Con l’investigatore privato Nigel Strangeways…
Chi non ricorda “Il terrore viene per posta” della Christie dove una selva di lettere anonime viene a turbare la tranquillità della “tranquilla” cittadina di Lymstock?
Lettere anonime che provocano prima il suicidio della signora Symmington e in seguito l’assassinio della sua cameriera. Sarà, naturalmente, Miss Marple a sciogliere l’enigma e a darci la soluzione.
Ne “La fossa che inghiotte” di Nicholas Blake, Mondadori 2010, le lettere anonime arrivano, invece, nel villaggio di Prior’s Umborne e ad indagare non è la simpatica vecchietta ma l’investigatore privato Nigel Strangeways, un attempato “oxfordiano degli anni Venti”, che non se la prende troppo di fronte alle manifestazioni oltraggiose del finanziere Archibald Blick che lo vuole ingaggiare per risolvere il problema delle lettere sopra citate. D’altra parte John Stuart, uno dei capisquadra della sua fabbrica a Moreford, diretta dal figlio minore, si è pure suicidato. Urge intervenire subito.
Classico villaggio cruciforme da assassinio questo Prior’s Umborne con il suo bravo ufficio postale, il pub locanda Sweet Drop, il piccolo pub New Inn, la chiesa, il vicariato e Little Manor, la casa delle sorelle Celandine e Rosebay Chantemerle sulle quali ruota molta parte della storia.
La prima bionda, occhi celesti, ricca di fascino, costretta sulla carrozzella per una paralisi isterica dovuta al ritrovamento del padre morto in una cava; la seconda, più giovane, dai capelli ramati, chiusa e scontrosa. Entrambe invischiate in rapporti amorosi con Charles Blick, uno dei figli di Archibald.
Ad indagare, dunque il nostro Nigel, vispo come un fringuello, memoria fenomenale, sicuro, impassibile (una volta, però, si incavola di brutto) con il suo bel blocchetto di appunti per fissare le idee che gli ronzano per la testa. In seguito arriva l’ispettore Randall dal “volto rubizzo” e “sguardo acuto e intenso”, e più avanti ancora, quando ci scappa il morto assassinato nella cava, ecco spuntare pure il sovrintendente Blount, “faccia da luna piena” e testa calva a costituire un bel terzetto.
Ma al centro della storia stanno sempre loro, le lettere anonime, che gettano scompiglio nel paese e mettono in subbuglio i destinatari colpiti nei segreti più intimi. Da qui il movimento contorsionistico dei sospetti, le false piste che si aprono e si chiudono, i dubbi, le reticenze, le mezze verità, le bugie. Un clima di inquietudine e di tensione creato pure dalla natura stessa (un ramo che sfiora l’altro produce “un rumore come quello di un uomo che digrigni i denti”), senza peraltro arrivare ai toni iperbolici di certi scrittori gotici, che tuttavia sembra influire sul nostro detective Nigel se, ad un certo punto, “provò una strana sensazione di gelo tra le scapole”.
Vena pura di narratore questa di Nicholas Blake, alias Cecil Day Lewis, poeta e romanziere inglese che con Nigel Strangeways ha tirato fuori diciassette romanzi (ricordo in particolare “La belva deve morire” del 1938, pubblicato dalla Polillo nel 2003, con l’inizio fulminante "Ho deciso di uccidere un uomo. Non so chi sia né dove viva, non ho idea di che aspetto abbia. Ma lo troverò e lo ucciderò"). Personaggi e ambienti ben delineati, detective attento, pronto a scuriosare, indagare, interrogare, prendere appunti, piccolo villaggio nei canoni tradizionali che appare improvvisamente “avvelenato”, terra fertile di figli illegittimi, storie vecchie che riaffiorano, intrighi amorosi, ricatto, passi nella notte, binocolo con aghi minacciosi, tourbillon di ipotesi che vorticano nelle teste, un fazzoletto nel bosco, l’incendio della carrozzella, movimenti e orari che si intersecano fra loro in un tourbillon incredibile.
Personaggi vivi, dicevo, ben caratterizzati (c’è pure uno un po’ fuori di testa) che non lasciano spazio eccessivo all’astrattezza come avviene spesso in certi gialli classici dove impazza la cellula grigia e il bipede umano ha l’aria immobile da baccalà lesso come quella di Capezzone (ma va bene anche Gasparri).
Classica spiegazione finale di Nigel, alternata con flash back dal vivo sulla successione dei fatti nella notte dell’omicidio. Epilogo drammatico. Un neo, ad essere pignoli, potrebbe essere la scoperta del colpevole che, per un lettore un po’ smaliziato, non è poi così difficile da individuare.
Nello spazio “I racconti del giallo” abbiamo “La ragazza in nero” di Massimo Rainer, una tragica storia di violenza e abbrutimento raccontata con efficace semplicità. Il Male che divora se stesso.
Articolo di Fabio Lotti
Dettagli del libro
- Anno di pubblicazione: 2010
- Formato: Copertina morbida
- Caratteristiche particolari: Prima edizione
- Genere: Giallo, Thriller
- Lingua: Italiano
- Settore: Narrativa
- Prezzo: 4,20 Euro
5 commenti:
Questa recensione mi è veramente piaciuta!
Non l'avevo ancora preso, ma, dopo la recensione di Fabio e l'accostamento al christiano "Il terrore viene per posta", mi son convinta. Bene!
Denghiu...:)
Fabio Lotti
Uh! Questo direttamente in wishlist! Splendida recensione, complimenti :)
Accipicchia in edicola lo avevo visto qualche giorno fa ma non conoscendo la trama ne che ci fosse un racconto di Rainer, non l'avevo proprio considerato! :(
Incrocio le dita e spero di ritrovarlo, anche perché la storia è decisamente nelle mie corde!
I classici sono sempre una garanzia, non c'è niente da fare :)
Ci sarevve da discutere anche sull'ereditarietà: il talento che si trasmette di padre in figlio, parliamone :)
Ciao,
A.
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