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sabato 21 luglio 2012

Acqua buia - Joe R. Lansdale (Einaudi 2012)



«Silenziosamente sollevai il barattolo con dentro May Lynn, lo tenni in mano per qualche istante e tra me e me la ringraziai, perché a suo modo, malgrado mi avesse fatto arrabbiare non poco, ci aveva riuniti, aveva fatto di noi una famiglia, e ci aveva spinti lungo il fiume per scoprire chi eravamo e dove stavamo andando».

Texas, anni Trenta. Vita dura soprattutto per Sue Ellen di sedici anni, padre ubriacone violento e madre remissiva con laudano a tenerle compagnia. Ritrova una sua amica, May Linn, annegata nel fiume Sabine con i piedi legati ad una macchina Singer da cucire, che sognava di diventare una stella di Hollywood. Sue decide con i suoi amici Terry, sospettato di essere omosessuale, e Jinx, una ragazza nera, di bruciare il corpo dell’amica e portare le sue ceneri alla Mecca del cinema come gesto di amicizia. Nel diario di May una mappa per raggiungere un “tesoro”, i soldi rubati dal fratello. Fatto questo basta prendere una chiatta e via lungo il fiume come in un noto romanzo di avventura.

D’altra parte “Nessuno di noi era felice nel Texas orientale. Volevamo tutti filarcela, ma sembravamo bloccati come alberi dalle radici profonde” (Sue). Fuga a cui si unisce la madre per riprendere in mano la sua vita,  inseguiti dallo zio Gene e dall’agente Sy Higginns che hanno saputo del bottino. Occhio pure a Skunk, personaggio di fantasia popolare che non parla mai, “lo sentono soltanto le persone che sta per ammazzare”, e nello stesso tempo reale: cappello a bombetta, “capelli di fuori tutti aggrovigliati e pieni di aghi di pino, foglie, terra e quant’altro”, scarpe enormi, mozza le mani e lascia inciso in fronte al malcapitato il disegno di un animale.
Viaggio lungo, faticoso, irto di pericoli: la tempesta, i lampi, la pioggia, il gorgo, lo scontro con Skunk, l’incontro con un predicatore che racchiude un segreto tremendo, quello con la vecchia con la pistola e con un gruppo di emigranti. Discussioni sulla religione, su Dio, il desiderio innato di compagnia “Tutti hanno bisogno di qualcuno che ci aiuti”, “Tutti devono avere qualcuno”.
In questo contesto la risoluzione dell’assassinio conta fino ad un certo punto, anzi per niente, che tutta l’attenzione è puntata sulla fuga, sul “viaggio” pericoloso, praticamente una metafora della vita.
Quello che colpisce, che mi ha colpito, è la forza delle donne che ce la fanno a venir via da mariti violenti, o addirittura li fanno fuori se cercano di fare i furbi con le altre, o abbandonano una vita di merda (madre di Jinx); la forza delle ragazzine che non accettano un destino segnato, la forza delle madri che lasciano andare via le figlie per un futuro migliore (vedi la mamma di Jinx). Gli uomini a fare la figura dei porci vigliacchi, snaturati anche nel fisico obbrobrioso (pance gonfie, pochi denti, uno pure senza un occhio).
Il tutto evidenziato da una scrittura forte, veloce, trascinante, ricca di metafore sorprendenti per la loro efficacia, capace di rappresentare il pensiero degli adolescenti, i loro dubbi, le loro speranze insieme al sogno americano del successo. Una scrittura che non perde colpi o gira a vuoto come talvolta succede nelle opere di Lansdale.
Un moderno libro di avventura che conquista e fa riflettere. Quello che conta è il coraggio, uscire fuori dal proprio angolo e combattere in campo aperto contro tutte le avversità della vita.

Articolo di Fabio Lotti

Dettagli del libro
  • Formato: Brossura
  • Editore: Einaudi
  • Anno di pubblicazione 2012
  • Collana: Einaudi. Stile libero big
  • Lingua: Italiano
  • Titolo originale: Edge of Dark Water
  • Lingua originale: Inglese
  • Pagine: 340
  • Traduttore: L. Conti ,  C. Ujka
  • Codice EAN: 9788806208868

giovedì 19 luglio 2012

Il fiuto dello squalo - Gianni Solla (Marsilio 2012)


