“Il mio nome è Harald Lindmark, sono commissario della polizia giudiziaria di Forshalla. Nell’autunno 2006, inizio a redigere la relazione che segue riguardante il caso del cosiddetto “Cacciatore”. Trascrizioni ufficiali di colloqui insieme ad annotazioni personali e registrazioni del dittafono, mi aiutano a riferire delle varie fasi dell’indagine.
Durante l’anno scorso sono cambiato come persona e come poliziotto…..”
Gli omicidi, oltremodo brutali, non sono propriamente all’ordine del giorno nella sonnolenta cittadina finlandese di Forshalla e quindi quando quel mattino del 17 ottobre 2005 il corpo senza vita e orrendamente mutilato di Gabriella Dahlstrom viene rinvenuto nel parco cittadino con una lettera dell’alfabeto incisa sull’addome, la polizia si trova piuttosto impreparata per non dire spiazzata nell’affrontare l’evento. Le indagini, da principio, si concentrano verso la sfera di conoscenze e affetti della vittima, puntando sulle motivazioni passionali, sentimentali e/o professionali.
I fatti sembrano dare ragione agli investigatori e il caso pare potersi considerare chiuso piuttosto in fretta. Ma, come nelle migliore tradizione del genere, ben presto vengono scoperti altri corpi torturati in maniera atroce, secondo quello che ormai pare essere un vero e proprio rituale. A questo punto il commissario Lindmark dovrà rassegnarsi al fatto di trovarsi di fronte al peggior incubo che possa capitare nella carriera di un poliziotto: uno spietato, inafferrabile, serial killer, che sembra colpire, uomini e donne indifferentemente e senza un motivo plausibile, che ribalterà la sua vita e quella dei suoi collaboratori più stretti.
Romanzo d’esordio del finlandese Torsten Pettersson, professore di letteratura all’Università di Uppsalla, nonché poeta e scrittore. Ammetto di aver comprato questo libro sull’onda di una certa aspettativa sicuramente condizionata dalla traduzione del titolo in italiano. Non mi aspettavo niente di più che una classica caccia all’omicida seriale di turno che si fa beffe degli investigatori con enigmatici messaggi lasciati sulle vittime fino al colpo di scena finale. Un prodotto piuttosto classico ambientato in uno scenario nordico che visto, il boom degli autori scandinavi, sta diventando classico pure quello.
E in effetti raccontata in una decina di righe, in modo conciso per non spoilerare, la trama potrebbe essere facilmente catalogabile tra quelle appartenenti alla serie “niente di nuovo sotto il sole”. Si apre immediatamente con il primo delitto raccontato in diretta dall’omicida, e la successiva scoperta del corpo a cui segue l’entrata in scena del commissario Lindmark, della squadra investigativa e l’avvio delle indagini.
Da questo momento in poi invece, la storia assume connotati decisamente originali, non solo nella narrazione ma anche dal punto di vista stilistico e formale. Come anticipato nell’incipit in “vivavoce” dal commissario Lindmark, il libro è organizzato e quindi di conseguenza, si legge, come se avessimo tra le mani il dossier finale redatto dalla polizia di un caso ormai chiuso e archiviato, in cui, alla trascrizione fedele delle registrazioni delle riunioni della squadra “antimostro” e degli interrogatori dei sospetti, si alternano i pensieri intimi e le deduzioni del commissario che cerca di immedesimarsi, in maniera pericolosissima per la sua integrità mentale, nelle pulsioni e nell’agire dell’assassino, le elucubrazioni e ossessioni dello stesso killer, nonché i racconti delle vittime e dei personaggi minori coinvolti loro malgrado nella faccenda. Ne viene fuori quindi una sorta di libro corale narrato in prima persona dai vari personaggi siano essi attori principali che semplici comparse. Meglio ancora un libro-puzzle con parecchie tessere che alla fine, bisogna riconoscere, si incastrano bene e trovano una propria ragione d’essere nel quadro generale conclusivo.
Devo riconoscere, a mente fredda, che pur essendo alla sua prima esperienza come scrittore di thriller, Pettersson ha imparato e fatto propri i meccanismi tipici del genere, tanto che l’assemblaggio finale delle varie storie risulta omogeneo e tutto visto e sommato ben condotto, nonostante il fatto che per tutto il corso delle 350 pagine, volenti o nolenti, siamo costretti a domandarci dove voglia andare a parare l’autore mischiando storie tanto diverse tra loro. Basta questo per dare un giudizio spassionatamente e incondizionatamente positivo al romanzo ? Dal mio punto di vista personalissimo direi di no. Perché per parafrase e abusare una volta di più della battuta finale di un celeberrimo film verrebbe da dire “E’ un thriller bellezza!”.
Questo genere di storie devono essere delle macchine ben lubrificate o comunque che vanno lubrificandosi pagina dopo pagina acquisendo un ritmo in sintonia con l’accelerare del battito cardiaco, mano a mano che si entra nella storia. Ecco questo almeno a me non è successo. Forse il narrato delle stesse vittime e dei personaggi minori, pur funzionale agli omicidi ( a “tutti” gli omicidi, chi l’ha già letto o lo leggerà capirà) interrompe in maniera un po’ troppo invasiva, la trama principale tanto da far sì che il prodotto finale risulti piuttosto freddino, come paralizzato dal clima nordico e diciamo pure piuttosto discontinuo. Per tutto il romanzo manca quel nodo allo stomaco che si crea quando veniamo rapiti dalla storia che abbiamo per le mani e che non vorremmo smettere di leggere.
