Riprendo in mano e rielaboro un vecchio pezzo messo in naftalina per stuzzicare la curiosità dei miei corpicini freddi. In un precedente articolo abbiamo visto quanto “sfigate” siano molte vite dei personaggi (http://corpifreddi.blogspot.com/2009/11/la-paura-della-sfiga-fabio-lotti.html ) delle amate letture. E le cose da quel momento, mi pare, non sono cambiate (d’altra parte il lasso di tempo trascorso è breve) che le disgrazie pullulano e saltellano giulive ancora come le trans e le escort nel letto dei nostri politici (detta e ridetta ma mi piace l’idea del saltellare).
Oggi puntiamo l’occhio, invece, su alcune vite degli autori per vedere come se la sono passata e come se la stanno passando. Una sbirciatina in maniera veloce tanto per farci un’idea e trascorrere un po’ di tempo fra noi.
Basta partire da quella del capostipite del romanzo poliziesco. Parlo di Edgar Allan Poe. Tutti (o quasi) la conoscono. Non c’è bisogno di farla lunga. Vi troviamo un intermezzo inglese, buoni studi, un matrimonio con una cugina tredicenne il cui aspetto fragile ed etereo gli ricorda la madre morta di tisi e, soprattutto, l’alcol. Una vita tutta genio e sregolatezza dove è difficile assegnare la palma all’uno o all’altra (ricordo in suo onore “Nel cuore del buio”, una raccolta dei più famosi racconti curati amorevolmente da Michael Connolly, Piemme 2009, con l’apporto di venti autori di trhriller “che celebrano qui il bicentenario della nascita del genio americano riconoscendo il loro debito nei suoi confronti”). Qualcosa di simile con quella di Raymond Chandler basata su una educazione vittoriana, la buona scuola, il matrimonio con una “mamma” più vecchia di lui e, ancora una volta, l’alcol.
Ecco, le sbevuzzatone alcoliche sono una costante comune di molti giallisti di razza (anche di letteratoni, a onor del vero e di gente “normale”, se proprio devo dirla tutta), soprattutto della scuola dei duri americani. Ricordo Dashiell Hammett, una vita di lavori precari, la separazione dalla moglie, la tubercolosi, il processo durante il periodo del maccartismo. Conclusione: finisce povero e solo.
L’alcol lega fra loro anche tante vite dedite ai cosiddetti noir e ad altre diramazioni giallistiche. Rallegrate dalla galera per renderle più frizzanti. Vedi quella di Edward Bunker, per esempio, l’autore di “Come una bestia feroce” e “Autobiografia di una canaglia”, per rinfrescare la memoria. Ai gorgogli bruciabudella si aggiungono tutta una serie di collegi, riformatori e, dulcis in fundo, il carcere di San Quentin. Ma lui non se la prende troppo e diventa perfino attore e sceneggiatore dei film tratti dai suoi libri (quando si dice un forte carattere).
Di James Ellroy basta il nome per evocare immani tragedie e lutti personali (tipica frase fatta) come l’assassinio della madre, l’alcol, la droga, la delinquenza, il carcere minorile, la depressione, i ricoveri ospedalieri. Di tutto e di più ed è ancora vivo e vegeto a dimostrazione della testarda resistenza della natura umana (o è lui che non è umano…).
Anche James Lee Burke, quello di “Pioggia al neon”, ha dovuto sopportare sacrifici durissimi. Nessuno voleva pubblicargli i suoi libri fino a quando ha conosciuto l’agente letterario Spitzer (anche gli agenti letterari hanno un’anima). E in galera per rapina a mano armata c’è finito pure Chester Bomar Himes che ha lasciato una serie di polizieschi basati sul problema del razzismo. Si ricordano i due detective neri Coffin Ed Johnson e Grave Digger per il loro soprannomi rispettivamente Ed la Bara e Jones lo Scavafossi che sono tutto un programma e ti mettono un’allegria addosso….
Chi non conosce la storia di Stephen King ? (altra frase fatta). Si sa che in un dato periodo della sua vita ha sniffato tanta coca da dover lavorare con i tamponi al naso e di avere recitato il discorso di addio alla madre completamente ubriaco. Aggiungo un incidente stradale investito da una macchina con conseguenti interminabili operazioni (sfigato è dir poco). E chi non conosce quella di Howard Philips Lovecraft, il padre del genere horror, condannato praticamente all’isolamento completo nella più tenera età? Mal di testa continui, esaurimenti nervosi, difficoltà a trovare lavoro.
Oltre alla sfortuna e all’alcol qualche volta ci si mette di mezzo anche la politica. Così accade per Jim Thompson (si dice che fosse “alcolizzato, vagabondo, donnaiolo”) che ha influenzato l’evoluzione del noir dopo gli anni cinquanta. Ispiratosi a Marx nei suoi libri critica la famiglia, il matrimonio e il lavoro (per lui il male è dappertutto e non c’è nemmeno da dargli torto). Così succede in Francia a Leo Malet. Orfano allevato dal nonno bibliofilo, vaga per il suo paese, soprattutto da una parte all’altra di Parigi, fa mille mestieri, ha amicizie anarchico-surrealiste. I suoi personaggi sono oppressi dalla società, da se stessi, da tutto. Unica alternativa la ribellione (ogni tanto ci sta bene).
In Italia ricordo Scerbanenco. Personalità burrascosa, anche lui mille mestieri e si becca pure la TBC. Al sanatorio una bella scoperta: lo zabaione e unico argomento le donne. La sola infermiera che deve assistere molti malati diventa una specie di Circe. Poi contabile in una grossa ditta ed infine assunto in redazione alla Rizzoli. Il fatto più eclatante è che scriveva, scriveva e scriveva. Se ci fosse stata la possibilità di reincarnarsi in un oggetto sono sicuro che sarebbe diventato una macchina da scrivere.
