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lunedì 30 novembre 2009

La paura della sfiga - Fabio Lotti




Questo è un argomento che ho già affrontato, di sfuggita, in altra sede ed in un contesto più ampio. Vorrei proporlo da solo all’attenzione degli amici di Corpi freddi. Quando mi metto a leggere un giallo o un post-giallo, un thriller o un post-thriller, un noir o un post-noir (come sapete le etichette stanno aumentando di numero ed è bene aggiornarsi) mi prende una paura matta.
Logico, direte voi, questi libri sono stati scritti apposta per instillare nel lettore proprio l’ansia e la paura, altrimenti buttati sul romanzo rosa dove non ci sono morti ammazzati (credo) ma baci e abbracci (la paura, semmai, mi prenderebbe se dovessi leggerli forzatamente). Ma io non parlo qui della paura dovuta a corpi infilzati, sparati o sbudellati. O all’angoscia che ci prende quando sta per arrivare un temporale improvviso, la finestra sbatte, la porta cigola e il gatto miagola. Sicuri segni di un tragico evento.
Quella è scontata ed ormai da vetusto lettore so come combatterla. Parlo invece di un altro tipo di timore, una specie di strisciante inquietudine nell’incontrare, oltre ai suddetti morti ammazzati e alla natura che si scatena, un’altra caratteristica peculiare di molti romanzi polizieschi: la disgrazia ovvero, in termini più popolari, la sfiga.
Mi spiego con qualche esempio concreto.
Giorni fa (nel momento in cui scrivo) stavo leggendo City Hall, il bel libro di Robert Rotenberg, Giano 2009, tradotto magnificamente dal nostro Luca Conti. Una storia interessante ambientata a Toronto nel Canada. Una signora uccisa in una vasca ed un marito che si auto accusa. Tutto semplice, troppo semplice. Ed infatti la cosa si ingarbuglia fino a diventare complessa come in un thriller che si rispetti. Bene, qui incontro l’agente Daniel Kennicott, sfigato fradicio con genitori morti per un incidente automobilistico e suo fratello Michael ucciso.

Passo poi a Di tutti e di nessuno di Grazia Verasani, Kowalski 2009, quella, tanto per intenderci, che ha partorito il post-noir con Raul Montanari (auguri!). Personaggio principale Giorgia Cantini dell’agenzia investigativa omonima. Madre persa da piccola (direi normale) e sorella impiccata (un po’ meno normale).
Finito questo mi butto su Crime di Irvine Welsh, Guanda 2009.
L’ispettore detective scozzese trentacinquenne Ray Lennox della polizia di Edimburgo è in vacanza a Miami. Deve solo rilassarsi e poi impalmare la bella Trudi Lowe, diventata “da impiegatuccia a icona della donna manager”.
Diciamolo subito. Lennox è ossessionato da un caso di pedofilia avvenuto qualche tempo prima ad Edimburgo nei confronti della bambina Britney Hamil che gli squassa il cervello. Per forza anche lui è stato violentato da ragazzo…
Continuiamo con la bella antologia di autori vari curata da Stefano Di Marino Il mio vizio è una stanza chiusa, Mondadori 2009. Racconti folli e allucinanti. Il Male dappertutto. Facile trovare disgrazie, oltre alle normali vittime disgraziate, che creano a loro volta disgrazie (bene che vada si perde moglie e figlio). Non c’è bisogno di citarne qualcuno in particolare.
Quasi tutti i personaggi, vivi e morti, presi a calci in culo dal Destino.
Per non farla troppo lunga e tediare vieppiù (un termine scelto ogni tanto ci vuole) i miei corpicini freddi, vi porto due ultimi esempi già citati in altro luogo ma che ripropongo volentieri perché esemplari.
Il primo tratto da La stanza delle urla di Thomas O’Callaghan, Mondadori 2009. Vediamo cosa ci si trova: un bel pezzo di poliziotta sotto cura psichiatrica avendo subito nell’infanzia la violenza del padre, il solito tenente della polizia con la moglie morta (sei anni in coma) e pure la figlia per un incidente stradale (immaginatevi i ricordi che lo assalgono ad ogni piè sospinto) e aggiungo la madre buttatasi sotto le rotaie della metropolitana e pure la sorella che è in terapia ( la testa non è a posto ed è facile capirla). Non ricordo del padre ma forse è meglio così.
Termino con il solito braccio destro che ha problemi di alcolismo per averne combinate un paio.
Ma la storia più pazzesca in fatto di disgrazie l’ho beccata qualche tempo fa leggendo In caso di mia morte di Carlene Thompson, Marcos Y Marcos 2004.
L’amica della protagonista principale per prima cosa perde i genitori, poi partorisce un bambino senza vita, ed infine viene lasciata dal marito. Un’altra amica è più fortunata. Perde solo la madre, poi il padre si sposa di nuovo ma la moglie non ne vuole sapere di lei e viene spedita presso una prozia. Una terza amica (la cui sorella, tanto per gradire, è finita morta impiccata per un gioco pazzesco e sfortunato), viene abbandonata dal marito ( niente di nuovo sotto il sole). Il quale marito perde moglie e figlio in un incidente stradale.
E potrei continuare all’infinito. Aggiungo solo (lo giuro!) un libro il cui titolo è tutto un programma: Dopo lunga e penosa malattia di Andrea Vitali, Garzanti 2008. A condurre le indagini il dottor Carlo Lonati ammalato di angina pectoris, più di là che di qua. Capitoletti brevi, ritmo lento e spezzato come una marcia funebre e la mano che si sposta istintiva nelle parti basse.
Ogni volta che mi avvicino ad un giallo o post-giallo, ad un thriller o post-thriller, ad un noir o post-noir mi prende una paura matta. La paura della sfiga. Non vorrei che fosse contagiosa e si trasmettesse via lettura che già ce ne ho abbastanza di mio.

