_

lunedì 18 aprile 2011

Sezione suicidi – Antonin Varenne (Einaudi 2011)


Sentirono il telefono soltanto dopo molti squilli. L'apparecchio suonava mediamente una volta e mezza al giorno, con due punte nel corso dell'anno: la massima da giugno a inizio luglio, quando il sole faceva aumentare l'agitazione sociale come un complesso chimico sotto l'effetto del caldo; e la minima da dicembre a gennaio, quando il freddo irrigidiva la vita, privandola dell'energia necessaria per nuocere a se stessa.

Dopo un centinaio di pagine avevo deciso di interrompere la lettura di questo romanzo. Non ne potevo più del tenente Guérin, delle sue folli elucubrazioni mentali, delle sue teorie in cui nulla succede per caso e che nell'unverso è tutto concatenato (compresi i suicidi), non ne potevo più di suicidi eclatanti, del suo vice Lambert, del suo sboccacciato e spennacchiato pappagallo Churchill, dell'atmosfera forzatamente noir e rarefatta che invece di appassionarmi mi infastitiva.
Periodi come “Il cielo pesava come una tazza del cesso al contrario, pieno di nuvole nere e pronte a cascar loro addosso” o ancora “lei usci dal bagno, stretta in un accappatoio senza prospettive” mi hanno fatto mettere le mani nei capelli. La storia parallela di John Nichols invece inizialmente l'avevo trovata intrigante, psicologo hippie strampalato che vive in una tenda a cui muore, suicida, l'amico Alan fachiro emofoliaco tossico e gay. Dopo un po', però, non ne potevo più neanche di lui. Ma sono andata avanti perchè mi avevano detto che si sarebbe ripreso, ci sarebbe stato uno scossone.
Ed ho scoperto che era vero, infatti poco oltre la metà, si inizia a parlare di complotto, entrano in ballo CIA, Servizi segreti, Ambasciata, delinquenti arabi, ex galeotti, si parla di addestramenti dei militari americani spediti in Iraq, le torture e il lavaggio del cervello a cui sono sottoposti e Guèrine e John a questo punto, mossi dall'unico desiderio di verità, si trovano invischiati in un caso complesso e troppo grande per loro.
Ma questo “scossone” questa “ripresa” finale è paragonabile ad un fremito di ciglia in un malato in coma irreversibile, perchè quando sono arrivata al punto in cui poteva diventare interessante, in realtà la mia attenzione e la mia capacità di comprensione si erano già atrofizzate da un pezzo.
Lento e triste come un funerale, non c'è un personaggio che è uno che ispiri un po' di simpatia, da Guérin a Lambert il suo vice, a Savane, Barnier e i gli altri colleghi poliziotti, Bunker l'ex galeotto che incontra John, Alan il suo migliore amico, irritanti dal primo all'ultimo, tutti perdenti, sconfitti dalla vita e con un'anima nera come la pece, noioso fino allo sfinimento e fastidioso come un'emicrania.

Articolo di Cristina "cristing" Di Bonaventura

Dettagli del libro
  • Formato: Brossura
  • Pagine: 377
  • Lingua: Italiano
  • Titolo originale: Fakirs
  • Lingua originale: Francese
  • Editore: Einaudi
  • Collana: Einaudi. Stile libero big
  • Anno di pubblicazione 2011
  • Codice EAN: 9788806204730
  • Traduttore: F. Montrasi
  • Prezzo: 18,00€

23 commenti:

Anonimo ha detto...

Peccato per l'autore che è tanto carino... però hai ragione Cristina io l'ho trovato di una pesantezza esasperante.....

Letizia

IL KILLER MANTOVANO ha detto...

La trama mi ispirava parecchio. A questo punto credo sia il caso di soprassedere.

Cristing ha detto...

Non so Marco, forse a te potrebbe piacere, è moooooooooooooooolto francese ;)

Anonimo ha detto...

E’ in effetti un libro un po’ fumoso e farraginoso. Però l’atmosfera di “pazzia” e di disfacimento è ben delineata. Una malinconia, un grigiore della vita che si conclude tragicamente. Non sarei così spietato ma nemmeno troppo entusiasta.
Fabio

Anonimo ha detto...

