«E invece eccomi qui, rifletté. Di nuovo sulla breccia, come se nulla fosse accaduto.
Come se non fossi morto un altro po', come ogni volta che scopro quanto nera può essere un'anima. Come se fossi ancora vivo»
Questo romanzo inizia come un film; sembra di essere dietro alla macchina da presa mentre vengono inquadrate le mani, i loro movimenti, il loro agire; si percepisce la mente che le guida, i suoi pensieri, le sue sensazioni.
Se la prima frase de “Il giorno dei morti” faceva immaginare una scena senza vita all’inizio di un giorno di pioggia, nel primo capitolo di questo libro l’attenzione del lettore è attirata dal frenetico muoversi delle due mani che hanno commesso un atroce delitto. E’ un prologo in cui facilmente si riescono a “vedere” i dettagli così ben descritti dall’autore: il modo di scrivere di de Giovanni infatti, seppur preciso e descrittivo, lascia sempre ampio spazio all’immaginazione del lettore.
Poi la storia entra nel vivo: manca una settimana al Natale del 1931 e la città di Napoli vive in attesa dell’evento.
Non tutti però si sentono più buoni a Natale, perché le condizioni sociali, familiari e personali influiscono sulla vita di tutti gli abitanti; un duplice omicidio è avvenuto in una casa della zona di Mergellina, dove un ufficiale della Milizia e sua moglie sono stati assassinati con numerose coltellate.
Durante il lavoro di indagine l’inseparabile compagno di Ricciardi (qui un po’ più defilato rispetto ai romanzi precedenti), il brigadiere Maione, dovrà affrontare un dilemma da cui sarà difficile uscire; un fatto personale che lo porterà a confermare o a negare il suo profondo senso della giustizia, ma che metterà a rischio anche il legame vitale che ha con la sua famiglia.
Pur non toccando la forte intensità emotiva del precedente romanzo, “Il giorno dei morti”, questa storia ha molti momenti in cui si sente la sensibilità dell’autore, la sua capacità di descrivere le emozioni provate dai personaggi e di esprimere nei particolari la Napoli del 1931, con i diversi ambienti sociali dove si svolgono i fatti: il mondo dei pescatori e quello della Milizia Portuaria, “quella che ha competenza sul traffico di merci e sulla pesca.”
Una Napoli indaffarata nei preparativi per la festa ormai imminente, dove non manca il racconto dell’atmosfera del Natale, perché “Il Natale è un’emozione.”
Sembra di essere in un cinema prima dell’epoca del sonoro: si vedono le immagini ma non si sentono le parole; come fa Ricciardi seduto al suo solito tavolino d’angolo del Gambrinus, da dove, dietro “lo spesso vetro”, guarda verso la strada “un fiume di gente andare e venire, carica di involti e pacchi”: la vigilia di Natale è arrivata.
Il finale, come lo sono le prime pagine del romanzo, è cinematografico: le due ultime scene sembrano essere quelle delle pellicole in bianco e nero (quando ancora si poteva leggere la parola “Fine” al termine della proiezione) e, ancora una volta, l’elemento atmosferico è presente.
E’ difficile raccontare un film ad una persona che non l’ha visto. Si può narrare la storia, descrivere l’accuratezza dei costumi, menzionare i dialoghi, tratteggiare i personaggi; sentire parlare di un film però non è mai come vederlo, perché non si riesce a coglierne l’essenza che sono, soprattutto, le immagini e la recitazione degli attori.
Io ho cercato di descrivere il film, ora tocca a voi andare a vederlo… recandovi in libreria.
Articolo di Paolo "carrfinder" Umbriano
“Brillantissimo sul lavoro, nessuna amicizia con i colleghi segnalata, non vi vogliono molto bene, a quanto risulta qui, tranne il qui presente brigadiere Maione. Nessuna aspirazione di carriera, per la gioia del vostro superiore, il vicequestore Garzo, che è un incapace. [...] E l’amicizia – devozione, dovrei dire – della signora Lucani Vezzi, amica della famiglia Mussolini, addirittura, già cantante d’opera. La cosa vi aiuta; come non vi aiuta, invece (è segnalata in rosso, addirittura), l’amicizia col dottor Modo Bruno, sospettato di antifascismo militante, ma valido medico dell’Ospedale dei Pellegrini. All’attivo la risoluzione di casi celebri, come appunto l’omicidio del tenore Vezzi, marito della suddetta signora, della duchessa Musso di Camparino eccetera eccetera. Tutto giusto, immagino.”
Nonostante l’indiscusso talento, la sempre più considerevole mole di riconoscimenti ottenuti e l’amore incondizionato dei suoi lettori, credo che per Maurizio De Giovanni, scrivere “Per mano mia” non sia stato un lavoro gestito a cuor leggero.
