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mercoledì 23 febbraio 2011

Gargoyle Books a doppio binario?


In queste ore si stanno rincorrendo le voci per cui la casa editrice Gargoyle Books sia diventata una casa editrice a doppio binario, ovvero una casa editrice che chiede soldi ad alcuni scrittori per sostenere le stampe dei loro libri.

Il tam tam mediatico, come sempre non si è fatto attendere e grazie all' inarrestabile efficacia del social network come tweeter e sopratutto facebook, questa notizia ha scatenato lo sdegno di molti utenti.
Commenti del tipo:
"Pessima notizia. Ho sempre stimato tantissimo la GB, e il loro stand alla fiera di Torino è sempre stata una delle mie mete fisse, visti i sempre ottimi consigli ricevuti (vedi McCammon). Tuttavia questa scelta non posso proprio accettarla. Per quanto mi dispiaccia, temo che non comprerò mai più un loro libro."
non si sono fatti attendere e il tutto pare sia nato da un commento lasciato da un utente nella potentissima rete di blogger che si occupano di letteratura in Italia.
Il commento recita:
"Ho scritto un libro fantasy-horror. In questo momento sto scrivendo il mio secondo romanzo. Due settimane fa ho cominciato a inviare il mio manoscritto a varie case editrici. Ieri sono stato contattato dal Gargoyle Books. Hanno detto di aver letto la sinossi che io li ho mandato. Il libro, naturalmente, non l’hanno ancora letto e dubito che lo faranno, almeno che io accetti la loro proposta editoriale. Mi dissero che se voglio essere pubblicato da loro devo versare un contributo pari a 4000 euro. In tal modo, acquisterò 250 copie, significa che un libro costa intorno ai 16 euro. Il resto delle copie, 750 per la precisione, be’… se le sbrigheranno loro."

Mentre ero in procinto di scrivere queste due righe, arriva finalmente la replica della casa editrice direttamente dal suo profilo su Facebook:

"In queste ore stanno correndo notizie circa una nostra scelta di diventare editori a pagamento: le cose non stanno esattamente così. Il progetto era (concedetecelo) diverso e più articolato, era il tentativo di un piccolo editore quale siamo, di dare molto più spazio agli autori esordienti, oggi nostro malgrado penalizzati perché non abbiamo la forza di sostenerne più di tanti nella medesima annata. Sostenere un esordiente richiede l'assunzione di risorse e rischi (che a volte non possiamo correre).
Tuttavia ci rendiamo conto come la comunicazione, in questo ambiente, sia tutto, e che nel caso specifico, si sia evidenziato qualche problema. Il dott. Paolo De Crescenzo (il direttore editoriale), ha quindi deciso di bloccare e cancellare sul nascere ogni iniziativa in questo senso: non sarà mai varata alcuna collana con richieste di contributi agli autori. Continueremo come abbiamo sempre fatto.
Ci preme di sottolineare come, ancora una volta, la stima e l'affetto dei lettori nei confronti di Gargoyle si sia manifestata in maniera esplosiva, quasi viscerale e questa è la nostra maggiore soddisfazione. Ancora una volta abbiamo toccato con mano l'affetto che i lettori hanno nei nostri confronti e non ce la sentiamo (anche se animati dalle migliori intenzioni) di lasciare l'amaro in bocca a quanti ci stanno scrivendo in queste ore chiedendo spiegazioni. Per questo ci teniamo a rassicurarvi. Abbiamo sempre cercato di ascoltare la voce degli appassionati e continueremo a farlo.
Grazie a tutti."

Francamente ritengo tardiva la risposta della casa editrice ma non posso far altro che sperare nell' integrità professionale di Paolo De Crescenzo che conosco personalmente e mi auguro che la loro politica non cambi mai davanti a nessun tipo di problema economico, ricordando inoltre che una casa editrice è un' azienda vera e propria e l' imprenditore DEVE correre dei rischi senza chiedere contributi a nessuno.

Se Gargoyle volesse replicare ulteriormente saremmo ben lieti di prestare le nostre pagine alla casa dell' horror.

15 commenti:

Anonimo ha detto...