Prima di parlarvi del libro vorrei raccontarvi un aneddoto su come conobbi Gianni Solla. Era una notte d'inverno, poco sonno e pioggia fuori. Tra una minchiata su facebook e qualche mp3 di "backup" scaricato, arrivai su un sito: http://www.hotelmessico.net . Grafica orrenda, logo bruttino, ma l'occhio mi cadde su un topic dal titolo Lettera a Scarlett Johansson che iniziava così:
Cara Scarlett Johansson, mi chiamo Renato e lavoro alla PlasticFond. Ho la Fiat Panda 1100 a gasolio con il condizionatore e lo stereo Kenwood con l’mp3. L’anno scorso ad agosto ho affittato per due settimane una casa a Mondragone con mia sorella. Ha una bambina piccola che piange sempre. Il dottore dice che è autistica, ma se uno non lo sa sembra normale. Solo certe volte se guarda la televisione per troppo tempo le viene l’epilessia, fa la schiuma e gira gli occhi all’indietro. Allora mia sorella deve farle una siringa lunga due centimetri nella gamba. Mio cognato dice che da grande la bambina si aggiusta perché anche lui da piccolo sembrava mongoloide però adesso ha l’alfa 147 a benzina...
Rimasi attaccato a quel topic fin quando la fine non mi colse di sorpresa e rimasi di sasso perché avrei voluto continuare a leggerlo (vi prego fatelo, andate sul sito e leggete 'sto delirio!). Da quel momento impiegai qualche giorno per contattare in qualche modo il buon Solla e dopo esserci riuscito gli chiesi di scrivere un romanzo con lo stesso tema, ma la risposta fu un glaciale "mi sto dedicando ad un altro romanzo". Beh, è da allora che aspettavo l'uscita di questo libro edito da Marsilio e bisogna dire che Jacopo De Michelis c'ha visto lungo. "Il fiuto dello squalo" è un meraviglioso libro (tra i 5 libri più belli che abbia letto quest'anno), carico di amarezza, di vita reale e infame, è una sorta di noir metropolitano che vede come personaggio principale un disgraziato a cui succede di tutto e anche di più.
Lui è Sergio Scozzacane, un impresario musicale truffaldino che oltre ad aver mandato in malora tutto ciò che negli anni suo padre aveva creato con la Musica Blue Records, si incasina chiedendo soldi a chiunque, il problema è che tutti i suoi creditori ad un certo punto vengono a reclamare il cash.

Ho fatto una pila con le bollette da pagare e ho sprecato l'ultimo dito di inchiostro della stampante per mettere su carta le email degli avvocati che reclamano soldi per conto di qualcuno. Le loro intestazioni sono sempre uguali. Egregio Sig. Scozzacane, Gentile Sig. Scozzacane, Pregiato Sig. Scozzacane. Pi man mano che proseguono, le lettere diventano più feroci. Mostrano i denti, dopo quattro righe, sono diventato un disonesto, un figlio di puttana. Tutte finiscono con il fatto che vorrebbero sfondare il culo all'Egregio, al Gentile, al Pregiato.

La scrittura è senza fronzoli, perché Sergio è un popolano ed essendo in prima persona scorre che è una meraviglia. L'amarezza è alla base di tutto e sgorga senza sconti tra le righe, sin dalla prima pagina, dove viene descritta la vita del padre di Sergio. Man mano che si prosegue nella lettura, si è travolti da humor nerissimo e cinico che va a scontrarsi con scene di vita vissuta, di quella quotidianità che ahimè in questo periodo storico potrebbe essere il ritratto di molte, troppe persone.
Un libro da avere ma sopratutto da leggere. Compratelo, fatevelo regalare e regalatelo, rubatelo, insomma, un libro che non può mancare in libreria e io il mio posto speciale gliel'ho trovato tra Pozzoromolo e I Cariolanti. Unico rammarico è dover attendere per un nuovo romanzo di Solla. Nel frattempo, mi immergo nel suo sito.

Articolo di Enzo "BodyCold" Carcello

Dettagli del libro
  • Formato: Brossura
  • Editore: Marsilio
  • Anno di pubblicazione 2012
  • Collana: Marsilio X
  • Lingua: Italiano
  • Pagine: 300
  • Codice EAN: 9788831711807

mercoledì 18 luglio 2012

Le Prince Noir concorso Aìsara. I Finalisti



Ne avevamo parlato in un altro topic qualche tempo fa ed oggi sono usciti i risultati finali di un concorso davvero carino e gestito da una casa editrice che in corpi freddi è molto apprezzata. Incollo il comunicato stampa:

La casa editrice Aìsara è felice di annunciare i nomi dei vincitori del concorso letterario Le Prince noir.

Claudio Bagnasco
Alessandro Cascio
Leonardo Casula
Romano De Marco
Daniela Frascati
Alberto Gherardi
Paolo Maccioni
Giovanni Zucca
Alessandro Greco
Mauro Marcialis
Gianluca Morozzi
Sacha Naspini

I loro racconti saranno pubblicati in un’antologia in uscita a novembre, per celebrare l’opera di André Hèléna, autore del secondo dopoguerra oggi considerato fra i più autentici rappresentanti del romanzo noir francese, a quarant’anni dalla sua scomparsa.