Articolo di Fabio Lotti


18 commenti:

IL KILLER MANTOVANO ha detto...

Bell'articolo Fabio, con il tuo classico stile ironico che ti contraddistingue.
Complimenti per la foto, nella postazione di prestigio che ormai ricopri sarebbe il caso di provvedere ad essere "escortato"
Tocchiamo ferro.

Scéf ha detto...

bellissimo l' articolo e complimenti a me stesso per la parte grafica
mhuamhuamhuamhuaamhumumhuhu

Lofi ha detto...

Non ho capito, ma è lunedì mattino e quindi sto più indietro del solito, dove volesse andare a parare il buon Fabio. Se è una critica verso gli autori non la condivido. Le "sfighe" come vengono chiamate fanno parte della vita e mi sembra normale che caratterizzino anche personaggi dei libri, altrimenti facciamo dei thriller con Paperino e Quì, Quò, Qua (che comunque hanno perso i genitori e nessuno ci dice come!! :))) )e stiamo a posto. Se si tratta di un articolo solo scherzoso e senza alcun messaggio apprezzo la pungente ed efficace ironia.

Scéf ha detto...

lofi è la seconda :D

Anonimo ha detto...

Caspiterina, non mi aspettavo da parte di Enzone una presentazione grafica così bella! E la mi’ nonna! E insomma questo blog è davvero speciale e lo sto dicendo da tutte le parti. Una bella squadra. Quanto al mio rapporto con il mondo del giallo (e anche degli scacchi) è questo. Lo leggo, lo studio, mi appassiono. E poi, però, lo ironizzo, lo prendo in giro così come ironizzo un po’ sulle cose della vita (ultimamente una batosta!). Senza malafede, senza acrimonia, senza un sentimento negativo. Se scrivo una satiretta anche forte (e non è questo il caso), non so come spiegarmi, lo faccio come puro esercizio di stile, come un qualcosa che è nella tradizione letteraria della mia regione senza la pretesa di volere insegnare o cambiare qualcosa. Poi potete fare tutte le critiche a quello che scrivo. Perché, ragazzi, se la ‘osa un garba e un garba!
Fabio

Lofi ha detto...

La colpa è mia. Pensavo, all'inizio della lettura, si trattasse di un'articolo che andava ad esaminare, dall'attento e competente punto di vista di Fabio, le dinamiche di costruzione, da parte degli autori, dei personaggi della letteratura poliziesca. In realtà si tratta di tutt'altro e come già scritto nel post precedente, la garbata ironia è sempre ben accetta.

Martina S. ha detto...

Prendendolo dal lato divertente, l'articolo di Fabio centra senz'altro il punto: mentre leggevo, mi venivano in mente un sacco di personaggi 'sfigati'. Vedi i vari Harry Bosch, Jonathan Stride ecc: mai una storia d'amore normale, che gli duri nel tempo :-)
Poi, facendo più i 'seriosi', mi chiedevo come lo spiegate: davvero sono necessarie tutte 'ste disgrazie concentrate per fare un buon thriller?
Enzo, complimentoni x la grafica ^___^

Anonimo ha detto...

