Corpi Freddi: Siete metà italiano e metà francese: raccontateci delle vostre origini italiane.
Gérard Roero di Cortanze: In realtà i miei due genitori sono italiani, ma sono nato in Francia. Ho molto spesso ricorso alla materia italiana. È il mio nocciolo duro, il mio centro vitale, la mia ferita di infanzia, il mio motore di scrittura, il mio futuro e la mia,così profonda, nostalgia. Discendo da parte di mio padre dai Roero di Cortanze, illustre e vecchia famiglia piemontese ; e da parte di mia madre da Michele Pezza, più conosciuto sotto il nome di Fra Diavolo. È una vera ossessione, un vero dilemma d'identità. Ho compreso molto tardi che venivo da questo paese dell'Italia, da una regione particolare ( il Roero, in Piemonte) e da un castello su una collina, a Cortanze. L'ascendenza materna è secondaria, più marginale, la faccia paterna piemontese occupo tutto il posto. Una ventina dei miei libri parla dell'Italia . Ogni libro mi permette di ricostituire il puzzle della mia Italia genealogica.
Giobert è come me un essere in esilio permanente, un ribelle, un isolato. La mia famiglia italiana fu esclusa perché straniera in Francia, escluso perché di ceto aristocratico, da parte del padre, escluso perché di ceto operaio, dal lato della madre. Ho vissuto un'infanzia solitaria, spostata, scorretta, profondamente refrattaria, sempre in ribellione, segnata dalla differenza, dalla difficoltà dell'accettazione. Talvolta mi sento vicino ad altri esclusi ; gli ebraici, gli omosessuali, i neri. L'uomo è profondamente reazionario, piuttosto il suo inconscio. Si ammette difficilmente l'altro, lo strano, lo straniero. È l'argomento fondamentale di questo libro : ecco perché l'uomo è un uomo blu in questo universo bianco dove spuntano talvolta alcune gocce di sangue.
Questo uomo dal viso blu, sono io, è il mio doppio, con le mie interrogazioni che sono le sue, con le sue angosce che sono le mie. Mi ricordo di un film straordinario di Joseph Losey che porta la data del 1958 “ Il ragazzino sulla strada verde”, la storia di un ragazzino messo al bando dalla società perché si svegliava un giorno coi capelli verdi. Giobert resterà tutta la sua vita un uomo con il viso blu, come me che resterò sempre un figlio di un aristocratico italiano, discendente di Fra Diavolo, l'aristocratico ed il bandito, il nobile e l'operaio. Ma questa biografia familiare, questo zoppicamento, come direbbe Cocteau, è ciò che mi fabbrica, ed è ciò che rivendico.
Liszt che non parlava una parola di polacco si sentiva innanzitutto polacco. Sono italiano piemontese per parte di mio padre, e napoletano per parte di mia madre. Tutti i miei libri parlano di questa Italia che mi abita. Una Italia doppia : aristocratico da parte di mio padre- dei cavalieri di Anversa che avendo partecipato alla prima crociata al ritorno si stabilirono in Italia -, operaio dal lato di mia madre il cui il padre faceva il muratore e suonava la fisarmonica nei balli del sabato sera. Roero di Cortanze da un lato, Fra Diavolo (Michele Pezza) dall'altro : l'aristocratico ed il bandito, ma anche il resistente, il ribelle. Nato francese, morirò italiano. Seguo molto attentamente l'attualità politico-culturale italiana. L'idea di una Europa che si balcanizza, di nazioni che vengano (oltrepassate dalle regioni) suddivise in regioni mi inquieta molto.
Ciò che accade in Belgio , sono Membro dell'accademia reale di lingua e di letteratura francese del Belgio, è essenziale per l'Europa : se il Belgio arriva alla spartizione, è tutta l'Europa che va a riversarsi in questa breccia, seguendone l'esempio. Sì, l'Italia è molto rappresentata : Magris, Citati, Tabucchi, Barbero sono degli amici di cui i libri e le idee sul mondo e la letteratura mi accompagnano. Uno degli avvenimenti più importanti della mia esistenza fu di essere fatto nel 2009 Commendatore della stella della solidarietà italiana, era un poco come se il paese dei miei antenati mi accettava una seconda volta nel suo seno. Il giorno del ricevimento, tutti i miei antenati erano là ai miei lati, così come mio padre e mio nonno, e beninteso i personaggi dei miei romanzi che sono anche i miei antenati che ecc.
CF: Da parte di vostra madre voi discendete dal bandito napoletano Fra Diavolo. Avete degli aneddoti che vostra madre vi raccontava quando eravate piccolo, su questo personaggio?
