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martedì 9 novembre 2010

Il cimitero di Praga - Umberto Eco (Bompiani 2010)


L' analisi contorta e disperata di Fabio Lotti

Non voglio scrivere una recensione (tra l’altro già scritta per T.M. e S. M.) ma buttare giù qualche pensiero su “Il cimitero di Praga” del nostro Umberto Eco, Bompiani 2010, che ha suscitato un casino del diavolo, provocando un casino di vendite (mica scemo). In maniera semiseria come è ormai mia abitudine, per non rendere la lettura pallosetta anzi che no.
Intanto è un malloppone, non in senso negativo, ma proprio come volumone di oltre cinquecento paginone. E questo già dovrebbe mettere sull’avviso il lettore che non si tratta proprio di una lettura leggerina da farsi con l’occhietto distratto. Se l’occhietto è distratto, pure per un millesimo di secondo, Egli è perduto. Irrimediabilmente. Ritrovare il filo del discorso è come cercare di convincere Berlusconi a non essere buono di cuore con le giovani sfortunate.
Seconda notazione. E’ un malloppone storicone rimpinzato di una diavoleria di tutte le creazioni della mente umana con una mole di citazioni e rimandi culturali da far venire un sorrisetto da ebete, non dico al sottoscritto che pure di parole libresche ne ha masticate tante, ma al classico topo da biblioteca nato lì e schiantato lì. Se si aggiunge il tipico stile ottocentesco da feuilleton che segue il ritmo intorcinato degli avvenimenti il gioco è fatto, per schiantare un bue-lettore che rumina dalla mattina alla sera. Un po’ (parecchio) iperbolica ma l’idea è questa.
Terza notazione. Non c’è un solo narratore. Ce ne sono tre a volte qualcuno si perdesse per strada. Il personaggio principale Simone Simonini di cui parleremo fra poco, l’alter ego l’abate Dalla Piccola che si insinua ogni tanto nel suo diario e, infine, il Narratore, quando la situazione degli eventi trascritta da Simonini si fa “arruffata”. E siccome la narrazione degli eventi si fa spesso “arruffata”, al Narratore non pare il vero di intervenire per dire la sua, gli si annebbiasse la vista curioso che non è altro.
Simone Simonini, dicevo, è il personaggio principale che odia tutto e tutti e, proprio per questo, pure simpatico. Insomma, voglio dire, non proprio simpatico, via, ma quando le sbatte sul muso ai tedeschi caconi beoni, ai francesi cattivoni egocentroni, agli italiani infidoni e bugiardoni, un sorrisetto ce lo strappa. Meno sui preti e sui gesuiti se siamo religiosi (altrimenti va bene lo stesso) e men che meno quando se la prende con le donne e gli ebrei che qualche pedata nel culo allora ci starebbe bene. Non importandogli un fico secco delle donne, e dunque del sesso che se lo ricava da solo (o a pagamento), Simonini si butta a babbo morto sulle delizie culinarie della buona tavola, stuzzicando spesso il nostro palato di buongustai. In quanto falsificatore di documenti, spia, truffatore e ricattatore (dunque pure ricattato), sulla sua moralità c’è poco da dire, anche perché in perfetta sintonia con quella dei nostri tempi (non saprei chi ci rimette). Dove è e dove va, che sia Torino, Palermo o Parigi, ne inventa sempre qualcuna e si intrufola dappertutto a rimestare e spiare. A creare storie e documenti falsi. Basta che sia pagato. E qui il Nostro mi pare ancora di una attualità sorprendente…
Eccetto lui tutti gli altri personaggi del libro sono veri ed è un piacere ritrovarli (siamo nella seconda metà dell’Ottocento) come se fossero riemersi dalle nostre ataviche letture, o conoscerne di nuovi: Dumas, Garibaldi, Napoleone, Nievo, Abba, Freud (qui chiamato Fröide) ecc…Un ripasso (e che ripasso!) fa sempre bene. Credo…
Ma c’è un altro protagonista, oltre i già citati. L’autore stesso, non tanto e solo come Narratore, ma proprio come Umberto Eco che si diverte un mondo a costruire storie complesse, aggrovigliate, a rimpinzarle di letture, libri, citazioni, a ricostruire personaggi vissuti, squarci di vita, atmosfere, idee, sentimenti, astuzie, tranelli, lotte, ricatti, tradimenti, passioni, amore e morte. E me lo immagino con gli occhietti furbetti da talpetta a scuriosare tra montagne di libri e documenti per creare, anche lui, un “documento” che faccia discutere (vedi il tema dell’antisemitismo, per esempio) e rimanga nel tempo.
L’uscita del libro ha provocato un coro di alti e bassi, ovverosia sussulti incontenibili di gioia e stroncature impietose. Il libro è “entusiasmante”, oppure “noioso e farraginoso” e pure impoetico (?).
Il sottoscritto, al termine della lettura, con gli occhi sbarrati e fissi nel vuoto, ha lanciato un grido che è rimbombato straziante per tutto il palazzo…
“LI MORTACCI!!!…”