Le Prince noir Omaggio ad André Héléna a cura di Alessandro Greco). Prefazione di Serge Quadruppani

Dodici racconti liberamente ispirati ai 12 romanzi scritti da André Héléna: storie di omicidi, prostituzione e ricatti nella cornice di un mondo marcio dominato dalla legge del più forte. Un viaggio negli abissi più neri della mente umana.



martedì 17 luglio 2012

Una brutta storia - Piergiorgio Pulixi (E/O Ediz. 2012)



La straordinaria opportunità che si viene a creare grazie all’organizzazione delle cicliche rassegne letterarie targate corpi freddi sta nella possibilità di scandagliare una vasta e variegata gamma di romanzi di genere italiani, immergendosi in un sottobosco mai così vivo, fertile e palpitante. Il tutto risulta ancora più eccitante e coinvolgente quando ti trovi ad avere a che fare con romanzi di questo calibro, le sorprese che non ti aspetti, vere e proprie mazzate tra capo e collo che ti sconquassano nel profondo.
Piergiorgio Pulixi, giovane talentuoso allievo cresciuto sotto le amorevoli cure e i saggi consigli del maestro assoluto del noir Massimo Carlotto e già membro del collettivo di autori Mama Sabot con i quali ha debuttato nel romanzo “Perdas de fogu”, scritto in collaborazione con lo stesso Carlotto, spicca ora maestosamente il volo solitario con un cazzutissimo, adrenalinico e coinvolgente noir di ampio respiro, un epico kolossal criminale che lo proietta a pieno diritto tra le nuove interessanti realtà del panorama letterario.
La vicenda raccontata è, parafrasando il titolo, “una brutta storia” di corruzione, di odio, di vendetta ma allo stesso tempo, paradossalmente, di coerenti (seppure perversi) codici di condotta, di inscindibili legami familiari, di amore possessivo e viscerale.
Biagio Mazzeo è un ispettore della narcotici corrotto e spietato. Con cinismo, crudeltà e dura imposizione territoriale sta costruendo un impero sotterraneo plasmato sul traffico di droga, sulle rapine, sullo sfruttamento della prostituzione, sul gioco d’azzardo illegale e altri loschi traffici. Insieme alla sua combriccola di fedeli sottoposti che ne seguono in maniera devota le linee di condotta marce sino al midollo, ha formato una vera e propria banda criminale che devasta e guerreggia con la silenziosa complicità dei poteri forti. Nella sua ricerca continua e forsennata del potere Biagio pesta i piedi alla persona sbagliata. Durante una rapina a scopo intimidatorio ci scappa il morto, per l’esattezza il fratello di un leader di una pericolosissima gang cecena, Sergej Ivankov. Il progressivo confronto sino all’inevitabile entrata in rotta di collisione tra le due bande scatenerà una spirale di violenza che ne stravolgerà i destini.
“Una brutta storia” è un romanzo che rimarrà nella mia memoria a lungo. Sono tantissimi i pregi e i punti di forza che lo elevano a opera di grande spessore: dalla deliziosa e potente impronta corale gestita in maniera impeccabile, dal perfetto e strategico congegno narrativo ad orologeria curato in tutte le sue connessioni e ramificazioni, sino alla profonda ed efficace caratterizzazione dei personaggi coinvolti nella vicenda, alcuni davvero indimenticabili. Non era facile gestire tutto questo materiale umano nella corposa economia di un romanzo che rasenta le 450 pagine fitte, garantendo allo stesso tempo scorrevolezza e mantenendo la soglia di attenzione del lettore costantemente alta. Pulixi ci è riuscito alla stragrande.
La scrittura semplice e lineare,  forse non spicca in eleganza ma è tutto sommato funzionale alla storia e alla materia trattata. Se mi è concesso un appunto ho notato che alcuni termini risultano ripetuti in maniera eccessiva, il verbo “sibilare”, per esempio, raggiunge una frequenza  francamente fastidiosa e irritante. Probabilmente anche una leggera sforbiciata ad alcune parti in esubero avrebbero donato se possibile ancora più fluidità al testo.

Significativa e d’impatto la bella cover del romanzo che ci presenta Biagio Mazzeo e Sergej Ivankov nell’atto di fronteggiarsi: due personaggi diversi nelle origini, nelle radici e nel percorso di vita ma, allo stesso tempo, perfettamente speculari nel mantenimento del dominio e nella salvaguardia del branco e della famiglia. Una lode doverosa alla neonata collana Sabot-age, diretta da Colomba Rossi, che con coraggio, professionalità e determinazione sta cercando con un progetto coerente e lungimirante di dare nuova linfa al genere e non.
Molto marcate le influenze dello scrittore, soprattutto dei padri tutelari della scuola hard boiled americana. Pulixi prende molto anche dal cinema poliziesco d’autore. Sarebbe curioso vedere cosa ne uscirebbe fuori da una trasposizione cinematografica ad alto budget.
Belle sensazioni mi ha dato anche l’esperienza umana in occasione dell’incontro con lo scrittore: Piergiorgio Pulixi è un ragazzo dotato, profondo, umile, sensibile. Con grande passione, entusiasmo e fame. E’ forte percezione che ne sentiremo parlare a lungo.

