“Esiste una zona tra il possibile e l'impossibile, fra il conosciuto e l'ignoto, tra il normale e il paranormale. Una zona......... ai confini della realtà”. Era il famosissimo incipit che lanciava negli anni 50 -60 una mitica serie televisiva di telefilm. In questa zona crepuscolare, in cui la notte pare non aver mai fine, all’interno di una ampia biblioteca con gli scaffali stracolmi di volumi che arrivano fino al soffitto, illuminata solo a metà dalla tremula fiamma dell’enorme camino vittoriano, un gruppo di indefessi, appassionati, lettori di gialli racconta, a voce bassa, quasi con reverenza, di libri e autori leggendari, alcuni perduti, altri riemersi a poco a poco dalle sabbie del tempo. Si narra di Joel Townsley Rogers con il suo “La rossa mano destra” pubblicato solo dopo 60 anni in Italia nel 2005 grazie alla Polillo (Bassotto n. 31), “La ragazza tagliata nel montaggio” di Cameron McCabb, Hake Talbot con i suoi due capolavori (“L’orlo dell’abisso” e “Terrore sull’isola”) romanzi - mito rimasti inediti in lingua italiana per decenni fino agli anni ’90 del secolo scorso. Si racconta di Norman Berrow (“Le orme di Satana”) le cui opere, introvabili per troppo tempo anche in lingua originale, pare abbiano scatenato all’estero vere e proprie faide tra i collezionisti.
Michel Herbert e Eugene Wyl, francesi, che con lo pseudonimo di Michael Wally pubblicarono nel 1932 “La casa vietata” a tutt’oggi praticamente introvabile, nonostante si tratti di una camera chiusa eccezionale. Di giapponesi di culto quali Akimitsu Takagi “The tattoo murder case” e Soji Shimada “The Tokyo Zodiac Murders” mai pubblicati in lingua italiana. Del rarissimo “L’ombra sul giardino” di Gaston Boca, mai più ripubblicato dagli anni ’30. Di un Philip MacDonald (“The polferry mistery”) tutt’ora inedito, delitto impossibile di cui si dice meraviglie. Di E. R Punshon, degnissimo rivale di John Dickson Carr. Di Peter Antony, di Max Afford, di Anthony Wynne (“Il coltello nella schiena”- Bassotto n. 45) estrosi ideatori di rompicapi fantasiosi. Ancora. Di Noel Vindry, la risposta francese a John Dickson Carr e Pierre Very, immaginifico al limite del visionario. Autori e romanzi che si differenziano per l’inventiva, la costruzione della trama e la brillantezza delle trovate. ( e spesso, diciamocela tutta, anche per la complessità della soluzione). Autori e romanzi gialli, insomma, veramente “ai confini della realtà”, delitti irrisolvibili anzi impossibili, nei quali l’unica soluzione razionale parrebbe essere, senza alcuna ombra di dubbio, quella di un intervento sovrannaturale, con il colpevole letteralmente volatilizzatosi nell’aria o addirittura tornato o venuto, giusto per l’occasione, dall’aldilà. Tra questi, si vagheggiava pure di tali Horatio Winslow e Leslie Quirk che nel 1928 misero a segno nel campo della letteratura gialla un colpo solo dal titolo “Into thin air”, che compare in quasi tutte le classifiche dei migliori “delitti impossibili”. A ben 83 anni dalla sua pubblicazione in lingua originale, la casa editrice Polillo colma questo vuoto abissale.
La polizia lo conosce come un ladro e un assassino, ma la gente lo crede un essere soprannaturale. E’ lo “Spettro di Salem”. Può scomparire in un battito d’ali, scappare attraverso muri di cemento armato o porte chiuse o “semplicemente” svanire nell’aria. Fino a che anche per lui arriva inevitabilmente la resa dei conti. La notizia giunge come una bomba. “Lo “Spettro di Salem” è morto…..è scomparso per l’ultima volta, ma questa volta sotto due metri di terra nel cimitero comune.” Il suo acerrimo nemico, il criminologo Klotz, può finalmente tirare un sospiro di sollievo, fino a che nel corso di un esperimento di spiritismo lo Spettro non gli invia un messaggio sibillino e una sfida. Occorre controllare una volta per tutte che il criminale sia effettivamente morto. Altrimenti l’unica spiegazione possibile è che l’essere chiamato lo “Spettro” possa entrare e uscire indisturbato dalla propria tomba. E uccidere.
Un libro pervaso da un’atmosfera gotica in cui si perde assolutamente il senso di ciò che è reale e ciò che è apparenza e che per questo richiede al lettore pure un’ attenzione e predisposizione sicuramente superiori alla norma. In quest’ottica, deve essere sicuramente riconosciuto un plauso particolare al traduttore, Dario Pratesi, confermatosi anche in questa occasione bravissimo nel ricreare l’atmosfera e rendere evidenti certi “tic” dei personaggi. Chi dovesse aver già letto il romanzo si sarà sicuramente reso conto che la traduzione deve aver comportato uno sforzo superiore alla media, soprattutto nella prima parte.