Un intervento un po’ da bastian contrario come è nel mio carattere per suscitare qualche riflessione. Perciò mi chiedo cosa ci sia di strano o di sbagliato o di moralmente riprovevole se una casa editrice, non col sotterfugio e l’inganno, ma apertis verbis in modo incontestabilmente chiaro e corretto, chiede un contributo per la pubblicazione di un libro. Gli autori sono grandi e vaccinati, possono accettare o rifiutare. Il libro, poi, potrà essere giudicato, per chi lo vuole acquistare, per il suo valore intrinseco e non per il mezzo con cui è stato pubblicato. Può essere un buon libro o una stronzata come capita ai libri pubblicati senza alcun pagamento. Certo io non mi sono mai abbassato e mai mi abbasserei a questo ma se qualcuno vuole buttare un po’ di soldi per una sua soddisfazione personale non vedo perché lo debba condannare. La casa editrice, poi, sempre in maniera chiara e trasparente, sarebbe una casa editrice che opera in tutto o in parte a pagamento. Basta saperlo.
Fabio Lotti

Anonimo ha detto...

Aggiungo anche questo per un tentativo di chiarificazione personale (sto riflettendo, non sto dispensando verità). Durante una delle mie quotidiane scorribande nelle librerie di Siena ammettiamo che mi imbatta (difficile ma potrebbe accadere) in un libro che mi attira per qualche motivo, pubblicato da una casa editrice a pagamento. Lo apro, lo sfoglio, leggo in qua e là, mi piace, lo recensisco positivamente perché penso che meriti di essere letto. Non dovrei farlo? Ho commesso qualche peccato?
Lieto se qualcuno volesse esprimere il suo parere.
Fabio Lotti

IL KILLER MANTOVANO ha detto...

Caro Fabio,
il problema, a mio avviso, sta in una perdita ulteriore di credibilità del mercato editoriale. La politica di un editore "dovrebbe" essere gestita sicuramente con un occhio al mercato ma anche in base a scelte coerenti e con un rigoroso controllo qualitativo, nel giusto rispetto del lettore. Nel momento in cui il consumatore rimane soddisfatto ripone automaticamente fiducia nell'editore che ha distribuito il romanzo (e acquista di conseguenza da quell'editore maggiormente a scatola chiusa).
Che fiducia posso riporre in un editore che pubblica romanzi su compenso, senza una minima verifica qualititativa del prodotto immesso sul mercato? Che tutele ho come lettore e consumatore?
Senza contare l'ulteriore inflazionamento del settore che crea ulteriore frammentazione e, soprattutto, confusione nel lettore.
Insomma questa tendenza sempre più diffusa, a mio avviso, è molto pericolosa e rischia di sputtanare anche i professionisti che fanno il loro lavoro come si deve.

Anonimo ha detto...

Naturalmente avrai capito l'intento un pò provocatorio (ormai mi conosci). Però per spuro spirito dialettico (dunque ancora provocatorio) senza la pretesa di avere ragione
dimmi se nelle pubblicazioni normali c'è sempre un "rigoroso controllo qualitativo" nel giusto "rispetto" del lettore; dimmi se la pubblicità e il lancio di un libro sono sempre nel "rispetto" del lettore; dimmi se le recensioni sono sempre nel "rispetto" del lettore o sono invece spesso frutto di pressioni anche piuttosto energiche da parte di case editrici "serie" e, magari, degli stessi autori.
Poi il lettore mica è proprio scemo. Fregato una volta non lo freghi più.
Fabio Lotti
P.S. Non sono pagato dalla Gargoyle, eh...:)

IL KILLER MANTOVANO ha detto...

La risposta alle tue 3 provocazioni, in ottica di riflessione, è ovviamente NO!!!!!
Gli esempi sono evidenti: romanzi lanciati in pompa magna che non soddisfano le attese (a tal proposito mi viene in mente qualcosa di fresco fresco....), le mode cicliche che spingono gli editori a pubblicare di tutto e di più delle produzioni facenti parte delle correnti commercialmente appetibili (vedi fenomeno scandinavo), rapporti consolidati con editori o scrittori che rendono effettivamente più difficile l'obiettività in sede di recensione (ma qua l'impegno deve essere di noi blogger nel garantire l'onestà intellettuale e la giusta critica).
L'editoria a pagamento è però, a mio avviso, un gradino ancora più in basso verso la mercificazione (parola ormai tanto diffusa) e la pubblicazione indiscriminata e senza ritegno, quasi a livello di produzione a catena di montaggio.
Caro Fabio, secondo me, è un fenomeno che non va sottovalutato e, soprattutto, DEVE essere arginato il più possibile. A me fa molta paura questa cosa. Non tanto per il sottoscritto (in fin dei conti lettore "consapevole" con occhio attento e buona capacità critica), quanto per i lettori più "casuali" e sotto questo aspetto quindi più deboli e facili da irretire.