Articolo di Marco "KillerMantovano" Piva"



"Penso che in un certo modo Harris abbia fatto troppo bene il suo lavoro. Ha imparato come manipolare, come spingere sempre oltre il limite e, nel far ciò, è divenuto più duro di alcuni dei tipi a cui dà la caccia."(Denzel Washington alias Alonzo Harris in "Training Day")

Ci hanno abituati, quasi assuefatti, all'idea che dietro alcune divise ( e non solo quelle che rivestono i tutori dell'Ordine ) ci siano individui che per un motivo od un altro, abbiano oltrepassato e giornalmente travalicano quel sottile confine che li separa da coloro che chiamiamo criminali. Banalmente potrei citare una frase di E.Allan Poe, che contiene parte della verità : "Se guardi troppo a lungo nell'abisso anche l'abisso vorrà guardare in te". Parte della verità appunto, perchè personalmente credo che siamo tutti, senza discriminazione alcuna, costantemente in bilico su quella striscia sottilissima e che nessuna "protezione" è veramente efficace quando la vita ti risponde regolarmente di no e la "socialità razionale" vacilla.
Infatti occasionali per perdere quell'equilibrio di bravo ragazzo non basta il carattere, il passato con cui fare i conti o i mille argini creati da professioni di fede ed educazione. E' un'oscurità che cala spegnendo tutte le luci, è un dolore antico che vibra e risuona in una caverna paleolitica.
La notte dell'anima è breve in questi casi ma non ci sarà più un'alba uguale alle precedenti dopo e forse, nessuna. Ma quando non si tratta più di un fatto occasionale ma di un atteggiamento costante?. Se non parliamo di un serial killer o affini allora psicologicamente, per attuare un continuo annichilamento della coscienza ed il superamento della Paura ( quella con la P maiuscola ) ci sono altri fattori che entrano in gioco, primo fra tutti ( a mio parere ) la "condivisione" con altri : Il branco, la gang, la banda , i "fratelli d'armi" , i compagni di merenda. Persone che diventano la famiglia che non hai mai avuto, la tua costante ispirazione e la tua guida e molto di più..l'argine più robusto che tu possa mai "alzare" tra te e l'esondazione di quella solitudine che permea l'esistenza sin dal primo vagito.
Nella nostra "fragilità" una tale appartenenza è l'unico "distinguo" che fà la differenza. Quella dove il bene supremo diventa quello di chi scende con te nell'arena, di chi con il sangue e nel sangue lotta con te.
Tutti gli altri sono come ombre ai limiti dello sguardo, se non sono nemici da distruggere. Lo abbiamo visto nei film , nei racconti di soldati tornati da guerre e battaglie mondiali o del più piccolo angolo del mondo. Lo abbiamo visto accadere nella realtà .
Lo vediamo prendere forma anche negli occhi di Biagio Mazzeo, ispettore della Narcotici, ed i suoi "ragazzi" nel nuovo romanzo di Piergiorgio Pulixi " Una brutta storia".
Biagio ed il suo "clan" sono dei duri, duri più della strada stessa . Manipolano, ingannano, ricattano , alla stregua di quelle che comunemente vengono riconosciute come associazioni mafiose. Uccidono anche, quando serve. Senza quasi nessun rimorso, perchè la banda ed il colpo grosso che Biagio stà architettando sono le uniche cose importanti.
Hanno tutti attraversato quel famoso confine, andando oltre. Quasi ingestibili anche per i loro capi, che sanno, tacciono e coprono, per i "risultati" che la squadra porta, per il decoro dei successi, per la pacificazione delle strade che ottengono con lo stesso metodo di quelli che combattono. Sebbene il "quadro" di manchevolezze e di "abbandono" dello Stato e delle sue più alte istituzioni che dipinge il capo di Mazzeo, Antonello Verri rispecchia la realtà in cui agiscono e devono agire le forze dell' Ordine e sospingono le nostre simpatie di lettori e di ricercatori di giustizia verso la "famiglia Mazzeo ", ci sono momenti in cui ti fermi con la pagina aperta e ti chiedi quando quella sete di giustizia e di ordine, di rispetto e di legalità, sia stata svenduta, mercificata, corrotta da una sete più grande, quella di potere e ricchezza. Il colpo grosso, infatti, non sembra essere che questo, un modo per dettare definitivamente legge sulle strade della droga e raggiungere la ricchezza vera. Se anche comprensibilmente mossi, ognuno, per "sistemare" i propri affetti, viene da domandare dov'è la differenza tra i "buoni" ed uno come Sergej?
Perché ora, proprio nel momento in cui il gioco dovrebbe dare i frutti definitivi, giunge il "coperchio" che il diavolo non sa fare: Sergej , il boss della mafia russa il cui fratello è stato ucciso, per sbaglio, in una rapina organizzata proprio dai nostri. Sergej , l'altra faccia di Biagio Mazzeo.
Un bel romanzo questo di Piergiorgio Pulixi, una scrittura che avvolge e coinvolge, oserei dire "cinematografica".
Li "vedi " i suoi personaggi, li ascolti parlare, senti i loro pensieri come se scorressero sul gobbo di un film muto.
Li hai già incontrati, li hai "odorati" al  margine di una realtà che sai esistere e che speri non ti tocchi mai.
Li hai guardati negli occhi mille volte, sui giornali, allo stadio, sulle strade nel lampeggiare blu delle sirene.
Quello che leggi in queste pagine è qualcosa che sai al margine della coscienza, eppure sei "costretto" comunque ad interrogarti, a domandarti cosa e come faresti se quella divisa la indossasti tu.
Cosa comporterebbe nelle tue mani quel poco di potere e quante mani, invece,  con ben più grandi risorse  e ancora più grandi ombre nelle loro coscienze potranno continuare a varcare quel confine senza pagarne mai il prezzo.

