Camilla Grebe e Åsa Träff, sorelle di penna e di sangue, a poco più di un anno dal grande successo ottenuto attraverso il thriller d’esordio, “Nel buio”, ritornano con un nuovo sanguinoso capolavoro, “Trauma”, tradotto da Renato Zatti e pubblicato ancora una volta da Piemme.
L’autunno fa da cornice ad una Stoccolma vestita di nero; il manto grigio e il groppo carico di pioggia invitano stormi di uccelli a cercare mete più calde, luoghi che rifuggano dal freddo e dalla violenza dell’animo umano da cui troppo spesso si originano atti mostruosi.
Trauma, è una pellicola cinematografica su carta in cui fotogrammi di vite segnate proiettano stati d’animo variegati ma accomunati da medesime sfumature: paura, fragilità, angosce, ansia, inquietudine ma anche tanto coraggio, audacia e voglia di riscatto.
Sono gli occhi di Tilde ad aprire la scena, dal basso della sua altezza e della sua purezza, in quel tranquillo pomeriggio del 22 ottobre, scorgerà qualcosa di drammatico: la madre Susanne riversa sul pavimento della cucina, massacrata a calci da una persona di cui intravede solo stivali neri e pantaloni scuri.
Si consuma così una violenza domestica sotto lo sguardo innocente di una bimba di soli cinque anni mentre Siri e Aina, specializzate in psicologia clinica, sono impegnate da qualche mese in un progetto ideato da Vijay, professore di psicologia forense all’università di Stoccolma, loro compagno di studi.
L’intento è quello di sostenere donne vittime di violenza e stress post-traumatico attraverso otto incontri di auto-mutuo aiuto in cui Siri e Aina sono chiamate, per la prima volta, non a psicanalizzare con occhio clinico e distaccato, ma a guidare il confronto.
In un giro di boa, prendono forma i ricordi e le vite di Kattis, Sofia, Malin, Sirkka, Hillevi, tutte donne vittime di violenza fisica e/o psicologica, originate da cause diverse, ma con lo stesso medesimo effetto: sfiducia e paura nei confronti dell’uomo e della sua natura.
Donne derubate della loro identità, in cerca di uno sguardo rassicurante, di un porto sicuro a cui approdare.
E mentre il profilo di ciascuna si delinea e la pioggia scava rivoli sempre più profondi, il trauma personale di Siri si materializza in uno stato di paura, insicurezza e ricerca di identità che l’accomuna alle donne che ha conosciuto.
“La mia vita è come l’acqua: riflette ciò che la circonda, ma non ha colori o sapori propri. Se si cerca di afferrarla, scivola via”.
La vita Siri si annoda attorno ad ogni singola voce del gruppo e a quella di tutti i pazienti che segue nel suo lavoro di psicoterapeuta; scava in profondità nel passato di ognuno, un’immersione lenta e dolorosa nei fondali più remoti dove le condizioni di anossia soffocano ogni forma di vita.
Senza alcun tentativo di giustificazione, ma comprensione, i traumi di ciascuno sono descritti come sassi gettati in acqua in grado di generare onde concentriche sempre più grandi, inconsce violenze sempre più inaudite.
E così nel tratteggio minimale della fisionomia dei personaggi fotografiamo il dolore degli stessi; la postura e i segni sul viso raccontano suoni assordanti di offese subite, odori nauseanti di ferite marcite, graffi doloranti di violenze taciute.
In un ritmo sempre più incalzante e carico di tensione partecipiamo con pathos alle vicende di ognuno mutando prospettiva e modi di sentire man mano che ogni storia prende forma.
Tra sfoghi e azioni, violenze e riflessioni, Siri giungerà a comprendere il filo sottile che lega la vita delle donne a quella di Tilde, arriverà a capire che “spesso l’amore non dà serenità”: Che “può essere una belva sempre alla ricerca di prede, sempre affamata, nascosta ai margini della nostra esistenza”.
Sarà primavera, dentro e fuori il suo cuore, quando i suoi occhi incroceranno quelli dell’innocenza, quando il senso di colpa si placherà per lasciare il posto alla denuncia e alla consapevolezza, che è ai margini che bisogna guardare per far sì che la violenza e il potere non prendano il sopravvento sull’amore.
Poche battute e poche parole non bastano a descrivere la profondità di questo lavoro che documenta mali generati da psiche patologiche e denuncia nei confronti di ogni forma di violenza (sui bambini, sulle donne, sugli uomini, sull’umanità) in una Svezia sempre più costellata da atti che si allontanano dal senso di civiltà come il modo scelto per curare questi mali.
Articolo di Marco "killer mantovano" Piva
Dettagli del libro
- Titolo: Trauma
- Autore: Camilla Grebe, Åsa Träff
- Editore: Piemme
- Pagine: 350
- Anno di pubblicazione: 2013
- Prezzo copertina: 17,50 €
- Tradotto da Renato Zatti
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