Nella "Intervista a Giallo VIII" avevo preso in considerazione questo aspetto consigliando una detective diversa dalle solite sfigate. Ne ripropongo una parte per sorriderne insieme.
G- Gioiosa.
R- Che cosa?
G- Il nome della detective che già nel nome…
R- Continua.
G- Figlia unica di genitori ancora vivi che hanno vinto qualche milionata alla lotteria. Dunque ricca. E bella naturalmente. Aperta, generosa e sempre sorridente. Fisico di ferro. Un raffreddore a cinque anni che non si può avere tutto. Intelligente. A scuola ottimi voti senza suscitare gelosie o invidie. Prende la vita così come viene. Bene, per lei. Si innamora con il più bello e il più ricco del paese o della città. Fidanzamento e matrimonio.
R- Ma…
Non mi interrompere. Sei figli, tre maschi e tre femmine. Parto spontaneo senza dolore. Tutti sani e belli. E intelligenti. Nel frattempo è diventata ispettrice di polizia. Delizia dei colleghi, terrore dei delinquenti. Nel corso di una operazione scivola su una buccia di banana, cade per terra con la pistola in pugno che fa fuoco e uccide tutti e sei i delinquenti. Possibili variazioni all’interno di questo schema. Che te ne pare?
R- Praticamente un romanzo rosa con una puntina di giallo quando casca per terra.
G- Geniale. Un romanzo rosa travestito da giallo.
R- Beh, certo…
G- Come al solito indeciso, sospettoso…
R- No, è che il lettore apre il libro e si aspetta un giallo vero e proprio.
G- E trova invece…
R- Un libro rosa con una puntina di giallo.
G- Un colpo a sorpresa come nel più classico dei gialli. Capisci! Il lettore stesso è caduto nella trappola. E’ stato fregato dall’autore della cui intelligenza tesserà inevitabilmente le lodi ad ogni piè sospinto. Guarda un po’ è riuscito a fregarmi…
R- Tu dici che tesserà le lodi della sua intelligenza, ovvero della tua…
G- Chiaro come il sole…
R- …ad ogni piè sospinto.
G- Semplice, banale, lapalissiano. Ci metterei la tua mano sul fuoco…
R- Perché non la tua?
G- Non fare il pignolo. Mi infilo nei panni del lettore.
R- Vediamo come ti stanno.
G- Io sono un esperto lettore di gialli, conosco tutti i trucchi e trucchetti degli autori per non farmi scoprire chi è l’assassino. E qui non c’è assassinio che tenga. Praticamente una storia, bella, pulita, fortunata. Sono stato fregato. Lode all’autore. La voce gira…
R- La voce gira e rigira…Certo, messa così…
G- Milionate…
R- …e milionate di copie.
G- Sicure.
R- Titolo?
G- “Che fregatura, Mr. Brown!”
R- Editore?
G- Presadidietro 2009.
R- Acc…
G- Non diranno che non li ho avvisati.
R- Geniale!

E' chiaro che questo è un tipo di umorismo più goliardico e terra terra...
Fabio

AngoloNero ha detto...

Fabio, mi sa che ha ragione Lofi quando dice che le sfighe fanno parte della vita.
Ho solo qualche perplessità sui detective particolarmente traumatizzati perché mi sembrano poco realistici. A me risulta, infatti, che ci siano anche dei test psicologici per valutare l'integrità psicofisica dei candidati alle forze dell'Ordine. Ho il sospetto che non esistano, nella realtà, investigatori che sono stati violentati o abbandonati quando erano bambini, perché questi eventi lasciano il segno. Un bambino traumatizzato di solito diventa un adulto traumatizzato, e a un adulto traumatizzato io non farei mai indossare una divisa né gli darei una pistola...

Anonimo ha detto...

Cara Alessandra
non ho capito bene il tuo intervento (colpa mia).Anche io sono d'accordo con Lofi sul fatto che le sfighe fanno parte della vita. Ma questo cosa c'entra con quello che ho scritto? Io ho notato in un discreto numero di romanzi polizieschi la tendenza alla disgrazia di alcuni dei loro personaggi e ci ho scritto sopra un pezzo che spero sia letto e sentito solo come umoristico. Se poi si presta ad altre considerazioni si vede che ho toppato.
Fabio
P.S. Ma senz'altro non ho compreso l'intervento.

AngoloNero ha detto...

Ommamma, mi sa che il raffreddore mi sta ottundendo anche i neuroni. Volevo dire:
a. sì, le sfighe sono parte della vita
b. sì, i personaggi dei gialli sono spesso bersagliati dal destino e questo contribuisce a caratterizzarli sotto il profilo della fiction ma
c. al tempo stesso, il loro essere "sfigati" li rende poco realistici perché secondo me, nella realtà, un poliziotto non è un uomo traumatizzato ma, al contrario, una persona solidissima. Anche perché, per entrare nelle forze dell'ordine, ha dovuto passare dei test psico-attitudinali il cui esito mal si concilierebbe con un'infanzia sfigata e con traumi personali vari.
Spero di essere stata più chiara stavolta...

Anonimo ha detto...

Grazie. Mi hai fatto venire un colpo...

Dario "SantoLudico" Bertini ha detto...

Secondo la mia umile opinione state sbagliando tutto...i veri "sfigati" dei libri gialli, noir etc... non sono i detective e similari colleghi ma le persone che hanno "la sfiga" di incontrarli sulla loro strada, perchè uno su tre finisce male!! (Chiedere agli amici o parenti de: jessica Fletcher, Hercule Poirot etc...) :-)

Anonimo ha detto...

Vero.A maggior ragione la mia mano corre istintiva...:-)
Fabio

Stefania ha detto...

Articolo di un'ironia tagliente. Bello davvero, complimenti , un piacere leggerlo!

Anonimo ha detto...

Denghiu, come direbbe un giornalista televisivo dai capelli rossi...
Fabio

Anonimo ha detto...

Da ex suo studente, posso affermare che l'umorismo non gli è mai mancato.

Anonimo ha detto...

Sono contento di essere ricordato così.
Fabio