GRdC: Gli aneddoti raccontati da mia madre, Clara Pezza, si basavano più sui racconti di famiglia che sulla verità storica. Aveva al tempo stesso vergogna di questo antenato e allo stesso tempo ne rivendicava questo suo aspetto fuorilegge. Nel 2004, ho pubblicato un romanzo intitolato “ Banditi” che racconta gli ultimi anni di vita di Fra Diavolo, prima che sia impiccato nel 1806. Utilizzo molto la mitologia materna. Faccio di Michele Pezza, un giovane uomo di diciassette anni, innamorato pazzo di una certa Fortuna-Rachele, impegnato durante l'inverno del 1798 al fianco dei franchi tiratori della Santa Fede che lottano contro le truppe di Bonaparte. Invisibile, protetto da una muta di lupi e dai riti magici, datosi alla macchia alla ricerca della felicità.
Mia madre ne fa un eroe romantico animato da un prodigioso gusto di vivere. Ciò che riporto ed apprezzo di questo Fra Diavolo, è , al di là delle sue estorsioni, di avere lottato contro l'occupazione francese nel regno di Napoli. Il titolo del libro, " banditi ", non è scelto azzardatamente: durante l'ultima guerra mondiale, i tedeschi ed i fascisti, chiamavano coloro che resistevano "banditi ".
Mi sento un eterno resistente, un ribelle. Questa frase di Umberto Eco, estratto di " Cinque scritti morali ", è iscritta sulla porta del mio studio: " Libertà e liberazione sono un dovere che non finisce mai. Tale deve essere il nostro motto : non dimenticate. "
CF: Parliamo del vostro romanzo edito in Italia per Garzanti, "Il colore della paura" ("Indaco" in francese). È una favola nera, o meglio blu-indaco. Come avete avuto l'idea di questo romanzo?
GRdC: Per la prima volta da quando ho cominciato a scrivere, non sò con certezza da dove viene questo libro. Si è imposto a me con forza evidente, come il risultato tangibile ed immediato di quella che alcuni chiamano “ ispirazione”. È arrivato fino a me tutto intero, in un solo getto. La sola cosa che posso dire, è che sono stato scosso da una frase terribile di Jean Giono. L'avevo annotata in un piccolo taccuino: " bisognerebbe vedere un uomo che sanguina e mostrarlo nelle fiere. Il sangue è il più bello dei teatri. " Questa frase strana rievoca il teatro della vita ed il colore rosso, mentre Indaco parla di un uomo che insegue una sfumatura di blu che non smette di fuggirgli.
Questo uomo, dal viso interamente blu, parte alla ricerca del male che è in lui, e dunque del bene. Indaco è un libro pieno di terrore e di dolcezza, di amore e di odio. Un libro intimo sulle domande che si pongono gli uomini. Quale è il mio posto sulla terra, quale ruolo devo giocare? Rispondo alle domande che mi sono posto scrivendo dei libri. Nel “ L'estasi materiale” JMG Le Clézio, domanda ,: " Un libro a che cosa serve ? " Faccio mia la sua risposta: " Serve a nascondere le cose, affinché gli altri non le trovino. "
Il mistero del nostro destino è racchiuso in due concetti fondamentali che si trovano alle due estremità della nostra vita, nella quale si manifesta. Da un lato il male, dall'altro il bene. L'uomo, diventato questo essere dotato di intelligenza e di libertà, è capace di mettersi al servizio del male in modo radicale, al servizio di un male senza fondo. Quando l'uomo pratica la tortura, la sua immaginazione- perché l'intelligenza comprende questa immaginazione diabolica- gli permette di infliggere alla sua vittima delle sofferenze inaudite. Ed è qualcosa di spaventosamente efferato per l'uomo. In nessun recesso più lontano dell'universo, si raggiunge un tale grado di crudeltà. Dal altro lato, questo stesso uomo dotato di intelligenza, di immaginazione, di libertà, può mettere tutta questa intelligenza, questa immaginazione, questa libertà, al servizio di qualche cosa di più grande di lui, e dedicarsi ad una forma di creazione che lo eleva sempre più in alto.
Tocchiamo appena di un dito un ben più profondo mistero. L'uomo usa il linguaggio per dire qualcosa e finalmente questo qualcosa rivela un'essenza più grande di quello che egli è . C'è Schubert, un essere tormentato sempre, sempre deluso che muore a trentasette anni tra dolori atroci, e che, superando questa carcassa di miseria, crea una musica ineffabile.
In realtà, il personaggio principale del COLORE DELLA PAURA è l'indaco, un personaggio a pieno titolo, un essere vivente che si insinua in ciascuno dei personaggi, che investe il loro inconscio e che conduce tutta una regione alla sua distruzione . L'indaco è un tipo di peste, di colera. Un'invasione, una colpevolezza.