P.S. Consiglio di leggere il libro perché vale la pena, nel bene o nel male. Consiglio di leggerlo con calma, ma con calma calma eh…

Articolo di Fabio Lotti

Dettagli del libro
  • Formato: Rilegato
  • Pagine: 523
  • Lingua: Italiano
  • Editore: Bompiani
  • Anno di pubblicazione 2010
  • Codice EAN: 9788845266225
  • Prezzo: 19,50€

9 commenti:

Anonimo ha detto...

Mi avevi già convinta al "sorrisetto da ebete" ma la chiusura finale del malloppone con "li mortacci" è sicuramente vincente! :)
Prima ti dirò che l'ho snobbato, che barba l'attesa montata e parlata da tutti e poi l'uscita e la noia delle stesse solite critiche, ora... dovrò per forza leggerlo!!!

Grisù

Martina S. ha detto...

Ecco, Fabio, quando lanci sfide così, non si può non raccoglierle. La voglia di leggere Eco è raddoppiata.

PierpaoloT ha detto...

Eco mi ha entusiasmato con "Il nome della rosa" e mi ha annoiato mostruosamente con "Il pendolo di Foucault", questo mi sembra sia nettamente più simile al secondo, quindi sebbene la recensione mi abbia veramente divertito e incuriosito, rimarrà sullo scaffale al mio passaggio!

Scéf ha detto...

secondo me invece Eco appartiene a quella categoria di scrittori di cui tocca aver tutto.. ma io sono malato :D
bravo Lotti

Anonimo ha detto...

Il mio è un commento iperbolico e limitatissimo. Ce ne sarebbero ancora tante di cose da dire ma avrei finito per diventare pallosetto come lo sono stati, per me si capisce, altri recensori.
@Enzo
Preferisco quando mi chiami "Fabione"...:)
Fabio

daniela contini ( eccozucca ) ha detto...

Gran bella recensione Fabio..devo solo augurarmi che mio papà, a cui ho regalato il libro per il compleanno, non mi uccida all'istante ..:(..dalle notizie precedenti all'uscita avevo capito che la ricostruzione storica e la costruzione stessa del romanzo ricalcasse quella de " Il nome della rosa ", romanzo che io ho amato e riletto almeno una decina di volte..Umberto Eco è e rimane (nonostante "Baudolino" ) per me un mostro sacro per la capacità dialettica, per la conoscenza e la cultura quasi infinite. Condivido e sottoscrivo che per leggere i suoi romanzi bisogna tralasciare tutto il resto ed immergersi nella storia senza altri pensieri e senza pause..ammetto anche che è proprio questo che me lo fà "amare" ..un piccolo passo..e oplà sei in un universo parallelo..in un mondo che ti avvolge e si racconta con te dentro...lo sottrarrò al genitore molto presto questo libro :))

Anonimo ha detto...

La recensione è divertente, l'unica cosa che non ho capito è di cosa parli il libro, e non è poco...
Fede

Anonimo ha detto...

Allora ti consiglio di leggere il libro...:)
Fabio

Anonimo ha detto...

Risposta seria. Ho scritto bene in evidenza all'inizio che non si tratta di una recensione vera e propria. Volevo solo offrire qualche spunto sul libro senza tracciare una trama.E dunque scrivere una cosa un pò diversa dalle solite recensioni.
Fabio Lotti