"Ma voi pensate che spaccare la faccia alla gente sia una cosa che mi piace ? Prima di decidere chi sono gli innocenti e i colpevoli, dovrebbe almeno chiedersi come funziona. Il lavoro della celere. Ma in quei momenti hai il cuore che te batte forte, l'adrenalina che sale... a mille, la testa che te rimbomba che sembra che te va a scoppià dentro il casco non senti niente. Hai solo i tuoi fratelli accanto... Solo su i tuoi fratelli puoi contare." (Cobra – dal film “Acab”)


Articolo di Daniela "eccozucca" Contini

Dettagli del libro
  • Formato: Brossura
  • Editore: EO
  • Anno di pubblicazione 2012
  • Collana: Sabot/age
  • Lingua: Italiano
  • Pagine: 439 
  • Codice EAN: 9788866321255

lunedì 16 luglio 2012

Il caso Collini - Ferdinand Von Schirach (Longanesi 2012)


“Tutti dobbiamo essere tagliati per quello che facciamo” Ernest Hemingway

Seconda uscita italiana per l'autore/avvocato tedesco edito da Longanesi, Ferdinand Von Schirach, che qualche mese fa intervistai per l'uscita del primo romanzo "Un colpo di vento".
Titolo del nuovo libro: "Il caso Collini" e a differenza del primo, quando lo comprai rimasi perplesso per il numero di pagine, "pochine" per riuscire a sviluppare ciò che la quarta di copertina spoilerava.
Ma mai sentenza fu tanto sbagliata. Così come ci aveva viziati nel primo libro, Von Schirach, anche in questo caso ci accompagna all'interno di un legal thriller scritto divinamente.
Certo è che spiegare la trama o quanto meno accennarvela per un libro di 240 pagine non è facile senza dirvi troppo, ma vediamo di andarci cauti.
L'inizio è subito sanguinolento. Un omone di origini genovesi, Fabrizio Collini, uccide con quattro colpi di pistola Hans Meyer, miliardario industriale tedesco di ottant'anni e si denuncia alla polizia che lo arresta.
L'avvocato che lo assiste al caso è un giovane neo-laureato Caspar Leinen che si ritrova ad affrontare un caso che sembra senza via d'uscita e senza appello, visto che il reo confesso, Collini, si barrica dietro un silenzio rumorosissimo e vieta al suo difensore d'ufficio qualsiasi tipo di ingaggio col pubblico ministero.
Indagini che scavano sul passato del defunto magnate riportano la storia ai massacri nazisti tedeschi, cruccio che lo scrittore si porterà dietro per tutta la vita considerando la parentela che lo lega ad uno dei boia più efferati di quel periodo.
Un libro che per la tematica, fa parecchio riflettere e che riporta a galla ricordi mai sopiti di una storia sempre meno recente che faremmo bene a non dimenticare.
Un romanzo davvero emozionante che si legge in poche ore e che a dispetto delle poche pagine ricorderete per un po'. Adesso attendiamo la conferma col terzo romanzo.

Collini posò la pistola sul tavolo. Si mise sul pavimento accanto all’uomo, gli fissò le macchie senili sul dorso delle mani. Col piede fece girare il cadavere. Di colpo diede un calcio con il tacco al viso del morto, lo guardò, poi gli diede un altro calcio. Non riusciva a smettere, continuava a dargli calci, sangue e massa cerebrale gli schizzavano le gambe dei pantaloni, schizzavano il tappeto, schizzavano l’intelaiatura del letto. Il medico legale in seguito non riuscì a ricostruire il numero di colpi, le ossa delle guance, della mascella, del naso e della scatola cranica si ruppero per la violenza. Colini smise solo quando gli si staccò il tacco dalla scarpa. Si sedette sul letto, il viso gli grondava di sudore. Il battito gli tornò normale con grande lentezza. Aspettò, finché riuscì a regolarizzare di nuovo il respiro. Si alzò, si fece il segno della croce, lasciò la stanza e scese in ascensore fino al piano terra.



Articolo di Enzo "BodyCold" Carcello


Dettagli del libro
  • Formato: Rilegato
  • Editore: Longanesi
  • Anno di pubblicazione 2012
  • Collana: La Gaja scienza
  • Lingua: Italiano
  • Titolo originale: Der Fall Collini
  • Lingua originale: Tedesco
  • Pagine: 166
  • Traduttore: I. A. Piccinini
  • Codice EAN: 9788830433298

giovedì 12 luglio 2012

Cose che il buio mi dice - Carolyn Jess-Cooke (Longanesi 2012)



Il Conflitto nordirlandese, conosciuto in inglese come The Troubles (termine eufemisticamente traducibile come "I disordini"), è il nome con cui si indica la cosiddetta "guerra a bassa intensità" che si è svolta tra la fine degli anni '60 e la fine degli anni '90 in Irlanda del Nord cui effetti si sono allargati anche all’Inghilterra  e alla Repubblica d’Irlanda e che ha causato oltre 3000 morti. (Wikipedia).

