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sabato 19 dicembre 2009

Pensieri GialLotti

Il titolo stesso lo dice. Sono pensieri miei che nascono così di getto da letture, ricordi, riflessioni di una vita di auscultatore (sì, proprio come l’ho scritta) di idee altrui. Obiettivo una lettura piacevole con qualche mia “invenzione” lessicale che vi farà saltare dalla sedia ( esempio sopra riportato) e un po’ di humour. Non cercateci altro perché non c’è.

Il tempo nel romanzo poliziesco


Lasciate perdere il titolo, sciagurato esempio di snaturata iperbole, e veniamo a noi. Prima di tutto il tempo come fattore meteorologico. “Milano era avvolta nella pioggia. Non la nervosa allegra pioggia primaverile, una pioggia sottile, penetrante, uggiosa e uguale, minutissima e triste”. Siamo in La morte segue i magi di Hans Tuzzi, Bollati Boringhieri 2009, ultimo libro che ho sotto mano mentre scrivo che mi ha offerto lo spunto per questo pezzo. Altro spunto addirittura dal titolo Pioggia battente di Massimo Cassani, Sironi 2009. E siamo sempre a Milano.
La pioggia la fa da padrona in una caterva di romanzi polizieschi (evito di proposito le citazioni di libri più vecchi). Pioggia monotona e triste a creare un’atmosfera, a caratterizzare un personaggio (a volte è addirittura l’ombrello al centro dell’attenzione), a suscitare un senso di fastidio. O pioggia torrenziale annunciata da cupi brontolii e lampi accecanti, foriera di orribili presagi. Ma anche pioggia che lava, che porta via, che purifica il corpo e l’anima, suggello di una nuova vita. In ogni caso incontro terra-cielo a significare lo stretto legame tra la natura in qualche modo terrena e quella divina. Una realtà vera e una imperscrutabile. E se non c’è pioggia c’è nebbia o foschia (o entrambe insieme) a rendere tutto umbratile e misterioso. E anche appiccicaticcio…(brrrrrrrr!!!).
Per quanto riguarda le stagioni il nostro ipotetico autore giallistico nutre, non so se vi è dato nell’occhio, una spiccata predilezione per due di esse: l’estate e l’inverno. E le altre non si offendano (anche perché sembrano proprio scomparse come entità meteorologiche).
E mica un’estate, diciamo normale, con il caldo che riscalda (appunto) il corpo (la parola mi riporta alla memoria di Corpi al sole) e ti lascia in uno stato di incosciente dormiveglia. Troppo comodo per tutti i personaggi della storia e anche per i lettori che vi si immedesimano. Il caldo deve essere opprimente ed asfissiante, il sole una palla di fuoco che ti brucia gli occhi e la pelle (. In Crime di Irvine Welsh, Guanda 2009, il protagonista Ray Lennox “si sente andare arrosto” e siamo addirittura in inverno, anche se è quello di Miami), la mente con la lingua penzoloni, la città desolatamente vuota e l’assassino pronto a tirar fuori pistola o coltello (lui solo non soffre la canicola) e fare un macello (la rima mi è venuta per caso).
Anche l’inverno non è proprio quello delle cartoline di Natale con la neve che cade argentina (io la faccio cadere così), il nostro caro Babbo sulla slitta delle renne pronto a salpare con il suo bel sorriso stampato sul faccione roseotondo, il simpatico pupazzo ed i bambini che giocano intorno festosi e giulivi (volevo scrivere “giuliosi” ma mio figlio mi ha guardato in un modo strano e ha scosso ripetutamente la testa).
No, miei dolci corpicini freddi, l’inverno è un vero inverno con le palle . E non sono quelle di neve. E’ un inverno abbondante, anzi sovrabbondante, mai vista una nevicata simile in tutte le ere della terra. Che diventa poi secco, duro, gelido, magari infiocchettato con qualche maligno soffio di tramontana (che sferza la pelle come la lama di un coltello, vedi Il fiume mortale di Anne Perry, Fanucci 2009, tanto per citarne uno che ho sotto mano) a far restare tutti rinchiusi in un luogo circoscritto: un treno, una villa, una baita, una semplice casa. E ci sta pure che vada via la luce e allora sono cavoli amari…
Poi c’è il tempo come scorrer ticchettante di lancette. Direi essenziale per una montagna (“caterva” l’ho già usata in precedenza) di libri. L’orologio protagonista principale insieme all’orario dei treni che si guardano in cagnesco. Se sgarra di un secondo l’assassino è fregato (stacci attento, bischero!).
E per concludere un accenno al tempo passato. Ma cosa c’entra il tempo passato si chiederà uno dei miei improbabili e impazienti lettori. Se è passato è passato. Morto e sepolto. Un tubo! grida paonazzo l’autore del romanzo in cui il tempo passato diventa parte importante e integrante del racconto e che “riaffiora terribile” nel presente (si facesse mai gli affaracci suoi). Un passato che porta sfiga, ragazzi, che ritorna per creare un casino del diavolo. Insieme a odio, vendetta e morte. Mai incontrato uno mite e tranquillo in più di mezzo secolo di letture.