Anonimo ha detto...

La condanna, da parte mia, deriva dal fatto che un editore è un imprenditore a tutti gli effetti e non si è mai visto che un lavoratore debba pagare per svolgere il proprio lavoro. Da imprenditore ti prendi i tuoi bei rischi del caso e investi, può andarti bene o male, ma non puoi far pesare la cosa sul lavoratore (in questo caso scrittore). Se non sei sicuro che quel libro possa farti rientrare dell'investimento non lo pubblichi, semplicissimo.

PierpaoloT ha detto...

Nel caso citato il confine tra ciò che è giusto e ciò che non lo è credo sia molto labile.
In un investimento commerciale/imprenditoriale credo che il rapporto tra importo investito e beneficio che si può raccogliere sia fondamentale. Nell'editoria a pagamento la formula è errata perché a favore del solo editore. In breve quest'ultimo raccoglie il suo totale guadagno a prescindere dall'esito del libro e senza aver investito un euro. Tutto ciò non funziona! L'editoria a pagamento che sia eticamente corretta dovrebbe funzionare diversamente: lo scrittore invia il manoscritto alla casa editrice, quest'ultima offre un servizio di editing a 360°, garantisce una distribuzione capillare e richiede un corrispettivo per questo lavoro. L'autore dal canto suo paga quest'ultimo e il costo della stampa, a quel punto diviene imprenditore al 100% sul suo progetto, ogni euro incassato dal suo libro al netto dei costi distributivi e di rivendita finisce in tasca a lui!
Prima di pubblicare il mio romanzo con un piccolo editore (Absolutely Free) che ci ha creduto e investito, ho inviato molti manoscritti e sondato tutte le possibilità, l'editoria a pagamento così come è strutturata in Italia (all'estero non so!) mi è sembrata inaccettabile sotto tutti gli aspetti.

Anonimo ha detto...

Continuo questa (finta) battaglia persa secondo un principio di libertà (spero di essere capito).
Il fatto è che dai sei anni circa (ma anche meno) ai novanta (ma anche più) tutti vogliono scrivere e pubblicare. Sacrosanto e legittimo. E’ ovvio che tutti non possano, però, trovare lo spazio necessario per soddisfare le loro legittime aspirazioni ed ecco spuntare come funghi questa nuova e criticabile possibilità. Magari un autore si stanca di spedire il suo lavoro da tutte le parti senza ricevere soddisfazione e tenta anche questa carta. Lo si può biasimare?
Un editore deve rischiare, è vero, ma se uno non vuole rischiare, posso impedirglielo? Se io Fabione Lottone voglio aprire una casa editrice, la “Lottone for ever”, per esempio, e dichiaro a chiare lettere che è a pagamento, lo scrivo perfino all’ingresso, lo ribadisco lungo i corridoi, lo stampo davanti alla porta del mio ufficio e, nonostante questo o proprio per questo, arrivano pseudoscrittori a valanga non lo posso fare?
Che dire allora di tutti gli scrittori o pseudoscrittori che pubblicano solo per altolocate amicizie?
Ecco altri spunti su cui riflettere. Mi scuso con i lettori ma spero che questa mia insistenza serva a chiarire meglio il fenomeno.
Fabio Lotti

Anonimo ha detto...

@Fabio: Sul fenomeno inquinante degli pseudoscrittori siamo d'accordissimo, ma secondo è un'aggravante alla condanna dell'editoria a pagamento, perchè finchè ci saranno editori che pubblicano qualunque cosa, gli pseudoscrittori non spariranno mai!

Anonimo ha detto...

Mi arrendo! Il mio era un tentativo (si era capito) di far ragionare anche su fatti a prima vista assurdi. Io sono sempre più convinto dell'anno sabbatico e ancora più convinto che molti autori pubblicati senza avere speso un centesimo dovrebbero, invece, tirar fuori un bel mazzo di dollaroni...:)
Un caro saluto e un ringraziamento per la vostra pazienza. Ora mi butto tra le braccia di Jonathan!
Fabio Lotti

IL KILLER MANTOVANO ha detto...

PREMESSA: l'autore della riflessione sotto riportata è Tecla Dozio. Mi ha chiesto di pubblicarla, causa impossibilità di natura tecnica.

