mercoledì 8 luglio 2009
Intervista a Maurizio De Giovanni
Corpi Freddi: La prima cosa da dire è che la lettura de ‘Il posto di ognuno’ mi ha lasciato un senso di soddisfazione pieno, come raramente mi era capitato negli ultimi tempi.
Maurizio De Giovanni: Non c’è soddisfazione maggiore, credimi, per uno che ha scritto qualcosa di sentirsi dire questo da un lettore “forte”, abituato a leggere il meglio del genere. Ti ringrazio di cuore, anche da parte di Ricciardi.
CF: Ringraziando l’autore Maurizio de Giovanni, la prima domanda quasi obbligata è come nasce un personaggio come Luigi Alfredo Ricciardi?
MDG: Vorrei poterti dire che Ricciardi è frutto di una lunga sedimentazione, di averci pensato a lungo e di averlo fatto nascere particolare dopo particolare con fatica e attenzione. Purtroppo non è così; Ricciardi nasce per assoluto caso al Gambrinus, un caffè storico di Napoli, durante un concorso letterario per giallisti esordienti al quale sono stato iscritto per scherzo da alcuni amici, nel 2005. Il concorso, indetto dalla Porsche Italia, aveva giurati eccellenti (Carofiglio, Evangelisti, Lucarelli, Polese del Corsera, Protti dell’Europeo che ne era il presidente) e aveva cinque tappe e una finale, al Giubbe Rosse di Firenze. Io non avevo idea di cosa accidenti scrivere, né pensavo minimamente di fare lo scrittore (ho 51 anni e lavoro in banca, niente di più squallidamente diverso da uno scrittore); a un certo punto passò una bambina e rispose truce al mio sguardo perplesso. Io cominciai a picchiare sulla tastiera e non ho ancora smesso. Era nato Ricciardi, l’uomo che non può fare a meno di guardare in faccia la sofferenza.
CF: Leggendo del Commissario Ricciardi la prima cosa che colpisce è la sua disperata, solitudine il suo quasi totale isolamento dal mondo a causa del ‘Fatto’, o nelle intenzioni dell’autore è un modo per tenersi discosto dal clima politico dell’ambientazione?
MDG: Ricciardi è solo per forza. Lui vive camminando su una linea di confine tra due mondi coesistenti e mai in contatto tra loro, quello dei vivi e quello dei morti; e non può interagire né con gli uni né con gli altri. La sua solitudine deriva quindi dal fatto che è l’unico abitante della sua dimensione. Il giudizio politico, che pure credo sia evidente, non fa parte dei motori della mia narrazione; è piuttosto una componente del contesto. Le mie ricerche infatti, basate sulla lettura di giornali, di testi e sulla visione di film dell’epoca, mi hanno convinto che a Napoli allora come oggi la gente comune non si poneva in realtà il problema politico: c’era un generico entusiasmo, un’euforia imposta dal regime che peraltro nel ’31 si stava ancora consolidando, ma niente di più. Ricciardi ha ben altro da pensare, ha ben altra croce da portare per pensare a Mussolini.
CF: Domanda che è consequenziale alla precedente, perché scegliere di tenere anche Rosa (la tata che da sempre cura il commissario) all’oscuro del dono/maledizione? Perché isolarlo ancora di più?
MDG: La condanna di Ricciardi è di per sè un isolamento. Lui non ne ha mai parlato con nessuno, il massimo che ha lasciato intuire è stato con Maione quando gli ha detto che l’ultimo pensiero del figlio ucciso era stato per lui. Rosa ha un’anima semplice, adora il suo ragazzo e si preoccupa per lui, ma non è “amica” di Ricciardi; né lui condividerebbe con lui qualcosa di così profondo. Non è Batman, insomma, e Rosa non è Alfred, il suo maggiordomo; è più una madre anziana.
CF: Sicuramente anche le descrizioni dei luoghi contribuiscono a rendere ‘proprio del lettore’ il romanzo, personalmente mi ha colpito la descrizione del paese natio del commissario seppur tracciata in poche parole. Mi è sembrato di essere lì sotto il sole cocente. Le descrizioni degli ambienti vengono sempre da una osservazione diretta, e come si fa a ricreare la Napoli degli anni 30 con gli occhi di oggi.
MDG: Il reperimento della documentazione necessaria a rappresentare gli anni trenta è sicuramente la parte più difficile della scrittura. E’ come se in qualche modo si sia voluto cancellare la memoria di quegli anni. Non esistono saggi, monografie, nemmeno tesi di laurea sulla vita quotidiana di quei tempi: sarebbe più facile parlare di Pompei ai tempi dell’eruzione, e non scherzo. Io sono fortunato per il fatto di poter portare il racconto al dettaglio e non dover fare viceversa, essendo un narratore e non un saggista. Utilizzo le fotografie dell’epoca, ne ricerco i colori e ne ritrovo i movimenti, le espressioni; così facendo il materiale è più che sufficiente. Mi preme comunque chiarire che tutte le annotazioni storiche riferite all’ambiente sono accuratamente verificate.
CF: Curiosità personale, perché hai scelto di far nascere nel Cilento, quindi Salerno il Commissario, e poi farlo agire a Napoli?
