Charlie Chan e il cammello nero
Arriva l’ispettore della polizia di Honululu…
Creato nel 1925 con “La stanza senza chiavi” dal giornalista e critico teatrale Earl Derr Biggers, il cinese Charlie Chann, ispettore della polizia di Honululu, è piccolo, abbondantemente grasso, si muove con una leggerezza vellutata, guance morbide, pelle color avorio, occhi obliqui (naturalmente). Un impasto cino-americano intriso di lieve umorismo che conquistò gli americani stessi. Dalle sue avventure furono tratti più di quaranta film, alcuni dei quali con un interprete davvero eccezionale: lo svedese Warner Oland che rappresentava in maniera perfetta il personaggio (per essere nordico aveva un aspetto orientale). Nella letteratura del tempo l’uomo con gli occhi a mandorla è visto infido, perverso e maligno. Con il nostro cinese, modi garbati e amabile fino all’eccesso, Earl volle fornire “un ritratto più corretto di quella razza”.
Veniamo a noi: Shelah Fane, attrice di Holliwood alla fine della sua carriera, sbarca alle Hawaii per le ultime riprese di un film insieme al regista e a tutta la troupe. Alan Jaynes, innamorato pazzo (e pure ricco) le chiede di sposarlo, ma lei rifiuta su consiglio dell’indovino Tarneverro. Durante un ricevimento organizzato da lei stessa, Sheila viene trovata morta nel proprio appartamento pugnalata al cuore. L’ispettore Chan della polizia di Honululu, arriva con un “viso placido dietro al quale sembrava non ci fosse vita”, “grosso”, “tarchiato e massiccio”. In effetti “avrebbe preferito una vita di calma meditazione” ma il destino è destino e “La morte è un cammello nero che s’inginocchia, non invitato, davanti a ogni porta”.
Si scopre che Shelah sapeva chi era l’assassino di Denny Mayo, un attore ucciso tre anni prima nella sua casa e che ora si trovava a Honululu (il classico passato che ritorna nel presente). Tutto ruota intorno alla figura di Chan che osserva “pensieroso e cauto” e si dispiace ancora per la morte di qualcuno. Diversi particolari da tenere a mente: una lettera di Shelah sparita tra le mani di Chang stesso che si becca pure un cazzotto (naturalmente sa reprimere l’ira), un uomo misterioso che ha lasciato il villino con una camicia macchiata di sangue, una foto che fa piangere Shelah strappata in mille pezzi, un barbone che si aggira nei dintorni, un orologio che non dice la verità, addirittura uno dei personaggi che si auto accusa del delitto, un ricatto, un pezzo di sigaro, una bella spilla sparita ecc…
Chan è un animale notturno come i cinesi, fuma il sigaro, famiglia numerosa con moglie larga quasi quanto lui, una brancata di pargoli più o meno cresciuti (undici!), scontri inevitabili con loro e rimpianto per “i vecchi sistemi, le vecchie abitudini”, ma non può farci niente (sospirone). Suo braccio destro il giovane Kashimo che “conosce ogni fessura, ogni crepa del piccolo mondo della malavita”. Dubbi, incertezze, scoperte, discussioni con il Capo, la luce, la soluzione finale, “Chi sedeva su quella sedia è l’assassino”.
Al centro della storia giustamente ingarbugliata il nostro Charlie Chan, quasi sempre “amabile e sorridente”, pronto con i convenevoli perché “ammorbidiscono”. Se stuzzicato, però, da un bell’imbusto inglese (mi pare) risponde a tono sulla razza “barbara” dei cinesi, una razza “che era impegnata a inventare l’arte della stampa quando in Gran Bretagna i gentiluomini si colpivano ancora l’un l’altro sulla testa con mazze chiodate”. Tiè!
E con la sua saggezza orientale di proverbi e aforismi vari: “Se qualcuno non avesse lodato il suo raglio, l’asino non raglierebbe più”, “La fretta è il vento che distrugge le impalcature”, “Cosa può un uomo pensare sotto un albero pieno di uccelli?”, “E’ l’uccello che sceglie l’albero, non l’albero l’uccello”, “L’uomo saggio, sapendo di essere sospettato, non si china ad allacciarsi le scarpe in un campo di meloni” (questa è bellina, ma perché proprio in un campo di meloni?), “L’uomo che sta per attraversare il fiume non dovrebbe insultare la madre del coccodrillo” (Io serberei il massimo rispetto perfino ad un suo biscugino alla lontana).
In una famosa parodia di Peter Sellers “Domande è come carta igienica vetrata: a lungo andare molto irritante”. Scusate, ma mi è venuta una specie di prurito…
Grazie tante, Biggers!
P.S.
Non c’è niente da fare. Un bel personaggio riuscito è l’anima di ogni romanzo poliziesco. Vorrei dire di ogni romanzo.
Articolo di Fabio Lotti
Dettagli del libro
- Formato: Brossura
- Pagine: 297
- Lingua: Italiano
- Editore: Polillo
- Anno di pubblicazione 2010
- Codice EAN: 9788881543403
- Traduttore: L. Volpatti
5 commenti:
“La morte è un cammello nero che s’inginocchia, non invitato, davanti a ogni porta” è eccezionale! Ottimo Fabio, come al solito...
Prendo una pausa dai bagordi festivalieri per dare una occhiata al mio amato sito. Quale migliore occasione del sabato con l'angolo dedicato al giallo classico? Bravissimo Fabio come al solito, la serie di recensioni dedicati ai fantastici Bassotti Polillo si arricchisce di un nuovo pezzo pregiato.
Mai letto nulla con Charlie Chan. Fabio, dici che è una mancanza grave?
@Martina.
Da galera...:)
Devi scoprire questo personaggio, per forza, Martina.
Fabio
@Fabio: eheh, me l'aspettavo da te un commento così! Dovrò rimediare...
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