Il racconto lungo “La maledizione dell’arpa” di C.(Charles) Daly King (1895 – 1963) è quanto di più “epoca d’oro” del giallo si possa trovare in giro: una tipica casa di campagna (americana), una coppia benestante, i Daben, che cena in abito da sera insieme al segretario di famiglia, al banchiere di famiglia, al medico di famiglia e sulla quale grava, trattandosi di gente di antico lignaggio, la secolare maledizione di famiglia, in forza della quale, se l’arpa di famiglia, che viene trasmessa da padre in figlio da tempi immemori, dovesse venire rubata per tre volte, la malasorte si abbatterebbe inesorabile sulla casata.
Il problema è che si tratta di un’arpa irlandese e come si sa in quell’isola fatata tali strumenti sono spesso dotati di poteri magici. Sarà quindi per questo motivo che quello protagonista di questa storia prende a scomparire e ricomparire ripetutamente, non si sa come, dalla stanza ermeticamente chiusa nella quale viene conservato? Mr. Trevis Tarrant (clone del più famoso Philo Vance) chiamato ad investigare dal padrone di casa però non crede assolutamente che possa trattarsi un oggetto proveniente dal fatato mondo di Fairy. Lui è un uomo razionale e strada facendo si convince sempre più che una mente diabolica stia piuttosto dando una mano per nulla disinteressata affinché la profezia faccia il suo corso.
Ellery Queen ha definito i racconti scritti da Daly King con protagonista Trevis. Tarrant “Le più inventive detective stories dei nostri tempi” E in effetti si tratta di una straordinaria raccolta, che include camere chiuse, cadaveri decapitati, codici aztechi maledetti, antiche scatole egizie iellate, case infestate dagli spiriti, arpe che svaniscono nel nulla e altri eventi bizzarri.
Le storie migliori scritte dall’autore americano sono puzzles complicatissimi e parecchio intricati.
Presentano quasi sempre delitti impossibili e misteri della camera chiusa, con soluzioni geniali e ambientazioni insolite (aerei, transatlantici, isole, castelli etc) sullo stile proprio di John Dickson Carr.
Queste qualità a volte vengono fuori come ne “La maledizione dell’arpa” e ne ”L’episodio del chiodo e del requiem” racconto inserito all’interno di quella vera e propria delizia per gli appassionati che è la raccolta “I delitti della camera chiusa” (Bassotti n. 50) Il suono lento e luttuoso della Messa da Requiem di Palestrina, ripetuto in maniera incessante e ossessiva dal fonografo, sembra cullare il sonno eterno di Barbara Brebant, sensuale quanto dissoluta modella d’arte, barbaramente uccisa all’interno dell’attico del palazzo in cui abita Mr. Terrant. Non soddisfatto, l’assassino in segno di spregio ha infierito sfregiando il ritratto appena terminato della ragazza. Questa è la scena terrificante che si presenta agli occhi della polizia e del detective newyorchese quando finalmente riescono ad entrare dopo aver abbattuto la porta. Già, perché ogni via d’accesso all’attico risulta ermeticamente chiusa dall’interno. Ma allora come ha fatto il diabolico assassino a volatilizzarsi?
Anche se questo episodio, secondo il mio personalissimo giudizio, è un po’ troppo accademico nell’affrontare il tema della camera chiusa a scapito dell’indagine poliziesca vera e propria (e in questo ricorda più autori come Clayton Rawson piuttosto che John Dickson Carr), rappresenta sicuramente una pietra miliare nella storia del genere. Queste due storie pubblicate dalla Polillo sono assolutamente perfette e insieme ai romanzi “In alto mare” “La morte viaggia in treno” e il capolavoro “Morirai a mezzogiorno”, che hanno per protagonista Michael Lord, l’altro personaggio creato da King, dimostrano le enormi potenzialità dello scrittore statunitense.
Se Daly fosse stato in grado di mantenere questa qualità in tutte le sue pur non numerose opere (6 romanzi e 12 racconti), meriterebbe sicuramente un posto in prima fila tra i grandi dell’epoca d’oro del giallo. Purtroppo gli ultimi 3 romanzi e gli altri racconti non sono assolutamente all’altezza delle opere iniziali per trama e stile di scrittura che risulta piuttosto prolisso e pedante.
L’esperienza di Daly King può definirsi emblematica della parabola del giallo classico “ad enigma” . Ad un periodo d’oro (gli anni 20-40) fa seguito una fase discendente, che coincide con gli inizi degli anni 50. Dopo la guerra infatti lo stesso Daly King aveva completato un settimo romanzo respinto dagli editori, mai pubblicato e quindi irrimediabilmente perduto. In quegli anni Mary Roberts Rinehart (“L’uomo nella cuccetta n. 10” Bassotti n. 18 - “La scala a chiocciola” Bassotti n. 55. ) si è vista rifiutare la pubblicazione dei propri racconti, Milton Propper (“Morte in sala d’attesa” Bassotti n. 68) non è più riuscito a pubblicare i suoi romanzi (e per questo finirà i suoi giorni ricoverato in manicomio), Dorothy Sayers (“Il segreto delle campane” Bassotti n. 16) e Anthony Boucher (“Il caso del sette del calvario” Bassotti n. 21) scelsero di non scrivere più, John Dickson Carr (“Occhiali neri” Bassotti n. 33 – “Discesa fatale” Bassotti n. 53) pur continuando con la serie di Fell e Merrivale si concentrò molto sulla produzione di gialli storici mentre il terzo romanzo di Hake Talbot, respinto anche quello, non è mai stato pubblicato e ormai pare perduto per sempre.
