“Era una rigida mattina d’autunno in giro non c’era quasi nessuno; le colline attorno erano avvolte da una fitta nebbia; gli alberi avevano già perso le foglie , e tutto aveva un’aria così deprimente che mi sono sorpreso a rimpiangere il fuoco del camino. E mentre camminavo continuavo a chiedermi: cosa mai aveva condotto il dottor Essenheim in un posto così sperduto in cui aveva trovato la morte?”
“Nebbia in Val Padana” è il classico “refrain” che, di norma, ogni anno contraddistingue le previsioni del tempo nel periodo ottobre – febbraio. Per gli scettici, i non informati o i non residenti in zona vi riporto i versi di un astigiano d.o.c., quale Paolo Conte, che da anni canta “Cos'è la pianura padana dalle sei in avanti, una nebbia che sembra di essere dentro a un bicchiere di acqua e anice”.
Tuttavia da piemontese, come si dice, “al cento per cento”, e quindi, permettetemi, piuttosto ferrato in materia, non oso neppure lontanamente immaginare cosa deve essere la brughiera dello Yorkshire, regione natia di J.S. Fletcher, ad ottobre. Per tacere di quella di Dartmoor nel Devon, se si pensa che uno dei più famosi scrittori di gialli della storia, dovendo ambientare un romanzo in quelle lande, certamente magiche e affascinanti , ma pur sempre desolate, è stato ispirato a porre al centro della vicenda niente meno che un mastino indemoniato grosso come un vitello che da secoli, (non da un giorno o due) si aggirava sbranando, indisturbato (e vorrei vedere) i malcapitati viandanti.
Un simile scenario naturale credo che rappresenti un richiamo irresistibile per qualsiasi tessitore di trame gialle, horror, romance o che abbiano per soggetto qualche bel drammone passionale. Non per niente “Cime tempestose” è proprio ambientato nel nord dello Yorkshire. Con questo non voglio certo paragonare J.S Fletcher a sir Arthur Conan Doyle o Charlotte Bronte.
L’autore di questo “Assassinio nella brughiera” è stato uno scrittore bulimico per quantità e generi trattati, con risultati a dir poco altalenanti, diventato famosissimo ai suoi tempi, ma destinato poi a cadere, come molti altri colleghi, quasi nel dimenticatoio a partire dal secondo dopoguerra, tanto che oggi i suoi romanzi sono considerati un po’ di “serie B”. In maniera assai poco generosa mi sento di aggiungere io.
Nel campo della letteratura gialla infatti qualche bella storia l’ha azzeccata. I due precedenti bassotti (“Delitto a Middle Temple” – Bassotto n. 11 e “Il mistero di Charing Cross” – Bassotto n. 57 ), qualche titolo letto tanto tempo fa nella collana “1.000 lire” della Newton Compton e questo appena pubblicato, ne sono la prova tangibile e legittimano più che ampiamente la collocazione dell’autore nella storia del genere, anche se sicuramente non tra le primissime scelte.
L’onore di un terzo Bassotto mi pare un giusto riconoscimento nonché un piccolo risarcimento. La scarsa fama di cui gode oggi Fletcher è forse dovuta ad uno stile personale che lo ha portato a disdegnare i puzzle, gli enigmi, le indagini cerebrali o i giochi di specchi, tanto in voga durante il periodo d’oro tra le due guerre mondiali. Le sue preferenze andavano piuttosto verso un genere che coniugava il “mystery” con l’azione, più affine forse ad un altro autore, manco a farlo apposta esagerato pure lui nella produzione , quale Edgar Wallace, senza però quella effervescenza e quei colpi di scena, a volte tanto improbabili e incredibili quanto, sia ben chiaro, assolutamente irresistibili, marchi di fabbrica dell’autore de “I quattro giusti”.
I suoi romanzi sono senza dubbio storie di mistero e investigazione, che però hanno più l’aspetto e il ritmo di un appassionante inseguimento tra guardie e ladri, in cui la soluzione può fare tranquillamente a meno di particolari palcoscenici o complesse lungaggini espositive lasciando pochissimo spazio ad elucubrazioni mentali, a colpi di genio da parte dalle famose “cellule grigie”, a ragionamenti arzigogolati e a quelle verità improbabili che rimangono una volta “eliminato l’impossibile”. I protagonisti afferrano all’inizio del racconto un esile filo e cominciano a seguirlo in una marcia forzata che di tappa in tappa li porta a comporre un bel gomitolo corposo, in cui molte volte è lo stesso assassino che vi si avviluppa da solo. Appunto un po’ come procedere a tentoni nella nebbia. Si va avanti fino a che non si riesce a intravedere la luce del sole e la foschia, come per incanto, si volatilizza.
