Dopo aver sorpreso i lettori con Rosso Italiano, suo libro d’esordio pubblicato da Barbera Edizioni nel 2007, Massimo Rainer (pseudonimo di un avvocato penalista milanese) torna in libreria con un altro romanzo dalle tinte forti: Chiamami Buio, edito da Todaro, casa editrice da sempre attenta alle evoluzioni narrative del nostro Paese.
Buio è un agente dell’Ufficio Immigrazione della Questura di Milano assegnato al Centro di Permanenza Temporaneo di via Corelli che una mattina si veglia con accanto un cadavere. La droga e l’alcool gli hanno annebbiato la memoria e nulla ricorda di quanto successo la notte precedente. La morte della prostituta nel suo letto è l’ennesima cazzata di cui si rende protagonista o c’è un preciso disegno contro di lui?
«Prima regola dello sbirro che vuole arrivare alla pensione: fatti i cazzi tuoi. Seconda regola: non ti distrarre e continua a farteli, ché stai andando bene. Terza regola: se non hai seguito le prime due, la terza non ti serve più a una madonna perché sei già crepato da un pezzo.
È parola di Buio.»
È questa in sintesi la trama del nuovo noir di Rainer, incentrato sulla figura nera di Buio, un poliziotto corrotto, cinico, drogato, alcolizzato, omofobo, razzista e chi più ne ha più ne metta: un’autentica pecora nera della società moderna. La storia si sviluppa attraverso l’io narrante del protagonista che ci delizia pagina dopo pagina con le sue peggiori efferatezze, ma che, nonostante questo carattere da bad boy, alla fine fa inevitabilmente breccia nelle simpatie del lettore. Forse sarà per il suo atteggiamento anticonformista o più probabilmente per la disarmante semplicità e sincerità del suo comportamento, ma sta di fatto che alla fine diventa quasi un eroe memorabile. Certo, il suo concetto di giustizia è alquanto singolare, ma il percorso che ci fa fare nelle circa duecento pagine del romanzo ci porta a riflettere, cercando di capire dove sta il lato sbagliato della cosa: dalla parte di Buio, spietato giustiziere privato, capace di calpestare anche il cadavere di sua madre (o di fare sfracellare sul pavimento di una chiesa una povera vecchietta invalida) pur di arrivare all’obiettivo o in quello della violenta e perversa società che ci circonda? Meglio il suo essere un onesto figlio di puttana o il nascondersi dietro un falso perbenismo ?
Sembra questa una delle possibili chiavi di lettura di Chiamami Buio: una veloce incursione in un genere che Rainer ama contaminare con scene talmente gore da essere degne del miglior Hostel cinematografico. L’autore ci mette di fronte a una Milano marcia, più simile alla New York de I Giustizieri della Notte o di Serpico piuttosto che alla metropoli attuale, in cui bisogna districarsi in qualche modo, esattamente come fa il protagonista, cosciente di quali conseguenze abbia il suo comportamento. Nel mondo raineriano non sembra ci siano spiragli di redenzione, ma soltanto chance di limitare di danni e di togliersi qualche piccola soddisfazione che possa in qualche modo alleggerirci dal peso di vivere in una società allo sbando, in cui i valori morali vengono ormai confusi con gli interessi personali.
Chiamami Buio è scritto in modo adrenalinico, con uno stile asciutto ed essenziale: il linguaggio crudo e volgare ma pieno di sfumature ironico rende la lettura piacevole e mai noiosa. I personaggi sono degni di un film di Tarantino o di Kusturica o di un Abel Ferrara dei bei tempi andati, autentici miti narrativo-cinematografici, ognuno alle prese coi propri limiti di essere umano.
Articolo di Marcello Gagliani Caputo
Dettagli del libro
- Editore: Todaro
- Anno di pubblicazione 2011
- Collana: Impronte
- Lingua: Italiano
- Pagine: 208
- Codice EAN: 9788886981996
3 commenti:
Dopo Rosso Italiano aspettavo con ansia il nuovo romanzo di Rainer, e finalmente....eccolo qui!!! Non vedo l'ora di leggerlo anche perché ho sentito e letto solo commenti positivi!!
Dalla rece intuisco che e' una schifezza come il primo.
Per favore non bestemmiamo e lasciamo in pace Tarantino e compagnia...
John Grady
caro john Grady, dalla recensione a limite è intuibile che il libro a noi sia piaciuto. liberissimo di non fartelo piacere comunque...
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