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mercoledì 25 novembre 2009

Intervista a Valerio Varesi



In occasione dell’uscita della nuova indagine del Commissario Soneri, Corpi Freddi ha intervistato l’autore Valerio Varesi.


Corpi Freddi: In questo tuo ultimo romanzo ho trovato un Soneri più introspettivo del solito, più combattuto, e combattivo, sia sul piano personale che in quello lavorativo. Un Soneri cresciuto, più saggio. Questa crescita ha seguito quella di Varesi, quella dei tempi, intesi come società, o semplicemente il suo orologio biologico?

Valerio Varesi: Soneri è un personaggio in itinere che cambia col tempo e quindi, come tale, non è mai uguale a se stesso come lo sono certi personaggi seriali, per esempio Maigret. E’ quindi ovvio che l’orologio biologico detti il suo tempo, ma penso che sia prevalente il cambiamento che riguarda me che scrivo. Ogni mattino ci svegliamo un po’ più nuovi e in quello che facciamo tutto questo si riverbera inevitabilmente. L’involuzione della nostra società e il progressivo corrompimento dei valori che la dovrebbero sorreggere, mi rendono più rabbioso e allarmato. Così anche Soneri ne risente.

CF: Sicuramente complice l'ambientazione montana, dalle pagine del libro trasuda una forte spiritualità che porta a tanti spunti di riflessione su molti temi etici. La filosofia rimane il tuo grande amore?

VV: I monti con la loro metafora dell’ascesa e i silenzi che li abitano certo favoriscono la riflessività e la spiritualità. Ma l’etica ritengo sia una componente fondamentale della letteratura in generale. Non v’è letteratura se non c’è anche etica. E’ uno dei compiti dello scrittore quello di estrarre un senso (magari non condivisibile o opinabile) da una vicenda umana o da una serie di fatti descritti, siano essi reali o di fantasia. Per cui la filosofia, in quanto “ragion pratica”, etica appunto, entra sempre nei miei romanzi.

CF: Nei tuoi romanzi, anche in questo, non manca la denuncia sociale. Trovi che scrivere dei mali della società in un romanzo sia più di impatto sul pubblico? Gli italiani sono talmente abituati alle brutte notizie trasmesse dai media da non farci più caso?

VV: Il fatto è che la gente è bombardata dalle notizie tra le quali è impossibile distinguere quelle vere e quelle meno vere. Ne scaturisce una confusione estrema secondo il celebre motto che troppa informazione produce l’annullamento dell’informazione. Allora tentare di racchiudere in un romanzo il senso compiuto di una vicenda emblematica, cercando di cavarne fuori una logica, è un tentativo spesso chiarificatore che può anche diventare la chiave per decifrare aspetti complessi dell’oggi.

CF: Stai già lavorando a qualche altro romanzo?

VV: Ho cominciato una nuova inchiesta di Soneri che avrà per tema lo scontro generazionale e, dal punto di vista paesaggistico, si snoderà su due mondi diversissimi di qua e di là dell’Appennino: la pianura padana e il mare di La Spezia.


CF: Come hai appreso e hai reagito alla notizia della candidatura de "Il paese di Saimir" al premio Scerbanenco?

VV: Mi ha fatto piacere, ma devo dire che è la quarta volta che vado in finale allo Scerbanenco. In un certo senso sono un veterano. Mi piace anche esserci andato con quel romanzo che non è un poliziesco, ma un noir sociale. Come ho detto prima, tengo molto all’impegno etico e scrivere un libro di denuncia sulle morti bianche portandolo alla finale di un premio credo che sia significativo non tanto per me quanto per quello che quel romanzo rappresenta.

CF: Oltre ai gialli scrivi anche romanzi di narrativa. Quale preferisci scrivere tra i due?

VV: Non distinguo mai tra gialli e narrativa di altro genere: ci sono semplicemente i romanzi, tutto qui. Penso che la realtà possa essere raccontata in vari modi. Ci sono storie che possono adattarsi al giallo e storie che necessitano di altri registri narrativi. Nel giallo esprimo l’indagine senza trascurare l’approfondimento psicologico e il tratto d’ambiente cercando di fondere poliziesco puro e noir. Negli altri romanzi, l’aspetto dell’animo umano è forse più sviluppato così come la valenza etica del racconto. Ma l’obbiettivo è sempre la realtà, la sua descrizione e la rappresentazione trasfigurata nella finzione letteraria.

CF: Si avvicina il Natale. Hai qualche libro, giallo o non, da consigliare?

VV: Consiglierei i libri di Jean Claude Izzo, un grande autore non ancora valorizzato adeguatamente, in particolare "Il sole dei morenti". Poi un grande autore tedesco come Sebald che ha scritto "Austerlitz", un capolavoro anche se un libro un po’ difficile. Tra gli italiani consiglierei un classico del giallo atipico: "Quer pasticciaccio brutto de via Merulana", un libro straordinario.

CF: Un sentito grazie a Valerio Varesi per la sua disponibilità, umiltà e umanità, e per i romanzi che scrive, mai vuoti, sempre coinvolgenti, sia nell’animo che nella mente. Grazie.




Intervista di Mrs Teapot 

7 commenti:

Lofi ha detto...

Giù il cappello di fronte a questa intervista articolata e profonda nei contenuti. Complimenti.

IL KILLER MANTOVANO ha detto...

Brava Barbara :-))))
Complimenti per l'intervista!!!

Scéf ha detto...

grande intervista davvero..
poche domande e ben assestate.. davvero brava :)

Matteo ha detto...

Bell'intervista ma questo tizio non lo conosco:-))A dir la verità non è neanche, da quel che ho capito, il tipo di lettura che fa per me.

allanon ha detto...

Brava, brava bravissima Barbara. Intervista perfetta. :-))

Vivara ha detto...

Bella intervista veramente!

Unknown ha detto...

Grazie, ma nulla a che vedere con le magnifiche interviste di Marco ed Enzo. Sono dei grandi. Un bacione a tutti!