Le ricerche che ho condotto per questo libro hanno suscitato in me un grande rispetto per tutte le persone che si occupano della salute mentale dei bambini in Gran Bretagna e in particolare in Irlanda del Nord (Carolyn Jess-Cook)

Ed è questo lo sfondo in cui  si muove a proprio agio l’autrice di Belfast. Non ci parla dei conflitti in se stessi, né di scene di sanguinari attentati, sarebbe scontato e facile forse, ma va più fondo analizzando con maestria e stile quanto tutto questo possa aver influito sulla psiche di quei bambini che involontariamente si sono trovati coinvolti nei Troubles. Una lettura intensa e inquietante che fa rabbrividire per l’argomento trattato e che richiede un certo impegno nonostante la struttura a capitoli brevi e il duplice punto di vista dei due protagonisti principali la renda scorrevole.

La mente è il proprio luogo, e può in sé fare un cielo dell’inferno, un inferno del cielo (Paradiso perduto – Milton)

All’età di 5 anni Alex si è trovato spettatore inconsapevole di un attentato e ha visto ciò che non avrebbe mai dovuto vedere; Ora, a 10 anni. è un bambino strambo, complicato, vive con la giovane mamma depressa in una casa fatiscente a Belfast ed ha un amico immaginario, Ruen, un demone, che si è impossessato della sua vita e della sua mente, che lo aiuta ad andare avanti, lo consiglia, ma a volte lo tratta male e lo fa stare peggio. Cosa succede nella mente di Alex? Cosa ha scaturito la comparsa di Ruen? In suo aiuto interviene la giovane psichiatra infantile Anya che cercherà in tutti i modi di salvarlo dai suoi mostri e dall’abisso in cui una malattia mentale  può farlo sprofondare. Alla fine rimane qualche dubbio, qualche interrogativo non risolto che la protagonista non comprende appieno e neanche noi, ma questo sensazione di “incompiutezza” secondo me è voluta, perchè quando l’argomento è la psicosi, a mio avviso ci troviamo davanti ad una gamma infinita di grigi, nessun bianco e nero e quindi nessuna certezza.

Mi sembra una voragine…. Una voragine al posto dell’anima. 



Articolo di Cristina "cristing" Di Bonaventura

Dettagli del libro
  • Formato: Rilegato
  • Editore: Longanesi
  • Anno di pubblicazione 2012
  • Collana: La Gaja scienza
  • Lingua: Italiano
  • Titolo originale: The Boy Who Could See Demons
  • Lingua originale: Inglese
  • Pagine: 401
  • Codice EAN: 9788830427884

lunedì 9 luglio 2012

Intervista a Sophie Hannah - La culla Buia (Garzanti 2012)


CorpiFreddi: Sophie Hannah è una scrittrice inglese un po’ atipica, nel senso che difficilmente oltre Manica si trovano scrittrici donne che si occupano di thriller psicologico e visti i dati di vendita, lei lo fa anche molto bene. La prima domanda che vorrei porle è: esistono secondo lei, generi letterari più maschili e altri più femminili?

Sophie Hannah: E' una generalizzazione, ma io penso che alcuni libri attraggano più donne che uomini. Gli uomini tendono a preferire gialli che contengono esplosioni/ inseguimenti di macchine / le cospirazioni del FBI, mentre le donne sembrano preferire gialli psicologici basati sulle relazioni. I miei sono senza dubbio nella seconda categoria. Sebbene io abbia molti lettori uomini, a cui penso piaccia l'elemento di enigma dei miei romanzi, non c'è dubbio che la maggioranza dei miei lettori siano donne. Qualsiasi cosa succeda nella trama , il tema centrale  di tutti i miei libri  riguarda  donne che lottano per sopravvivere di fronte alla minaccia di annientamento.

CF: Come mai la scelta di questo genere letterario (thriller psicologico) per i suoi romanzi?

SH: Io sono sempre stata affascinata dalla psicologia - il carattere delle persone e cosa li fà comportare nei modi più disparati. Penso di aver sempre notato più stranezza nella normalità (comportamento normale), così in genere mi attengo a questa categoria. Cerco di assicurarmi sempre che i moventi dell'omicidio nei miei libri siano psicologicamente unici ed irresistibili, non solo il genere di moventi che è probabile che chiunque possa avere, ad esempio per eredità di soldi o altro.

CF: Ci parli un po’ del suo background letterario: gusti, i suoi inizi, ecc

SH: Ho scritto sempre, sin da quando ero una bambina. Appena ho imparato a scrivere, tutto ciò che suscitava il mio interesse, lo utilizzavo per costruire storie e poesie - penso di essere vissuta totalmente in un mondo di fantasia per la maggior parte del tempo!. Sin da bambina mi appassionai alle storie di mistero - ho amato  “I sette misteri segreti” di Enid Blyton e all'età di dodici anni ho scoperto Agata Christie. Avevo diciotto anni quando decisi di provare io a scrivere un romanzo del mistero e trentaquattro anni dopo ne ho scritto uno che non è poi tanto male! Sono anche una poetessa e ho pubblicato cinque raccolte di poesie. Questo ( la poesia ) è ciò che ho amato fin dall'infanzia.