Questo “Assassinio nella brughiera” è un tipico esempio dello “stile Fletcher”. E’ un libro scritto con piglio sicuro ed esperto, da un artigiano del genere in ottimo stato di forma che conosceva a fondo il proprio mestiere e come soddisfare i gusti dei lettori. Personalmente ho seguito quindi più che volentieri, le peripezie dei protagonisti che, immersi fino al collo in una nebbia autunnale da tagliare con il coltello, vengono sballottati tra Londra e la città York, sulle tracce di un libro che vale una piccola fortuna, tanto da provocare l’omicidio del legittimo proprietario, assassinato, appunto, nel bel mezzo della brughiera. Si parte dalla magione padronale nel bel mezzo dello Yorkshire, dove lo “squire” riferisce l’incontro avvenuto in casa sua la sera fatale.
Saltano fuori un secondo uomo, un terzo e come potrebbe mancare ? Una donna misteriosa, giovane bella e affascinante. Una femme fatale? Si torna di volata a Londra dove la situazione evolve grazie a nuovi e imprevedibili fatti. Ma informazioni freschissime richiedono ulteriori indagini nella brughiera. Si riprende il treno e ci si ritrova così ben presto immersi nell’erica selvatica fino alle ginocchia. Il ristoro viene garantito dalla locanda dove si raccolgono notizie inedite e interessanti e qualche pettegolezzo che non guasta mai, fino a che l’ennesimo telegramma (praticamente il telefono cellulare dell’epoca) ci riporta tutti quanti nella capitale. Ma per poco. Perché di nuovo al nord, nella cittadina di Leeds, un tizio può riferirci che…
Ma mentre sulla brughiera calano le prime ombre della sera, si apprende che nella capitale due gentili donzelle “potrebbero esserci o potrebbero farci” “Là fuori” vera protagonista e vero collante della storia incombe su tutto e su tutti, lei, la nebbia (tanto cara, che combinazione, pure a Wallace) che aspetta i nostri per avvolgerli in un abbraccio umidiccio e accompagnarli così nel loro peregrinare incessante tra una località e l’altra. E si arriva in questo modo, quasi senza accorgersene, di gran carriera al veloce epilogo finale, sulle ali di un’investigazione che è il sogno di qualsiasi detective, reale o letterario, tanto fila via liscia e senza intoppi. Un Bassotto per gli amanti di un mystery movimentato, raccontato bene con uno stile leggero, accattivante e frizzante per salutare l’autunno e la sua protagonista principale (almeno qui nella pianura padana) che “piovigginando sale” a stringere in un ovattato assedio le finestre della vostra stanza da lettura preferita. Ma a priori non c’ è nulla di cui essere veramente preoccupati.
Sia la nebbia che gli animali sono cattivi in base all’uso che ne fa qualche malintenzionato. Nel Devon, stasera, l’antica dimora è quieta e silenziosa illuminata dalle stelle che di tanto in tanto fanno capolino attraverso il velo di bruma. La maledizione che gravava sulla famiglia Baskerville ormai è svanita da tempo. Nel salone, il vecchio cagnolone dorme placido nella sua cuccia davanti all’enorme camino, sognando la giornata appena trascorsa a correre e giocare nel parco insieme ai bambini di casa. La vecchia storia del mastino assassino ha assunto i connotati incerti della leggenda. Su, nello Yorkshire, protetti da un soffice velo di nebbia, vicini l’uno all’altra per l’eternità, Heathcliff e Catherine finalmente riposano in pace……. Mettetevi dunque comodi e buona lettura.
Articolo di Alberto "allanon" Cottini
Dettagli del libro
- Titolo: Assassinio nella brughiera
- Autore: J(oseph) S(mith) Fletcher
- Titolo originale: The Yorkshire Moorland Mystery (1930)
- Traduzione: Marisa Castino Bado
- Editore: Polillo
- Collana: I Bassotti n. 116
- Pubblicazione: settembre 2012
- Pagine: 256
- Prezzo: euro 14,40
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