Per fortuna è scritto bene e quindi si è portati ad proseguire agevolmente, ma non con passione o coinvolgimento totale. Pettersson ha voluto scrivere un thriller che fosse anche “romanzo”, creando una serie di personaggi assolutamente credibili e inserendovi pure un tema che probabilmente visto la vicinanza geografica è particolarmente sentito da quelle parti, quale quello della prostituzione minorile proveniente dalla Russia. Inoltre la spiegazione finale delle motivazioni che stanno alla base dei vari omicidi richiede necessariamente un precedente e corposo “apparato” narrativo che, come già detto prima, di tanto in tanto interrompe il corso delle indagini.. L’autore ha conficcato in maniera assolutamente intelligente tutti questi aspetti in profondità nella trama “gialla” ma inevitabilmente ha dovuto pagare un prezzo sotto forma del ritmo della storia.
Queste mie personali considerazioni non devono essere interpretate assolutamente come una bocciatura del romanzo, la cui lettura ammetto tranquillamente non mi è dispiaciuta per niente. Le ciofeche o le bufale sono sicuramente altre opere. Confermo una volta di più la convinzione che ci troviamo di fronte ad una storia nel suo impianto narrativo poliziesco ben congeniata, anche nel colpo di scena finale (che chiude la vicenda ma ne apre un’altra trattandosi a quanto pare del primo volume di una trilogia), sicuramente ben scritta, anche se non di quelle da far gelare il sangue nelle vene. Ecco il succo dei miei rilievi è questo: non aspettatevi un “thriller-coaster” che sfreccia a gran velocità. Ma questo, mi pare di poter dire, essere una caratteristica propria della scuola scandinava che comunque è ormai una realtà conclamata da tenere in giusta considerazione anche quando la componente “modaiola”, sicuramente in parte esistente alla base del “trend” attuale, sarà , finalmente aggiungo io, passata. Per concludere con Pettersson direi che nel momento in cui l’autore finlandese dovesse imparare a dosare i singoli componenti nelle giuste quantità e proporzioni, scriverà dei libri veramente interessanti, quasi sicuramente avvincenti. e soprattutto originali, che molto facilmente si discosteranno dai classici “cliché” o dalle tipiche “americanate”. Insomma dei veri thriller di “classe” a firma del professor Torsten Pettersson.
Articolo di Alberto "Allanon" Cottini
Dettagli del libro
- Titolo: A L’alfabetista
- Titolo originale: Ge mig dina ogon
- Autore: Torsten Pettersson
- Traduzione: Mattias Cocco, Raimondo Cocco, Martina Cocco, Kerstin Ostgren
- Editore: Newton Compton editori
- Pubblicazione: settembre 2010
- Collana: Nuova Narrativa Newton
- Pagine: 334
- Codice ISBN 9788854121355
- Prezzo di copertina: € 9,90
6 commenti:
@Alberto: è della stessa collana di Incubo bianco?
Il prezzo comunque è abbordabile e a me sinceramente piace l'impostazione 'documentaria' (non so come altro definirla). Per cui penso che più avanti me lo prenderò. La recensione precisa e puntuale di Alberto è convincente.
Le considerazioni di Alberto sono le stesse che mi hanno portato ad accantonare il libro dopo un centinaio di pagine. Sarà che senza Harry Bosch e la penna di Connelly quasi tutto mi pare mancare di ritmo e coinvolgimento, sta di fatto che con gli scandinavi faccio una gran fatica!
@Martina
Scusa leggo solo ora....No la collana non mi pare sia la stessa. "Incubo bianco" è nella serie tascabile, questo no. Il genere però è lo stesso. Credo che quando si parla di thriller noi siamo un po' preventivamente condizionati dalla trama "americana" che molte volte privilegia il ritmo "a tutti i costi" alla credibilità della storia. E forse ogni volta ci aspettiamo una corsa a perdifiato. I ritmi degli scrittori scandinavi (perlomeno quelli che ho letto) invece sono diversi.
@Alberto: se sotto c'è qualcosa di sostanzioso, mi piacciono anche questi ritmi lenti, senza corse a perdifiato. ;-)
Mi si perdoni la frivolezza e la demenza del commento che sto per fare ma...che gran bell'uomo che è l'autore ahahahahahahahaha!!
Matteo
Preso un po' di tempo fa attirata dal prezzo (lo ammetto), dalla copertina e dalla trama, ho letto tutto d'un fiato la splendida e ben dettagliata recensione di Alberto. Quindi non ho preso proprio una "ciofeca" , ma il romanzo pur non essendo niente di che, è sicuramente godibile giusto?! Potrebbe essere una delle letture del 2011...magari estive, stile relax senza impegno in piscina, in montagna, sotto l'ombrellone?! :)
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