CF: Parliamo del suo nuovo romanzo "La culla buia". Il tema trattato dall’incipit è davvero molto crudo. Tre donne vivono l’incubo di tutte le madri, trovare il proprio figlioletto morto nella culla. Il romanzo poi si evolve parlando della vita da recluse delle rispettive madri condannate erroneamente dalla giustizia per infanticidio. Ci parli di questo libro.

SH: Direi che è un giallo sull'ambiguità morale. Non ho voluto creare i soliti " buoni" e "cattivi", perché trovo più interessante esplorare le ambiguità morali. Quindi, anche se ci sono molti personaggi che danneggiano gli altri e perfino li uccidono in alcune occasioni, non c'è nessuno ( neanche fuori ) che sia completamente cattivo, neanche la persona che risulta essere l'assassino. Il killer viene fuori brutalmente perché è colmo di dolore. Non c'è una morale totalmente nera o totalmente bianca in questo romanzo, tutti hanno commesso dei terribili errori. Questo è più vero nella mia visione della vita reale di uno scenario in cui i bravi ragazzi catturano i cattivi ragazzi! Penso che la maggior parte delle persone che causa gravi dolori agli altri , siano persone che per prime si trovino esse stesse in un grande dolore. Non stò scusando la violenza in generale, ma credo che questo aiuti a capire le sue radici. La storia parla di una produttrice TV, Fliss, che stà facendo un documentario su tre donne accusate di aver ucciso i loro bambini, poi qualcuno tenta di uccidere queste stesse donne ed anche Fliss si troverà in pericolo.

CF: E’ stata ispirata da qualche fatto realmente accaduto per la stesura di questo romanzo?

SH: Il romanzo è stato influenzato da molti fatti di vita vera accaduti nel Regno Unito, come quelli di Sally Clark, Angela Cannings e Trupti Patel, che furono tutte accusate di aver ucciso i loro figli e tutte loro si dichiararono innocenti. Le condanne di Sally Clark e Angela Cannings e l'assoluzione di Trupti Patel, nonchè tutte le apparenti ed affascinanti contraddizioni che rendevano complicati questi casi, mi spinsero a scrivere " A Room Swept White". Questi erano casi in cui sembrava non esserci nessuna ragione evidente tranne ciò che veniva discusso come carattere medico. Nessuno potè testimoniare alcunchè, nessuno conosceva nulla realmente, fu solamente uno scambio di testimonianze fra un esperto di analisi dei tessuti contro un altro. La cosa che mi interessò di più fu come dapprima Clark e Cannings furono demonizzate e poi più tardi quando furono rilasciate, l'esperto che aveva testimoniato contro entrambe, il Professore ( Sir ) Roy Meadow, fu perseguitato ed accusato di una caccia alle streghe contro povere madri. Quando queste donne furono rilasciate  gli fu detto che non erano più mostri assassini, ora erano delle tragiche vittime. Per tutto il tempo, la verità su cosa aveva causato la morte di quei bambini non cambiò e nessuno (a parte le donne coinvolte) ebbe la possibilità di conoscere con sicurezza cosa era successo. Vengo affascinata dalle storie che  raccontiamo con autorevolezza a noi stessi e a chiunque altro in assenza di fatti inappuntabili , questo sembra renderci ( come società ) ancora più certi ed ostinati quando c'è un ancora minore numero di fatti a nostra disposizione. Mi sono assicurata, comunque, quando ho scritto il libro, di creare casi romanzati piuttosto che basare i miei personaggi sulle specifiche di Clark, Cannings e Patel. Ho voluto sapere con certezza se i miei personaggi avevano o non avevano ucciso i lori bambini e avendo usato dei personaggi totalmente romanzati, ho potuto esser in grado di decidere questo senza falsificare la vera storia di nessuno.

CF: In un articolo scritto per noi da Brian Freeman (autore americano di thriller) ci si interrogava sui limiti legati alla morale che uno scrittore dovrebbe porsi quando scrive dei romanzi. Secondo lei, si può e si deve parlare di tutto nei libri o ci si deve porre dei limiti sui temi trattati nei romanzi?

SH: Penso e credo di aver potuto parlare di ogni cosa io abbia voluto parlare o che mi abbia interessato esplorare. Ci sono soggetti che non mi attraggono o non mi interessano, e su cui quindi non ho voluto scrivere, ma io non penso che ci sia alcun tabù negli argomenti del soggetto trattato. Tutto dipende da come ci si occupa sensibilmente e rispettosamente di un argomento cosi traumatico. Ho scritto su donne che sono passate attraverso terribili esperienze ma, alla fine, sopravvivendo a queste e uscendone fuori psicologicamente più forti, è chiaro che io sono dalla parte di chi è sopravvissuto. Penso che sia cruciale in un romanzo approcciarsi , qualsiasi sia l'argomento trattato, dalla parte giusta:  che è dove entra in gioco la moralità.

