“Non è di perdere tutto questo che ho paura, ma di continuare ad averlo per sempre” (A. Berselli)
Già dalla citazione in apertura tratta dall’angosciante “Spleen” di Charles Baudelaire dovevo rendermi conto che stavo per avere a che fare con qualcosa di estremamente pesante. Non potevo immaginare, conoscendo il carattere così burlone e solare di Alessandro, di entrare in una storia nera, opprimente e senza speranza, quelle che ogni tanto ti devi fermare per prendere un po’ d’aria e tenere sotto controllo i battiti impazziti del cuore. Non ero preparato, avevo la guardia bassa, e la mazzata ricevuta è stata inesorabile e devastante.
Curioso il fatto che dopo essermi lasciato alle spalle la prima parte del romanzo, nominata “The bright side” (il lato positivo), la mia domanda sia stata quale fottuta luce aveva rischiarato le prime 130 pagine di nero totale, una passeggiata di salute rispetto a quello che mi apprestavo ad iniziare, ero, infatti, ancora inconsapevole dell’incubo che stavo per affrontare, “The dark side” (il lato oscuro), le porte del vero abisso spalancate pronte ad inghiottirmi.
Benvenuti nella mente malata di Claudio Roveri, eccovi servito il biglietto solo andata per l’inferno.
Claudio Roveri appunto, protagonista indiscusso di questo romanzo, un noir psicologico di altissimo livello che, a mio parere, consacra definitivamente Alessandro Berselli tra i grandi esponenti della narrativa di genere italiana, che lo eleva a nuovo poeta nero maledetto degli anni 2000.
Claudio, quarantenne, sposato con Fabiana, una figlia adolescente di nome Erica, professione informatore scientifico. Un uomo infelice, che sente la vita scivolare passivamente in maniera piatta e grigia, una esistenza già incanalata sul viale del tramonto. Una insoddisfazione che non trova una valvola di sfogo, che ne accresce gli istinti xenofobi e la sua rabbia repressa. Quasi per caso conosce Luca, uno psicologo dotato di un approccio fuori dall’ordinario, la miccia innescata del detonatore che lo spinge a seguire i propri istinti, a veicolarli secondo i suoi impulsi primitivi, a “non fare la cosa giusta”, il nuovo paradigma, il modello da seguire. Una miscela pericolosa destinata, per un bastardo gioco del destino, ad esplodere con conseguenze devastanti.
Ma quale è la cosa giusta? Berselli non ci da delle risposte, non è questo il compito del romanzo, ma ci pone comunque dubbi e interrogativi. Fare la cosa giusta è forse conformarsi alla massa, compiacere gli altri e probabilmente mentire a se stessi? O vivere una esistenza senza finzioni, liberandosi dei propri freni inibitori, senza sottostare alle regole imposte, ai dogmi, alla morale?
“Non fare la cosa giusta” affronta in maniera profonda e intensa il delicato rapporto tra genitori e figli e pone terreno fertile per la riflessione. Spesso si cerca di adottare un approccio più moderno, cercando di diventare quasi amici dei figli, con il risultato di non riuscire ad interpretare in maniera corretta i ruoli e di non fare bene ne l’uno e ne l’altro. Come “pianeti distanti che si credono di comunicare”. Così come in maniera impietosa e disillusa ne escono a pezzi pure i rapporti di coppia, dove spesso i figli rappresentano un vero e proprio “collante all’indifferenza”, lente eutanasie di amori che non esistono. Perché “fallire come marito è un peccato veniale, ma non esserci come padre è la voce peggiore che può capitare in un bilancio esistenziale”.
Interessante in questo senso l’uso atipico della seconda persona come forma narrativa, (sembra quasi che il romanzo sia una lunga lettera scritta da Claudio alla figlia Erica ), evidente strumento per mettere in evidenza i sensi di colpa per quello che avrebbe voluto essere ma non è stato. Sfida difficile e coraggiosa, soprattutto nei territori del noir, che viene superata, secondo il mio parere, in maniera brillante e ottimale.
Trovo lo stile di Alessandro Berselli molto originale e dotato di forte identità. Le innegabili influenze dalla letteratura (il Bret Easton Ellis di American Psycho) e dal cinema (“Arancia meccanica” e “Un giorno di ordinaria follia” su tutti), vengono intelligentemente filtrate e amalgamate. E’ mia personale sensazione che i capitoli che danno vita, come perfetti tasselli, alla storia nella sua interezza, possano tranquillamente vivere di vita propria, simili a sketch con un inizio e una fine, quasi in una sorta di cabaret noir, dove francamente c’è davvero poco da ridere, ma va in scena l’umanità nella sua massima grettezza, ipocrisia e meschinità. Dove non esiste possibilità di recupero e redenzione.
Un lavoro sentito, curato, ambizioso di cui Alessandro deve andare fiero e orgoglioso.
Articolo di Marco "Killer Mantovano" Piva
Dettagli del libro
- Formato: Libro
- Pagine: 240
- Lingua: Italiano
- Editore: Perdisa Pop
- Anno di pubblicazione 2010
- Codice EAN: 9788883725029
7 commenti:
Dalla tua recensione Marco si capisce che il libro ti è piaciuto molto e mi hai incuriosito tantissimo, anche perchè, in effetti, come tut stesso scrivi non sembra scritto dalla stessa persona che ho conosciuto a Mantova! Forse anche Berselli ha un lato bright e un lato dark! :D
Credo che un noir così vada letto al momento giusto. Di sicuro prima o poi lo farò anch'io. Ormai Marco è riuscito a convertire anche me ai noir più intensi ;-)
Mi fido del giudizio di Marco.
Fabio
Ce l'ho e conto di leggerlo al più prsto, magari in settimana.... Marco mi hai incuriosita ancora di più!
Per chi mi vuole vedere insieme al nipotino http://blog.librimondadori.it/blogs/ilgiallomondadori/.
Una entrata un pò spudorata ma l'orgoglio per il nipote supera la vergogna.
Fabio
Questo sembra veramente un bel libro. Il tema mi attrae moltissimo indi per cui finisce subito fra quelli da acquistare!
Bravo Killer, recensione azzeccata e molto sentita. Ho finito ieri sera il libro e concordo in pieno con le tue osservazioni e sensazioni. Bravò!!!
Barbara
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