Aggiungo questo se può essere utile. Con il passare del tempo un po’ i gusti cambiano. Ora io sono un amante del sorriso e dell’ironia. A volte esagero e mi creo delle antipatie. Pazienza. Che poi se mi conosceste di persona “Ma guarda un po’ quel bischero del Lotti”…
Comunque sia perdendo i capelli e preparandomi con un piede e tre quarti nella bara ho cominciato ad apprezzare pure tematiche più sofferte, atmosfere decadenti e malinconiche, personaggi grigi e sfilacciati. Anche per questi argomenti ci vuole una mano, una “penna” di valore. Antonin Varenne ce l’ha ma ha intorcinato troppo la storia.
Fabio

Cristing ha detto...

@Fabio "l’atmosfera di “pazzia” e di disfacimento è ben delineata" sarà anche vero però mi sembra un pò pochino per un noir e per quello che definiscono come rivelazione, astro nascente dopo Simenon e la Vargas (è quello che ho letto in giro). Per quanto riguarda il finale non ho proprio parole.....

Anonimo ha detto...

Ma non siamo poi così distanti come giudizio (sempre relativo). La storia è davvero pesantina e arruffata. Io ho cercato di salvare un pò l'atmosfera generale del libro che mi pare l'unica cosa positiva.
Fabio

Cristing ha detto...

Ah bè allora si, mi sembra che la pensiamo più o meno nello stesso modo, solo che tu sei più buono di me ;)

Anonimo ha detto...

Per continuare lo scambio di idee mi permetto una osservazione. I personaggi non devono essere "simpatici" per forza per fare un buon libro. Come hai ben sottolineato in seguito sono personaggi perdenti e sconfitti dalla vita. Ed è proprio questa atmosfera di sfacio totale che vuole creare l'autore. Poi, voglio dire, se non piace è un altro paio di maniche. A me questa parte non è dispiaciuta perché resa piuttosto bene. E' il resto che non mi sconfinfera.
Fabio

Cristing ha detto...

Si Fabio lo so che non sono i personaggi simpatici a fare un buon libro e ci mancherebbe altro, quello che volevo dire è che almeno uno positivo in tanta negatività poteva anche starci, capisco che l'autore volesse creare proprio questa atmosfera riuscendoci perfettamente, ma per me è troppo, l'ho trovata una forzatura esagerata.

Briciole di tempo ha detto...

Concordo con Letizia, peccato per l'autore perchè merita!!! :-) Scherzi a parte, che in un noir ci siano personaggi perdenti e sconfitti dalla vita è normale, anzi ritengo sia una delle caratteristiche fondamentali per poter definire un romanzo noir. Se penso a Incubo di strada di Derek Reymond non ricordo personaggi allegri e simpatici, però poi sta nella capacità dello scrittore a rendere la storia interessante e dalla recensione di Cristina ho capito che non è questo il caso!!!

Anonimo ha detto...

Anche il pappagallo è depresso e spennacchiato e l'ufficiuo si trova all'ultimo piano dove piove pure...
Non è proprio il massimo dell'allegria. Sono contento di avere suscitato qualche riflessione. Il libro, comunque, è nel complesso deludente, soprattutto rispetto a come lo avevano presentato.
Fabio

Cristing ha detto...

@Letizia e Mari sono d'accordo sull'autore :)
@Mari concordo sul fatto dei personaggi ma qui è davvero troppo...Ti presto il libro? ;)
@Fabio .... e della macchia di sangue che si allarga sul soffitto ne vogliamo parlare?!?! Il pappagallo è terribile...

Briciole di tempo ha detto...

@Cri: no grazie, mi fido del tuo giudizio :-)

Anonimo ha detto...

Per chiarire meglio il mio pensiero con Cristina che seguo sempre con attenzione. Se si estrapolasse la storia di Guérin e Lambert dal contesto del racconto essa avrebbe un senso ben preciso. Tutti i segni o segnali posti lungo la loro strada (il soffitto macchiato di sangue, il pappagallo spennacchiato, il lento strascicare dei passi di Lambert, l’aspetto dimesso e sgualcito di Guérin, la “pazzia” eccetera per terminare con la tremenda fine di Lambert) servono a creare quella atmosfera di disfacimento, quasi di disgusto che ci prende per la gola. Ecco per me questa è la parte migliore del libro. L’autore ha raggiunto il suo obiettivo che è proprio quello di farci storcere la bocca.
Fabio

Cristing ha detto...