MDG: Mi piaceva che fosse “estraneo”, in alcun modo in comunità con la città nella quale vive e lavora. E anche col paese d’origine, in cui ha vissuto poco e da nobile e ricco in mezzo ai poveri e ai contadini. Ricciardi è insomma uno straniero dovunque, anche in se stesso.
CF: C’è qualche personaggio letterario da cui hai preso ispirazione?
MDG: Non propriamente. Adoro i gialli di Ed McBain, il compianto massimo giallista a mio parere mai esistito. Adoro le ambientazioni, i personaggi e il modo di inserire la quotidianità di famiglie e individui all’interno della perversione del delitto. Pur non ispirandomi direttamente amo talmente i gialli dell’87° Distretto da tenerli costantemente presente nella scrittura.
CF: Della scena gialla-noir italiana dicci almeno due nomi fra ‘esordienti’ e ‘consolidati’ che apprezzi ed attendi con ansia l’uscita
MDG: Amo molto Gianni Biondillo e Sandrone Dazieri, proprietari di una meravigliosa scrittura e di un approccio personalissimo alle storie che raccontano.
CF: Qualcuno in rete ti ha definito il Camilleri di Napoli quanto sei d’accordo?
MDG: Non aspiro a tanto. Le affinità si limitano alla serialità e alla forte localizzazione delle storie, ma credo di essere profondamente diverso dal grande scrittore siciliano.
CF: Quante altre avventure del commissario Ricciardi ci aspettano?
MDG: Il contratto con Fandango Libri prevede un ultimo romanzo che completa il ciclo delle stagioni, l’autunno. Domenico Procacci, l’editore, ha però già detto che la sua volontà è di continuare a pubblicare le storie di Ricciardi, e c’è interesse anche da parte di altri editori. Quindi, se voi gentilissimi lettori continuerete a dimostrare tutto questo magnifico coinvolgimento, mi sa che dovrete sopportarmi ancora a lungo.
CF: Personalmente ho trovato parecchie frasi-gioiello nel libro, che non solo condivido ma che mi sono rimaste dentro su tutte: Un uomo muore nel momento stesso in cui non significa più niente per nessuno. Penso che sia superflua spiegarla, ma come e da cosa nasce questa riflessione
MDG: Il duca di Camparino è morto ormai da tempo, ben prima che la morte fisica lo venga a prendere. Il sentirsi abbandonato e dimenticato, il destino di molti tra gli ultimi della terra, equivale alla morte o è anche peggio. E’ la base di Ricciardi, un sentimento partecipato del dolore altrui al quale ogni giorno, servendoci di un telecomando o girando la pagina di un giornale, voltiamo volontariamente le spalle. Ricciardi è soltanto un uomo senza telecomando.
CF: Grazie per l’ intervista e alla prossima recensione di uno dei tuoi libri
MDG: Grazie a voi per l’interesse e la sensibilità immeritati che mostrate per le mie storie. E un forte abbraccio da Ricciardi, Maione e tutto il loro mondo.
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11 commenti:
brava marta bravo maurizio :D
Già emoziona l'intervista, figurarsi quando mi leggerò le storie di Ricciardi (ma io dico, come si fa ad inventarsi scrittori così con grazia, apparente facilità?) Grande Marta.
L'intervista mi ha convinta ancora di più che devo leggere quest'autore.
Brava Marta.
Grandissima Marta.
Intervista condotta davvero con conoscenza e maestria.
Complimenti.
Un intervista con i fiocchi. Complimenti Marta.
Non vedo l'ora di leggere i tre libri che ho già acquistato.
Grazie a tutti. Ma veramente mi ha colpito il libro. :)
Bravissima Marta......... complimentoni :))
Ok, il primo l'ho trovato, il senso del dolore, me lo porterò in vacanza. Ma guarda te se non finisco seppellito dai libri...
Un anno dopo.
Ho appena terminato la lettura de "il senso del dolore".
Sorrido. Qualcuno me l'aveva detto che sarebbe stato un autore nelle mie corde...ed ho atteso 365 e più giorni per rendermene conto!
Emozioni, sensazioni, stile lirico e evocativo, bella storia...sabato 9 ottobre 2010, incrocio le dita, Mantova noi ci saremo :)))
Maurizio: ahhhh che sofferenza dover sopportare ancora te e Ricciardi!!!! si ma vedi di sbrigarti che siamo bramosissimi :D
e brava Marta :-*
Idee per un casting CAMPANO relativo ad una trasposizione televisiva di "Per mano mia":
Ricciardi Enzo De Caro
Maione Antonio Milo
Livia Luisa Ranieri
Enrica Christiane Filangieri
Suor Veronica Anna Buonaiuto
"Cicogna" Nando Paone
Lucia Lina Sastri
Lomunno Silvio Orlando
Modo Mariano Rigillo
Rosa Isa Danieli
si accettano suggerimenti per Don Pierino e per gli altri co-protagonisti
De Giovanni a chi ha pensato ora che i diritti sono stati acquistati da Scamarcio e la Golino(se lo può dichiarare...)?
Vincenzo Orabona
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