Lo spazio


In principio era piccolo. Lo spazio, si capisce. Quello dell’assassinio, via. Una stanza, magari chiusa dall’esterno e dall’interno tanto per far dannare il povero detective di turno e strillare di gioia gli amanti del genere. Strilli che si tramutano in ululati di goduria se la povera vittima è ritrovata, sola soletta, in un ascensore dove non è entrato nessun altro (così sembra). Meglio ancora se lo spazietto crudele è inserito in un ambiente naturale già di per sé angusto, soffocante e claustrofobico come un’isola. Ho fatto una piccola ricerca in questo senso (volutamente incompleta in Sherlock Magazine n° 14) e non vi potete immaginare quante isole o isolotti sorgono spontanei come funghi nei romanzi polizieschi. Da pestarle se non ci si sta attenti. Da quella monolocale, nuda e triste di Dieci piccoli indiani (e non faccio il nome dell’autore), a quella tremenda di Carlo Lucarelli L’isola dell’angelo caduto, dove soffiano venti da tutte le parti e regna una orribile nebbia nera, a quella paradisiaca di L’isola- Una storia misteriosa di Charlotte Link, tanto per portare tre esempi diversi. Cambiando gli addendi, però, il risultato non cambia, che il morto o i morti ammazzati ci sono lo stesso a prescindere. Con la tremula domanda che sorge spontanea “L’assassino è tra noi o viene da fuori?”.
Lo spazio si è poi via via allargato al di là delle mura domestiche per ricercare maggiore libertà di azione e respirare aria migliore. Migliore…migliore per modo di dire che quella delle grandi città dove ci si scatena negli inseguimenti e nelle sparatorie non è certo più respirabile di quella di un’isola pur se dannata, o del paesello brigantello (ci scappa sempre un morto poco naturale) incuneato tra ridenti colline. Ma d’altra parte questi sono gli inconvenienti di chi si vuole ingrandire. Vi siete voluti ingrandire? E allora girate e correte tra vicoli puzzolenti, locali polverosi e fumosi, bettole disgraziate maledette e tutto il marciume che ci sguazza dentro. E insomma se uno se le cerca…
Poi, piano piano, dallo spazio delle città e delle metropoli siamo passati allo scorrazzare per boschi e campagne, fiumi e foreste, mari e monti, si sono valicati confini di stato e insomma anche nel nostro amato romanzo poliziesco (chiamatelo pure con altri nomi) si è affermato in pieno il concetto di villaggio globale. Il villaggio globale della morte violenta. E così sia.

P.S.
Ci sarebbe ancora molto da dire ma questi, ve l’ho detto, sono solo pensieri GialLotti…Chi vuole leggere qualcosa di serio sullo spazio del poliziesco consiglio Elementare Wittgenstein! di Renato Giovannoli, Medusa 2007, con la Prefazione di Umberto Eco.


Articolo di Fabio Lotti

5 commenti:

Unknown ha detto...

Fantastico e geniale! Non ci si annoia mai con Lotti. Mi piacerebbe conoscerlo di persona, starei ad ascoltarlo per ore intere.
Un abbraccio a tutti e Buon Natale!

Anonimo ha detto...

E la mi' nonna! Questo vale un bel pò di complimenti. Meglio così via internet. Di persona sarei un disastro. Ricambio gli abbracci e il Buon Natale a tutti. Aggiungo un 2010 da favola per tutti i corpicini freddi!
Fabio

IL KILLER MANTOVANO ha detto...

Caro Fabio,
ricambio prontamente gli auguri.
Tanto prima del 25 ci si becca ancora!!!
Un abbraccio

LuisaMiao ha detto...

Ottimo articolo, davvero interessante e spassoso!!

Buone feste e buone letture a tutti XD
LuisaMiao

Anonimo ha detto...

Grazie. Il mio intento è quello di portare nel nostro blog un pò di sorriso basato tuttavia su una certa competenza che credo di avere acquistato dopo tanti anni di letture. Non è sempre facile mantenere leggerezza e concretezza ma ci provo.
Fabio