CF: Devo ammettere che la parte dove si parla dell’infanticidio è stata la parte più dolorosa del libro. Durante la stesura del romanzo non si è mai soffermata a pensare a questo trauma e dire: “ok è troppo anche per me. Cambio la trama”?

SH: Hai ragione, è veramente sconvolgente. Ma io penso che sarebbe peggiore se gli scrittori si nascondessero da un argomento sconvolgente o difficile. Il mondo è un luogo sconvolgente e difficile e la letteratura e la finzione devono confrontarsi con il vero contenuto della vita, piuttosto che con la sua superficie brillante.  Quando sto scrivendo, sono cosi concentrata sul libro come su un manufatto  e su come trovare tutti i vari pezzi e fili da collegare strutturalmente insieme , che questo diventa una sorta di barriera di sicurezza che mi protegge dall'argomento il più delle volte straziante. Ma fondamentalmente, credo che parlare di queste storie di sopravvivenza a grandi dolori e trauma possa sollevare e  che possa rendere gli uomini più ottimisti.

CF: In Italia il 70% delle persone che acquistano libri thriller, sono donne. Escludendo le sue lettrici di sempre, non crede che il tema trattato possa essere un deterrente verso l’acquisto del suo libro?

SH: No, non credo. Certamente nel Regno Unito, molte donne che non hanno perso i figli hanno letto ed amato questo libro ed anche molte donne che ne avevano perso uno o più per la Sindrome Improvvisa di Morte Infantile  lo hanno amato e sono state smisuratamente grate che qualcuno abbia finalmente scritto un romanzo sul genere di dolore che hanno dovuto attraversare. C'è un detto molto noto: "Noi leggiamo per sapere che non siamo soli" - penso che questo si applichi qui.

CF: Leggendo il suo libro, mi rendevo conto di quanto il potere mediatico dei mass-media, possano influenzare i giudizi delle persone. Si viene prima dipinti mostri crudeli e assassini dei propri figli e dopo essersi resi conto dell’errore giudiziario, le vittime sono quasi santificate.

SH: Credo che questo sia un modo per terrorizzare molte persone così che possano essere "dirette" dai media e permettere che le loro opinioni siano plasmate da ciò che i giornali vogliono che loro pensino. L'aspetto principale ( il filo conduttore ) del romanzo è l'agghiacciante osservazione di come realmente poche persone abbiano una mente veramente critica ed indipendente - quale in un mondo ideale, ognuno avrebbe.

CF: Quale, tra i libri da lei scritti, vorrebbe rivedere e riscrivere dopo anni? E perché?

SH: Penso che tutti i miei libri potrebbero essere migliorati, e che tutti abbiano difetti, ma complessivamente sono orgogliosa di loro e penso che siano i libri che ho voluto fossero. Se potessi, tuttavia, darei ad ogni libro un finale riscritto, solo per perfezionare le imperfezioni!

Intervista di Enzo "BodyCold" Carcello
Traduzione di Daniela "eccozucca" Contini

Trama del libro

L'incubo inizia sempre nello stesso modo. E stata una lunga nottata, il pianto del neonato intermittente, la stanchezza che ti attanaglia gli occhi. Ma finalmente, alle prime luci dell'alba, il bambino si è addormentato. E tu sei crollata dalla stanchezza. Solo pochi minuti, appena riaperti gli occhi sei subito corsa verso la culla per vedere le sue manine paffute protendersi verso di te. Ma il piccolo è immobile. Lo tocchi, e non respira più... Per molte donne questo è solo un brutto sogno da cui risvegliarsi in un bagno di sudore. Ma per Helen Yardley, Ray Hines e Sarah Jaggard l'incubo è continuato anche una volta sveglie. Il loro bambino è morto, senza una ragione apparente. Tutte sono state accusate di infanticidio e ci sono voluti lunghi processi e molti anni di prigione, prima che fossero scagionate. "Morte in culla" è il verdetto finale. Fliss Benson è una giovane produttrice televisiva, a cui viene affidato l'incarico di girare un documentario sulla loro vicenda. Questo è l'ultimo progetto a cui vorrebbe lavorare, perché riapre in lei una ferita mai sanata che riguarda il suo passato. La mattina in cui sta per rinunciare all'incarico riceve un biglietto con sedici cifre. Un biglietto oscuro e ricattatorio. A indagare sulla minaccia è la poliziotta Charlie Zailer, la quale scopre che gli stessi numeri sono stati inviati anche alle tre donne accusate di infanticidio.

Dettagli del libro
  • Formato: Rilegato
  • Editore: Garzanti Libri
  • Anno di pubblicazione 2012
  • Collana: Narratori moderni
  • Lingua: Italiano
  • Titolo originale: A Room Swept White
  • Lingua originale: Inglese
  • Pagine: 438
  • Traduttore: S. Lauzi
  • Codice EAN: 9788811681755