CF: Da dove viene questa ossessione per il colore blu?
GRdC: Quando si parla di un colore, tutti i problemi si pongono allo scrittore nello stesso tempo: fisici, chimici, materiali, tecnici, tanto iconografici quanto, ideologici, emblematici, simbolici. Diventa la storia di un colore perchè si immerge lì la storia dell'umanità, la storia dell'uomo in questa umanità. L'indaco è un colore particolare che cambia significato col passare dei secoli , per il quale si batte e si uccide e che cristallizzo in delle domande economiche, simboliche. È un colore che uccide e che fa nascere. Intorno a lui gira ciò che fa l'essere umano, capace di tutti gli orrori e di tutte le bellezze. È la domanda stessa della creazione del mondo e dell'uomo: perché creare un essere, l'uomo, il solo della natura a possedere una tale intelligenza ed il solo a metterla al servizio degli orrori più insopportabili. Indaco è un libro metafisico. Un piccolo passo verso il riscatto.
Una discesa nel cuore stesso del male che ciascuno possiede in sé e che può prendere ogni momento il sopravvento. Nello stesso tempo, IL COLORE DELLA PAURA è un romanzo ottimista che difende l'immagine di un uomo che prova a sostituire le sue tenebre con la luce. Giobert è all'incrocio delle due strade. Annuncia un uomo nuovo. Non è portatore di una verità eterna ma solamente una tappa nella storia continuamente in evoluzione di ciò che si sa e di ciò che non si sa.
Sono convinto che si scriva sempre lo stesso libro, che si scava sempre lo stesso solco. Il mistero è : può questo libro unico racchiudere parecchi visi, come se il romanziere ponesse la sua cinepresa, la sua macchina fotografica in differenti luoghi di una stessa scena dandone una diversa versione ? Su questa versione si stampa il tempo che passa, i dubbi, i fatti storici rivisitati. È come il pittore di Jorge Luis Borges che passa la sua vita a dipingere dei fiumi e delle montagne, dei continenti, dei sentimenti, delle idee, e che, alla fine della sua vita non ha dipinto niente altro che il suo ritratto.
(************* qui ha ripetuto le stesse frasi iniziali della domanda precedente credo che metterla sia superfluo comunque sono queste : Per la prima volta da quando ho cominciato a scrivere, non sò con certezza da dove viene questo libro. Si è imposto a me con forza evidente, come il risultato tangibile ed immediato di quella che alcuni chiamano “ ispirazione”. È arrivato fino a me tutto intero, in un solo getto. La sola cosa che posso dire, è che sono stato scosso da una frase terribile di Jean Giono. L'avevo annotata in un piccolo taccuino: " bisognerebbe vedere un uomo che sanguina e mostrarlo nelle fiere. Il sangue è il più bello dei teatri. " Questa frase strana rievoca il teatro della vita ed il colore rosso, mentre Indaco parla di un uomo che insegue una sfumatura di blu che non smette di fuggirgli.
Questo uomo, dal viso interamente blu, parte alla ricerca del male che è in lui, e dunque del bene. Indaco è un libro pieno di terrore e di dolcezza, di amore e di odio. Un libro intimo sulle domande che si pongono gli uomini. Quale è il mio posto sulla terra, quale ruolo devo giocare? Rispondo alle domande che mi sono posto scrivendo dei libri.***************)
CF: L'impiego nella memoria storica nel vostro romanzo è veramente considerevole, sia per descrivere i fatti sia per caratterizzare i caratteri. Quanto studio di questa epoca c'è dietro il tuo romanzo?
GRdC: Hemingway cita spesso questa frase di Kipling : " Procuratevi i vostri fatti e deformateli. " È esattamente la mia problematica, la mia “teoria” di scrittura. Sono persuaso sempre più che la verità è tanto più cruda di quanto non sia quella inventata, che lo scrittore deve accordarsi con lo strumento dell'esistenza. Allora, quando scrivo questi libri, situati storicamente nel passato, per parlare meglio del presente, perché ciò che mi interessa innanzitutto è la descrizione del presente, attingo a tre sorgenti.
La prima è costituita dalla memoria familiare, il colpevole, romanzato, parziale-imparziale. La storia dell'Italia raccontata dai membri di questa famiglia di aristocratici piemontesi e di banditi napoletani, di persone del nord e di persone del sud, dei guerrieri nobili vicini della casa di Savoia e degli operai muratori che suonava la fisarmonica nei balli del sabato sera.