Fin qui mi sono accorto di avere parlato solo di uomini ( la fila sarebbe ancora lunga). E le donne? Beh, anche su di loro si può dire qualcosa. Ho proprio sotto gli occhi “Undici calze di seta” di Craig Rice, Polillo 2004, il cui destino non è poi così difforme da quello dei maschietti sopra citati. Praticamente abbandonata dai suoi genitori in giro per l’Europa a divorziare e a risposarsi anche lei prende questo vizietto e contrae cinque matrimoni (la mi’ nonna!) da cui vengono fuori due figlie ed un figlio. Sorda da un orecchio e cieca da un occhio (per non far torto all’uno dei due sensi) è attratta dalla bottiglia tanto che deve essere ricoverata al Camarillo State Hospital per alcolismo cronico. Per due volte tenta il suicidio. Viene trovata morta nel suo appartamento di Los Angeles a soli quarantanove anni probabilmente “per un micidiale cocktail di alcol e farmaci”.
Poi c’è Christianna Brand che non beve ma nella vita si dà da fare: “governante, commessa, ballerina, modella, segretaria, insegnante di danza, standista e decoratrice d’interni”. Quando si mette a scrivere per lei è una bazzecola (e me la immagino a tirare un sospiro di sollievo).
Chiudo con Mary Rinheart. Era una scrittrice americana nata a Pittsburg nel 1876 da una famiglia molto povera il cui padre, tra l’altro, muore suicida e la madre rimane paralizzata in conseguenza di una grave ustione (sembra pari pari il personaggio di un libro). Una esistenza tribolata fino a quando riesce a pubblicare, proprio negli anni sopra citati, due romanzi polizieschi “Lo sconosciuto del vagone letto” e “La scala a chiocciola” che cambiano, almeno in parte, il corso tradizionale del giallo.
Non c’è scampo per personaggi e autori. Vite dure, difficili. Sia nella fantasia che nella realtà. E allora un grazie di cuore per tutto quello che ci hanno dato mi viene proprio spontaneo. Magari insieme ad un goccetto per tirarci un po’ su il morale.
Articolo di Fabio Lotti
14 commenti:
Dice vecchio saggio cinese:
se vuoi lidele,lidi con denti...
se non hai denti,lidi con mani...
se non hai mani, lidi con occhi...
ma se non hai ne mani, ne denti ne occhi....
ma che ca**o ti lidi???
Ma... di normali e non sfigati non ce n'erano nella Golden Age?
Grande Fabio...
Io direi un grande Enzone...:)
Fabio
Quello che mi piace di Fabio è l'umiltà, la spontaneità e la voglia di non prendersi troppo sul serio.
Ciò non riesce comunque a nascondere la sua IMMENSA conoscenza della materia.
Un maestro.
Complimenti davvero.
@Lofi.
Scusa Lofi. Ho letto e riletto il tuo intervento ma ancora non sono sicuro della interpretazione. Puoi illuminarmi in modo, magari, che ti possa rispondere?
Fabio
@Fabio: trattasi di barzelletta/storiellina divertente (a chi fa ridere ovviamente) che per associazione di idee mi è parso carino affiancare alla vignetta pubblicata da Enzo e al pezzo ironico da te postato Soprattutto nelle prime righe dove dici "In un precedente articolo abbiamo visto quanto “sfigate” siano molte vite dei personaggi (http://corpifreddi.blogspot.com/2009/11/la-paura-della-sfiga-fabio-lotti.html ) delle amate letture. E le cose da quel momento, mi pare, non sono cambiate (d’altra parte il lasso di tempo trascorso è breve) che le disgrazie pullulano e saltellano giulive ancora come le trans e le escort nel letto dei nostri politici" si parlava di sfortuna sorridendo e ho voluto dare il mio contributo. Spero di essere riuscito ad illuminarti.
L'illuminazione è stata completa ed esauriente a dimostrazione che con il passare degli anni...:)
Fabio
A proposito di s...a!
Tsutomu Yamaguchi si è meritato il titolo di uomo più sfortunato in assoluto in periodo di guerra. Yamaguchi si trovava in viaggio d'affari ad Hiroshima il 6 agosto 1945, giorno in cui esplose la prima bomba atomica. Soffrì di numerose ustioni, passando la notte in ospedale. Nonostante le ferite, decise di tornare a casa il giorno dopo: peccato che la sua città natale fosse...Nagasaki!
Yamaguchi poteva, nonostante tutto, ritenersi fortunato: era sopravvissuto ad entrambe le atomiche (forse caso più unico che raro), ma di certo il tempismo non era la sua dote migliore. Per la cronaca è morto quest'anno all'età di 94 anni.
Che culo!
Fabio
Grandissimo Fabio!!!!!
Sono contento dei vostri apprezzamenti. Questo è l'ultimo pezzo di carattere generale. Enzone il tirannosauro rex vuole così e non c'è da dargli torto visto lo share. Mi farò sentire con qualche recensione.
Tra pochi giorni me ne vado A Senigallia per un torneo di scacchi. Speriamo bene!
Un bacione a tutti.
Fabio Lotti
Sir Lotti...mi inchino ^_^
Un uomo, un mito.
Buone ferie!
Bacioni
Barbara
Un mito sì, un uomo, insomma...:)
P.S.
Spero venga letta con lo spirito gusto.
Complimenti per il bellissimo articolo , più che interessante!!! :)
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