TECLA DOZIO
"Secondo me, per un autore, pubblicare a pagamento è come barare facendo u...n solitario. Premesso questo vorrei dire un paio di cose. A livello 'squisitamente' teorico potrebbe (potrebbe) non essere sbagliato. Io Editore ho la struttura, non ho la capacità economica di investire sugli esordienti, te lo dico in modo chiaro e tu decidi. Questo potrebbe (potrebbe) anche essere fattibile se ci fossero, comunque, la scelta e la lavorazione dei testi. E' questo il vero problema. Credo/temo che, alla fine, il guadagno facile faccia perdere di vista questo punto importante e venga pubblicato 'quasi' tutto quello che un autore è disposto a finanziare. Un altro punto importante è questo: i lettori? la vogliamo finire di fregarcene dei lettori? come possono capire che un libro è stato pubblicato a pagamento? Secondo me, hanno il diritto di saperlo. Fra l'altro, non è quasi mai conveniente per gli autori. Se proprio vogliono vedere il loro libro stampato, vadano dal tipografo sotto casa, gli costa meno e la distribuzione è, più o meno, la stessa. Dirigo da 10 anni la collana "Impronte" della Todaro Editore e non ci è mai passato per la testa di chiedere soldi. Se un romanzo ci piace lo pubblichiamo e lo sosteniamo per quello che è possibile. Una volta un editore al quale, ancora in veste di libraia, chiedevo spiegazioni di questo doppio binario mi ha risposto: "I libri a pagamento ci permettono di pubblicare i ibri che ci piacciono". Vi sembra una risposta sensata?"

Anonimo ha detto...

Gentile Tecla
Intanto accolga i miei sinceri ringraziamenti per quello che ha fatto e per quello che farà. Poi, continuando per puro spirito dialettico (sono un testone), riguardo a ciò che ha scritto “Questo potrebbe (potrebbe) anche essere fattibile se ci fossero, comunque, la scelta e la lavorazione dei testi. E' questo il vero problema. Credo/temo che, alla fine, il guadagno facile faccia perdere di vista questo punto importante e venga pubblicato 'quasi' tutto quello che un autore è disposto a finanziare”. Bene, e allora? Se tutto quello che un autore è disposto a finanziare trova consenso nel lettore andrà avanti come tutte le cose di mercato, altrimenti si fermerà. Spero di non avere detto ingenuamente una bestemmia.
E poi, perché il lettore deve sapere per forza se un libro è a pagamento o meno? Personalmente ogni giorno vado per librerie a Siena, guardo, apro, sfoglio, leggo, scelgo. Se becco (si fa per dire) un libro pagato dall’autore senza che io lo sappia ma che mi attira per qualche motivo, io, come lettore, che cosa ci rimetto? Tutti gli altri lettori, sono facilmente raggirabili? Sono così tonti per non dire peggio? Sempre in linea teorica, come la prima parte del suo ragionamento.
POI, NELLA PRATICA VOGLIO DIRE, SONO CONTRARIO ALLE CASE EDITRICI A PAGAMENTO ANCHE PER UNA SEMPLICE, ISTINTIVA RIPULSA, COME UN FATTO, DICIAMO COSI’, CONTRO NATURA.
Ma ciò non toglie il fatto di poterci ragionare sopra a mente fredda e di capire meglio il problema.
Fabio Lotti
P.S. Vero ultimo intervento.

AngoloNero ha detto...

Premessa la condanna (senza se e senza ma) degli editori a pagamento, io uno che scrive in italiano in quel modo (io li ho mandato, almeno che io accetti...), minchia, ecco, io di uno così non leggerei nemmeno un sms, figuriamoci un libro.
Ecco, l'ho detto.

Luca Conti ha detto...

Fabio, scrivere è sacrosanto e legittimo; pubblicare no, non sta scritto da nessuna parte. Forse sai che in inglese la locuzione "casa editrice a pagamento" si traduce con "vanity press," definizione che spiega in maniera assai più netta della nostra la finalità di tale editoria.

Nessuno ti ordina di fare lo scrittore, ma allo stesso modo nessuno ti costringe a fare l'editore. Se una casa editrice ritiene di non potersi permettere "l'assunzione di risorse e rischi" necessari, a suo dire, per "sostenere un esordiente," be', non lo faccia.

Il problema non è (o non e soltanto) pagare per pubblicare, ma il modo – spesso ai limiti del raggiro - col quale gli aspiranti scrittori vengono allettati da certa pseudo-imprenditoria (e sia ben chiaro che non mi sto riferendo a Gargoyle).

Anonimo ha detto...

Beh, qualcosa è venuto fuori. Basta un pò di buona volontà...:)
P.S. Aspetto il libro di Gischler.
Fabio Lotti