Gli autori giocano (barando spudoratamente, sia ben chiaro) su due fronti: quello del giallo e quello dell’orrore. Intorno ai protagonisti si moltiplicano fenomeni paranormali che affondano le radici nella migliore tradizione anglosassone del genere in stile M. R. James, Sheridan Le Fanu e Ann Radcliffe solo per citare alcuni, e che finiscono per prevalere, fino quasi ad oscurarla, sulla trama prettamente “gialla” comprimendo e limitando fortemente lo spazio concesso al classico “plot” omicidio-indagine-soluzione. Gli autori non lesinano sul materiale fantastico e meraviglioso e alla fine la logica non è certo così implacabile e ferrea come, almeno in apparenza, quella svelata da Hercule Poirot, Gideon Fell, o Philo Vance e company. Una cosa deve essere chiara apprestandoci a leggere questo specifico genere (o sottogenere) di romanzi. Non sono una cosa “seria”. Ma è puro gioco intellettuale, puro divertimento e intrattenimento portato agli estremi. C’è una totale e assoluta distanza da qualsiasi forma di realismo e verosimiglianza.
La nostra attenzione viene costantemente sviata (e impegnata) da continui colpi di scena spettacolari. Fantasmi, visite notturne (of course) al cimitero con tanto di riesumazione, sedute spiritiche e apparizioni fluorescenti, notti che paiono non terminare mai, messaggi che compaiono all’improvviso, mani che fluttuano nell’aria e orme che cessano di colpo di fronte ad ostacoli in apparenza insuperabili. Storie credibili quanto una moneta da 3 euro. Alla fine naturalmente tutto quadra o quasi e viene spiegato in maniera “razionale”, anche se sicuramente in maniera un po’ forzata e accettato dai lettori grazie ad una dose elefantiaca di credito a fondo perduto che bisogna concedere a questo tipo di romanzi. In confronto le trame imbastite da Agatha Christie appaiono assolutamente attendibili, quasi realistiche e soprattutto realizzabili nella realtà, tanto che paradossalmente alla fine siamo, a volte, più portati ad analizzare con maggior puntiglio e rigore le soluzioni, in apparenza ineccepibili, esibite per bocca di Hercule Poirot o Miss Marple, piuttosto che quelle che concludono questo tipo di storie. Qui siamo nel campo della prestidigitazione pura in cui l’interesse per il “come ha fatto” prevale di gran lunga sul “chi l’ha fatto”. A volte la conclusione pare proprio venire fuori grazie a un colpo di bacchetta magica. Non a caso uno dei protagonisti principali del romanzo è proprio un prestigiatore.
E del resto il confine tra il mago di professione e l’autore di romanzi gialli è molto labile, quasi impalpabile, come confessa lo stesso personaggio nel corso di una interessantissima dissertazione nel capitolo 12 del romanzo: “Differisco dai narratori solo perché nascondo le soluzioni e lascio che gli spettatori arrivino alla risposta senza aiuto…Tutta la partita si riduce a nient’altro che una competizione di intelligenza tra gli scrittori, i criminali e i maghi da un lato e i lettori, i detective e gli spettatori dall’altro.”
Con le prime categorie che cercano costantemente di fregare gli altri, anche perché i “loro mezzi di sostentamento dipendono da questo” come ammette candidamente il “mago”. “Impiego tecniche di depistaggio proprio come lo scrittore di gialli, gli indizi sono sempre visibili per chi ha occhi per vedere “
In realtà, vi confesso che in questo romanzo non bastano occhiali, binocolo o microscopio per scoprire gli indizi. Non è assolutamente una gara leale e c’è una assoluta mancanza di “fair-play”: Ellery Queen è ancora là da venire con la sua famosa “sfida al lettore” (siamo nel 1928). Ma questa storia deve essere presa per quello che è: svago e divertimento portati all’eccesso. “E’ una specie di magia” ci sussurra all’orecchio lo scrittore/mago.…puffffff…..prima di svanire nel nulla……
Articolo di Alberto "allanon" Cottini
Dettagli del libro
- Titolo: Svanito nel nulla
- Autori: Horatio Winslow & Leslie Quirk
- Traduttore: Dario Pratesi
- Editore: Polillo Editore
- Collana I Bassotti n. 96
- Pagine 256
- Data pubblicazione: marzo 2011
- Prezzo: euro 13,90
1 commento:
Rimango a bocca aperta tutte le volte che leggo le recensioni di Alberto!!!
Avevo proprio voglia di un Bassotto per questo sonnecchioso weekend di metà ottobre...
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