@Fabio ha centrato in pieno l'obiettivo ;)

Anonimo ha detto...

Pienamente d'accordo con Cristina Bonaventura.
Sezione Suicidi è sommamente noioso.
Gli è che il successo della Vargas, fa gola a molti e la super ripresa del romanzo giallo genera facili entusiasmi nel lettore, che acquista a volte sulla scia di romanzi ben più riusciti.
In questo caso, il cognome importante, potrebbe consigliare il buon Antonin, di darsi,come si diceva una volta, all'ippica.

Anonimo ha detto...

Per me Antonin potrebbe pure andare a raddrizzar banane se è per questo. Io ho cercato di dimostrare analiticamente come la parte del romanzo che si riferisce al duo Guèrin- Lambert è tecnicamente e creativamente riuscita. Tra l’altro anche il ritmo lento che riferito a tutto il romanzo è veramente pesante, in questo specifico contesto risulta invece del tutto coerente. La lentezza di movimento accentua ancora di più il senso del disfacimento, di degrado e isolamento dei due personaggi. Questo è il mio contributo serio, onesto e rispettoso alla recensione di Cristina. Contributo fatto con passione e, credo, con competenza.
Fabio

Stefania ha detto...

UHm...già non mi ispirava ora ancora meno! (a parte gli occhi dell'autore:P)

Anonimo ha detto...

Scopro solo adesso questo post, perché il libro ho appena finito di leggerlo, e cercavo qualche riferimento in giro.

A parte le osservazioni sulla noiosità e sulla pesantezza, che condivido in pieno, il punto è che, alla fine... non ci si capisce nulla! Il che, per un romanzo giallo, è ben peggio della pesantezza letteraria. Voglio dire, io non mi ritengo proprio l'ultima ingenua in materia: di gialli e di noir contemporanei ne ho letti parecchi, un minimo di esperienza nel riconoscere i pattern tipici ce l'ho: ebbene, nonostante questo, devo confessare che della conclusione della storia non ci ho capito quasi niente.

Pertanto, qualcuno avrebbe la cortesia di farmi una sorta di riassuntino "for dummies", come se lo spiegasse a Bambi?

Ovviamente il filo principale l'ho capito, quello delle manovre dei servizi americani per insabbiare gli scandali delle torture in guerra e far tacere i testimoni, ma ho fortissime difficoltà a capire come si ricollega alla prima parte della storia: gli altri uomini che si suicidavano platealmente, nudi e in pubblico, che c'entravano con le missioni militari americane o con la CIA? Io avevo capito che erano francesi, che nulla avevano a che fare con gli Stati Uniti. E il poliziotto pervertito che sfregiava i cadaveri anni prima, che piffero c'entrava con la CIA e con le guerre, ma che c'entrava anche con i suicidi nudi? Dove sta scritto che quelli avessero a che fare con l'ambiente della polizia? Ma boh...

Se qualcuno mi aiuta, gliene sarò grata! :)

a presto,
Lisa

Scéf ha detto...

Lisa, ho avvisato la redattrice della recensione e speriamo che ti possa dare una mano :)

Cristing ha detto...

@Lisa eccomi qui. Dopo due mesi ho quasi completamente rimosso questo libro ma provo ad aiutarti lo stesso per quel che ricordo... allora, le persone che si suicidano non c'entrano nulla con le torture, non ne erano coinvolte, ma c'entrano con il condizionamento psicologico/lavaggio del cervello o almeno di questo è convinto Guerìn visto che ha notato la presenta dell'uomo e della donna bionda in più di uno dei suicidi spettacolari (ma non è approfondito). Diverso è per il "suicidio" di Alan che invece ci entra eccome.... Il poliziotto che sfregia non me lo ricordo proprio... rinfrescami la memoria.... sono arrivata alla fine del libro facendo un grosso sforzo e evidentemnte il mio cervello si è rifiutato di memorizzare tutto ;)

Anonimo ha detto...

Che peccato sentire questi commenti e leggere una recensione così negativa!
A me era piaciuto molto, sia i personaggi che la trama, oltre che il modo di scrivere...soprattutto le riflessioni (certo filosofia del senso comune, ma almeno qualcuno che riflette!).
Dire che annoia può essere una questione di gusto, ma non condivido il fatto che non si capisca.
Beh, peccato! Ora capisco perchè non traducono altro di quest'autore!