martedì 26 giugno 2012
La vendetta – Marco Vichi (Gaunda 2012)
Pensava che la vita era una merda, però era una sola. E la sua era stata bruciata come la capocchia di un cerino. Pensava alla bronchite cronica, al dolore che ogni tanto gli mordeva il fianco, ai fagioli ammuffiti che quella mattina aveva trovato nella spazzatura, all’ultima volta che si era cambiato le mutande. Pensava a cosa avrebbe voluto fare da grande… molti anni fa…
Il solite evanescente e crudo Marco Vichi. Anche in questo romanzo si fa fatica a caratterizzare il bene ed il male. I personaggi hanno duplici sfaccettature: tutti hanno un passato ed un futuro e questo filo non sempre rappresenta una costante nei comportamenti. Per altro ci sono riflessi che si sono intravisti nel precedente libro “la forza del destino”.
Il protagonista de “la vendetta” è Rocco, un senza tetto, che vive sotto un ponte senza alcuna prospettiva, senza un futuro. Il futuro è soltanto quello che accadrà il giorno successivo. Ma Rocco non è sempre stato un barbone, nella giovinezza, nonostante un periodo dei più bui dell’Italia fascista, era un bel ragazzo con un lavoro e con una donna che amava.
Questo passato Rocco lo ha chiuso in una parte oscura della memoria, che sorprendentemente viene riaperta dal manifesto che annuncia l’arrivo in città di uno scienziato: Rodolfo Stonzi. La chiave è quella giusta e le mandate della serratura sono gli accadimenti che hanno portato Rocco nell’isolamento.
Dopo millenni di apatia, adesso sentiva nel petto una fiammella di gioia. Aveva finalmente trovato un motivo per vivere. Erano quarant’anni che le sue giornate erano vuote di ogni significato. Adesso volontà e desiderio lo stavano come risuscitando, riportandolo con la memoria ai tempi in cui ogni minuto della sua giornata era dominato da progetti e propositi. Era bello scoprire che la sua anima non era del tutto morta. Un grande scopo era capace d rendere degna qualsiasi merda di vita.
Rodolfo era il miglior amico di Rocco, e durante il fascismo sparì improvvisamente. Prima della sparizione Rodolfo segna in modo indelebile la vita di due persone. Una di queste, ovviamente, è quella di Rocco.
Pur essendo passati cinquant’anni Rocco vuole vendicarsi e programma la sua vendetta con i suoi “amici”: Bobo, sopravvissuto al campo di concentramento ma che ne porta i segni indelebili sul corpo e Steppa un altro barbone che vive sotto lo stesso ponte si Rocco.
Deve fare tutto in 7 giorni, questo è il tempo che separa Rocco dalla vendetta. Un nuovo futuro, un progetto che non scadrà il giorno dopo.
È la solita scrittura di Vichi diretta schietta, travolgente, tutto scivola come se ci trovassimo immersi nella storia, appassionati alla vicenda, al contesto, alla sofferenza di Rocco, quasi schifati dai topi e le pulci che camminano sul suo corpo, come se invadessero anche il nostro.
Ho iniziato il libro e non riuscivo a staccare gli occhi dalle pagine, rinviando la fine della lettura di pagina in pagina. Ma arrivati ad un punto la storia diventa affrettata, come se l’autore perda smalto, voglia chiuderla rapidamente. Diventa superficiale, perde gli aspetti della personalità dei protagonisti arrivando ad azzerare la capacità di analisi del professor Rodolfo Stonzi che diventa totalmente passivo agli accadimenti che lo coinvolgeranno. Forse solo per chiudere rapidamente.
Tutto questo, ripeto, non modifica il piacere di una lettura che consiglio.
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