Da un lato il cambio di casa editrice, dalla meritevole Fandango ad Einaudi, uno dei principali colossi editoriali italiani, un cruciale punto di svolta con tutto il carico di aspettative e pressioni inevitabilmente generate. Un vecchio pubblico di lettori fedeli ma anche un nuovo potenziale esigente bacino di utenza da conquistare per il catalogo “Stile Libero”, vera e propria collana ammiraglia Einaudi.
Da un altro cercare di eguagliare, se non di più, il suo precedente picco compositivo “Il giorno dei morti”, un’opera sentita dal profondo dell’animo, capace di toccare vette emotive fino ad ora insuperate.
Come se non bastasse era necessario dare un nuovo punto di partenza alla serialità con protagonista il Commissario Luigi Alfredo Ricciardi, visto che con “Il giorno dei morti” si chiudeva il progetto della cosiddetta “tetralogia delle stagioni”. Era fondamentale instillare nuova linfa e idee alla concezione originaria.
Ma si sa, i grandi scrittori hanno infinite risorse, sono sempre in grado di stupirti e lasciarti a bocca aperta. Maurizio De Giovanni con “Per mano mia” firma il suo quinto capolavoro.
Ci riesce grazie al principale ingrediente che deve essere essenziale dispensare a grandi dosi, fuori dal calcolo e dalle sirene del marketing: il cuore. In “Per mano mia” esce prepotente il grande amore di Maurizio, come scrittore ma anche come lettore, verso il giallo, questo nobile genere troppo spesso in passato retrocesso a narrativa di serie B dalla critica ottusa e bacchettona. “Per mano mia” URLA A GRAN VOCE il suo essere romanzo poliziesco, con grande dignità, con il rispetto per il passato e i suoi mostri sacri, ma con un occhio attento e acuto nel presente e nel futuro.
Tornano i personaggi che abbiamo imparato ad amare e fatto amici, dopo i drammatici eventi accorsi nel piovoso autunno di “Il giorno dei morti”.
E’ il Natale del 1931, Napoli si prepara a festeggiare la ricorrenza in un clima che il regime fascista vuole fare apparire felice e festoso, ma dove in realtà nelle sue zone più degradate e povere, nasconde fame e disperazione. In un ricco appartamento nella zona di Mergellina vengono trovati assassinati i corpi di un funzionario della milizia e della moglie. Ricciardi, come al solito accompagnato dall’inseparabile Brigadiere Maione, avverte il fatto, ossia quella sottile percezione dell’ultimo pensiero del morto con violenza, nell’immagine di Costanza, la moglie, che sorridente chiede “Cappello e guanti?” e del militare accoltellato sul letto che ripete “Non ti devo proprio niente”.
Sotto il tavolo del presepe viene trovata, probabilmente come atto di spregio, la statuina rotta di San Giuseppe, il patrono dei lavoratori.
Ed effettivamente, dalle prime indagini, emerge del funzionario un quadro professionale non proprio immacolato. Tante potrebbero essere le persone con un conto scoperto da saldare, troppi i possibili moventi.
Come se non bastasse una confessione rivelata al Brigadiere Maione, sulla morte del figlio Luca, riapre una dolorosa ferita sul suo passato che lo condurrà in una tragica e sofferta indagine parallela, in pratica un romanzo nel romanzo. E qua De Giovanni è bravo nel bilanciare le due storie in maniera omogenea, sapendo gestire il forte dramma psicologico di Maione ma senza mai perdere di vista o lasciare in sotto tono il caso principale (caratteristica non perfettamente riuscita, ad esempio, in “La condanna del sangue).
Lo scrittore napoletano ci conduce in un’indagine senza sosta, caratterizzata da un ritmo serrato, a tratti addirittura convulso, e da abile giocoliere della materia, mischia le carte e semina sapientemente falsi indizi (in particolare un dettaglio capace di sviare le indagini è semplicemente geniale), ma senza mai barare nei confronti del lettore.
Intenso come al solito il quadro e l’immagine che esce di Napoli, una città, qui come non mai, che vive dei suoi forti contrasti, dalla luce dei festoni di Natale e dei presepi addobbati al buio delle sue case più decrepite, da chi può permettersi tutto a chi non possiede neppure la speranza di un domani.
Non resta altro che lasciarci teletrasportare per magia nella Napoli degli anni 30, “per mano” di uno scrittore che è diventato con i suoi romanzi, almeno per il sottoscritto, una certezza, un bisogno e una tradizione. Un po’, assieme al Natale, la più grande festa dell’anno.
Articolo di Marco "KillerMantovano" Piva
"Lungo la strada, la folla dei vivi era punteggiata di morti. Un ragazzo caduto da un’impalcatura, dal collo spezzato, che chiamava la madre; un uomo vittima di un pestaggio, che inveiva dalla mandibola fratturata contro un certo Michele; una donna messa sotto da un’automobile al centro della strada, che recitava come una preghiera la lista delle cose che stava andando a comprare, mentre dalla gamba tranciata di netto l’arteria pompava sangue nel vuoto."