Il pubblico voleva qualcosa d’altro: eroi maledetti per storie maledette che poco alla volta “uccisero” autori e protagonisti del periodo anteguerra.
Ma come ben abbiamo appreso dalle nostre letture compulsive di gialli “classici” il delitto non paga e soprattutto non esiste “perfetto”. Alla faccia delle tante e periodiche Messe da Requiem celebrate “in memoriam”, il romanzo ad enigma degli anni d’oro come l’arpa del racconto di King magari potrà svanire per un po’ ma, non esistendo camere, per quanto ermeticamente chiuse, che possano trattenerlo, ricomparirà sempre. E quindi mentre molti romanzi e molti eroi creati a partire dagli anni ’50 sono ormai caduti definitivamente nel dimenticatoio, ancora oggi sempre più gente torna ad entusiasmarsi per le gesta dei protagonisti di quella splendida epoca conosciuta come “età d’oro” del giallo. E C. Daly King ha tutte le carte in regola ed i titoli per essere ricordato comunque come uno dei protagonisti che dobbiamo applaudire e ringraziare.
Articolo di Allanon
Dettagli del libro
- Titolo: La maledizione dell’arpa
- Autore: C. Daly King
- Editore: Polillo
- Collana: I Bassotti - n. 71
- Pagine: 256
- Anno: 2008
- ISBN: 9788881543397
- Euro 12,90
5 commenti:
Una meraviglia.
Alberto ha un talento e una capacità di analisi del mystery classico incredibile; quando leggo le sue recensioni rimango letteralmente a bocca aperta.
Credetemi: recensire gialli classici è difficilissimo ma per lui riesce in maniera spontanea e naturale.
Avere una risorsa del genere in Corpi Freddi è motivo di vanto e orgoglio.
Senza tralasciare l'aspetto umano: un ragazzo semplicemente fantastico.
Su Alberto ha già detto tutto il Killer: come fa le recensioni dei classici lui... nessuno mai! Si sente proprio la passione per quello che hai letto, Al, nelle tue parole.
Quanto ai Bassotti Polillo, ah come vorrei prendermeli tutti! Un po' alla volta mi sto rifacendo ;-)
Alla bella presentazione di Allanon aggiungo una parte di un mio commento su "La maledizione dell'arpa" al solo scopo di attirare vieppiù (questa è bellina) l'attenzione dei lettori sul giallo classico.
"Mr. Tarrant dunque, anzi per essere più precisi Mr. Trevis Tarrant, un investigatore privato che si occupa dei casi più stravaganti e particolari. Sin dall’inizio qualche spunto su di lui da parte del narratore, mi pare un certo Jerry. Benestante, anzi ricco, abita in un lussuoso appartamento tra la trentesima e quarantesima strada Est. Coltiva molti interessi: psicanalisi, folclore, archeologia, vini, filosofia, letteratura e la fisica. Fuma sigarette, sa giocare a bridge e cavalcare. Un vero gentleman. Non interessato all’omicidio di per sé ma al mistero che lo circonda. Convinto della legge della causalità “Da qualche parte esiste una risposta di tipo causale, soddisfacente da un punto di vista logico, al nostro enigma”. “Io non invento soluzioni…Io le scopro” puntualizza con un certo orgoglio.
Qui è alle prese con un problema intrigante che accetta di risolvere senza alcun compenso “ Mr. Daben, un ricco americano di nobili origini irlandesi, è il proprietario di una antichissima arpa che fin dai tempi più remoti viene passata di padre in figlio come simbolo delle tradizioni e dei valori dell’illustre casata. Lo strumento è conservato in una teca nella biblioteca dei Daben, un locale in cemento armato senza finestre e con un’unica porta d’acciaio che viene azionata mediante un interruttore la cui ubicazione è nota solo al padrone di casa. Tante precauzioni sono giustificate dal fatto che esiste una profezia del XII secolo secondo la quale se l’arpa verrà sottratta al suo legittimo custode per tre volte, la sua stirpe si estinguerà”.
E l’arma, naturalmente scompare per riapparire e scomparire di nuovo. Il nostro investigatore dilettante (allora andavano di moda come oggi i serial killer) chiamato a svelare il mistero cosa fa? Nota, scruta, osserva, misura, cataloga, si arma di due piccole bombole, di una cintura portadenaro, di una specie di salvadanaio, di una torcia elettrica e…e lo svela.
Geniale!".
Fabio Lotti
Come sempre, Allanon è insuperabile per il Giallo Classico!
...e poi la ciliegina sulla torta con il commento di Fabio Lotti (il nome del narratore dei racconti di Mr. Tarrant è Jerry Phelan).
Mitico Allanon, un maestro!
Un forte abbraccio a te e gemellini!
Baciooooo
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