrittori che ho avuto il privilegio di conoscere, è il personaggio che mi ha maggiormente colpito. Una persona straordinaria.
Sicuramente una delle mie prox letture.

Martina S. ha detto...

Dopo aver letto il primo libro, Due piani sopra l'inferno, anche Vendetta è in wishlist. Confermo che Ellory scrive molto bene e usa il thriller per trattare anche di temi profondi, cosa che a me piace molto.
Un pochino di sana invidia per il Killer che ha avuto la fortuna di conoscerlo personalmente :-)

Anonimo ha detto...

Autocritica. Recensione troppo lunga e troppo ricca di dettagli. Preso dalla "passione" me ne sono accorto troppo (non c'è due senza tre) tardi.
Fabio Lotti

Frankie Machine ha detto...

La passione è sempre positiva, e la lunghezza non la trovo eccessiva, l'importante secondo me Fabio è che tu riesca a trasmettere l'intensità con cui ha vissuto il libro, e che sia da stimolo altrui perchè faccia lo stesso. Sono contento peraltro perchè non ti facevo di "tendenze" americane (anche se Ellory è UK, scrive come un amerikano), così entri nella mia parrocchia preferita. Ho già in coda La voce degli angeli e sono in attesa di Due piani per l'inferno, per me Ellory spacca, se continua così sale nella mia personale top ten.

Anonimo ha detto...

Guarda Frankie sono nato come lettore “classico” (sta per lettore appassionato del mystery) e continuo a leggere i “classici”, ma mi sono buttato con eguale energia anche sull’hard boiled, il thriller, il noir ecc…perché non voglio rimanere troppo indietro rispetto ai tempi e ai gusti delle giovani generazioni. Insomma un po’ mi scoccia fare la figura dell’ignorantone. Per quanto riguarda la lunghezza della recensione in genere sono più stringato ma qui su “Corpi freddi” mi lascio trascinare maggiormente dall’emozione e non vorrei scadere in un certo tipo di melensa, fastidiosa, spocchiosa, ampollosità.
Una domanda che faccio a te e anche agli altri fruitori del blog. Le aggettivazioni “divertente”, “interessante” ed “eccezionale” sono riferite alle recensioni o ai libri recensiti? Perché in entrambi i casi, ma soprattutto se riferito alle recensioni, l’”eccezionale” mi pare un aggettivo francamente esagerato, rispetto anche alle mie prove. Io trovo delle interessanti, buone e talora ottime recensioni ma di qui a considerarle eccezionali ce ne corre. Almeno questo è il mio pensiero, ma forse mi porto ancora appresso il classico tic dell’insegnante uggioso.
Mi farebbe piacere una tua risposta.
Fabio

Frankie Machine ha detto...

Entrambi caro Fabio, avendo già letto il libro, ma non ti fossilizzare sui termini, se vuoi una valutazione anobiiana sono sempre 5 stelle.

Anonimo ha detto...

Non mi fossilizzo sui termini ma l'"eccezionale" che non sia "eccezionale", cioè usato eccezionalmente, mi lascia dubbioso. Ma forse sono una eccezione...:)
Buon lavoro a tutti!
Fabio

Frankie Machine ha detto...

Propongo a Enzo di aggiungere un "notevole" così da poter usare "eccezionale" solo nei casi gravi XD.

Anonimo ha detto...

Capisco di cadere nel ridicolo ma è uno dei miei difetti. Io, per esempio, avrei aggiunto un "ottimo" e basta. L'"eccezionale" lo avrei proprio lasciato stare. Ma qui mi fermo che vedo già Enzone in pericoloso fermento...:)
Fabio