Bentornato Ricciardi!
Sensazione curiosa e strana, fuori è caldo un autunno anomolo, si va ancora al mare, eppure sto leggendo l'ultima fatica di Maurizio de Giovanni, "Per mano mia" Il Natale del Commissario Ricciardi e come da titolo sono immersa nel pieno di dicembre, il vento sembra sferzarmi il viso, sono lì e passeggio con il commissario e Maione nelle viuzze del porto, fra i pescatori intenti a ripiegare o riparare le reti, l'aria salmastra mi accarezza il viso, l'odore pungente del posto pare essere qui nella mia stanza.
Forse in questa premessa c'è anche il perché aspetto con ansia di leggere De Giovanni, l'aspetto perché sa trasportami in un altro luogo, in un altro tempo, in un'altra vita.
...Le mani assassine si muovono nella penombra, tranquille.
Non hanno memoria del sangue sparso...
....Le mani assassine si aggrappano al tavolo, e sbiancano per la stretta.
Nell’acuta memoria del sangue...
Mani. Mani che 'fanno', ma fanno cosa?
Mescolano, incollano, collocano, ma prima, dimenticano ricordando.... ricordano il dolore portato, il piacere di infondere la morte, il coltello che affonda, la lama che dilania, il sangue che sgorga, l'alito di vita che abbandona i corpi...
Sono proprio le mani che danno il via alla nuova indagine del Commissario Ricciardi, l'assassinio, la morte violenta di una coppia 'bene'; lei madre affettuosa e donna avvenente, lui uomo integerrimo il 'Centurione portuale' Emanuele Garofalo temuto dai pescatori e temuto dai colleghi.
Sullo sfondo una Napoli antica ma uguale a sé stessa, alla vigilia del Natale del 1931, un Natale senza crimini o inconvenienti così come grida e si vanta il governo fascista dell'epoca.
A Ricciardi aiutato da Maione l'ardua impresa di venire a capo della vicenda, oltre all'assassino il commissario deve far i conti con 'le convenienze politiche' dell'epoca, infatti l'uomo esponente del regime si scoprirà nel corso dell'indagine che aveva danneggiato un suo collega rovinandolo e si mormora che forse non è così integerrimo come si vuol far credere, ma questi mormorii ai 'capi' non stanno bene, e quindi bisogna muoversi con le molle per far luce, non bisogna pestare i piedi a nessuno ma bisogna fare in modo che tutto quadri e che l'assassino venga consegnato alla giustizia, forse...
Accanto alla vicenda principale si muovono altre storie, altre vicende, altre emozioni e ritroviamo così gli altri personaggi dell'universo di Ricciardi, Bambinella con il suo ritratto commovente e triste e pieno di forza, il dottor Modo e la sua ruvida gentilezza ma in particolar modo il brigadiere Maione e la sua famiglia e poi l'onore e la vendetta, e il perdono e l'orgoglio, potranno convivere tutte queste emozioni nel generoso cuore di Maione?
Per saperlo toccherà leggere questo libro, farsi riempire dalle emozioni, farsi carezzare dalle parole, essere lì, assistere alle urla dei venditori di pesce alla vigilia del Natale, camminare per il porto e visitare le case dei pescatori con il loro carico di sofferenza, miseria, umanità. Immaginare e vedere il presepe simbolo di vita e di speranza, carpire i suoi segreti per 'farlo' parlare per indicarci la strada giusta e accompagnare Luigi Alfredo, Raffaele, Enrica, Livia lungo la strada del Natale del 1931, il IX dell'era fascista....
"Il Natale, caldo o freddo, mette i brividi"
Articolo di Marta Naddeo
Dettagli del libro
- Titolo: Per mano mia. Il Natale del commissario Ricciardi
- Autore: Maurizio De Giovanni
- Editore: Einaudi
- Collana: Einaudi. Stile libero big
- Data di Pubblicazione: 2011
- ISBN: 8806203428
- ISBN-13: 9788806203429
- Pagine: 313
- Formato: brossura
- Reparto: Gialli > Giallo storico
4 commenti:
lo sto finendoanch'io.... davvero un libro bellissimo. bravi e sopratutto grande Maurizio
Bravissimi e ancora una volta grande de Giovanni!!!!!! Il libro è già in w.l. ......
Paolo, Marco, Marta, come sempre bravissimi! E un in bocca al lupo a Maurizio e al suo e nostro Ricciardi per la nuova avventura in Einaudi. Il libro l'ho già ordinato :)
Io non leggo nessuna rece :D
....non mi voglio perdere il bello di leggere Ricciardi a scatola chiusa!
gracy
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