La seconda sorgente è quella degli archivi familiari che esistono, che posso consultare qui e là , che sono dei documenti di " prima mano ", e che fanno da fonte : tale lettera, tale manoscritto, tale libro che appartiene a tale biblioteca, tale oggetto, etc .. Per esempio il quadro del mio antenato Ercole Tommaso, Viceré della Sardegna, che troneggia nel mio ufficio, dopo che l'ebbi cercato durante gli anni, è al centro di due dei miei libri : “Aventino” ed “Una camera a Torino”..
Infine, la terza sorgente, quella dei libri consultati per scrivere IL COLORE DELLA PAURA . Delle decine di libri sulla fabbricazione del colore, la Savoia al 18 ed al diciannovesimo secolo. È uno straordinario momento, quello dei viaggi. Una delle grandi felicità del lavoro dello scrittore, è il momento dove si legge per scrivere, dove ci si documenta. Passare delle ore in compagnia di un tassidermista del 18secolo, di un medico che fa delle ricerche sull'ipnosi, la suggestione, l'alba di ciò che non si chiama ancora la psicanalisi, delle leggende savoiarde tramandate nei secoli, delle guide che descrivono il passaggio in pieno inverno della Francia in Italia per i colli innevati, è una felicità senza nome.
Ritorno a ciò che dicevo precedentemente: procurarsi la verità e deformare poi tutta la conoscenza per la causa. Un esempio : in “Banditi”, Fra Diavolo assiste alla prima dell'opera di Auber, ( intitolata ) Fra Diavolo. Michele Pezza è morto nel 1806 e l'opera di Auber è del 1830 ! Ma l'idea che il bandito possa assistere ad un'opera che lo mette in scena ridicolizzandolo, mi sembrava interessante.
CF: grazie mille per l' intervista concessa per i Corpi Freddi ^_^
Alta Savoia, 1859. La neve avvolge in una coltre silenziosa la piccola cittadina di Rumilly. Due bambini corrono a perdifiato nel bianco sterminato. Per festeggiare il loro decimo compleanno hanno deciso di sfidare la proibizione paterna e intrufolarsi nella tenuta del Castello. In punta di piedi si avvicinano alla finestra e incollano il naso al vetro. Devono scoprire se quello che si racconta del padrone di casa è la realtà.
Quello che vedono è ancora più sorprendente delle voci di paese. Il canarino rinchiuso nell'elegante gabbia dorata è davvero tutto blu, e dello stesso colore è il viso del suo padrone: Jean-Antoine Giobert, che vive da sempre isolato in quell'edificio in rovina circondato dai campi di Isatis tinctoria, una pianta che fornisce un particolarissimo colore blu. Unico superstite di una famiglia massacrata durante la rivoluzione, il ricco signorotto non ha che un'unica passione e ossessione: l'indaco. Lo studia e lo sperimenta in ogni sua sfumatura e gradazione, per poi venderlo a peso d' oro. Tutta la sua esistenza è dedicata alla ricerca del blu perfetto, puro, su cui scrive da anni un poderoso trattato e per il quale partecipa anche a bizzarri concorsi per la premiazione del colore più perfetto. Concorsi che vince l'uno dietro l'altro senza timore degli avversari. Ma nei giorni successivi a questi concorsi vengono scoperti efferati delitti che sono pericolosamente simili ai deliri onirici di cui Giobert è preda ormai da molte notti. Per sfuggire al dubbio e scagionarsi, l'uomo è costretto a intrecciare la ricerca del blu assoluto con quella dell'assassino in una spirale cupa e ipnotica.
Un romanzo enigmatico, poetico e coinvolgente che dipinge tutta la crudeltà del nostro essere interiore, penetrando nei meandri più nascosti e proibiti dell'animo umano. Una vera e propria favola del male, acclamata da tutta la critica letteraria d'oltralpe e che ha conquistato il cuore di lettori e librai.
Dettagli del libro
- Prezzo:€ 18,60
- Editore Garzanti
- Collana Narratori moderni
- Data uscita 21/10/2010
- Pagine 304, rilegato
- Traduzione di Doriana Comerlati
- Lingua Italiano
- EAN 9788811681762
Articolo e Intervista di Enzo "BodyCold" Carcello
Traduzione di Martina "PalazzoLavarda" Sartor e Daniela "eccozucca" Contini
2 commenti:
Libro particolare di un autore ancor più particolare, a legger l'intervista. Sembra molto interessante... mumble mumble...
Qualcuno l'ha già letto?
lo stò leggendo Martina..per il momento posso dirti che è molto attento ai particolari, mi ricorda un pò il Manzoni con i suoi promessi sposi..dettagli su dettagli..non ti anticipo altro..dovrai leggere la recensione..:))
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