Orbite Vuote, edito da Intermezzi, è un’antologia di racconti. Diciamolo subito perché di fatto il racconto, in generale, non è proprio una forma narrativa tanto celebrata che entra facilmente nelle grazie dei lettori. Anzi, è sempre in qualche modo osteggiato, visto con diffidenza, quasi fosse una malattia contagiosa dalla quale tenersi a debita distanza.
Curato da uno degli scrittori italiani più promettenti, Marco Candida (che si è dato da fare anche nello scrivere una bella prefazione e un racconto) e da Chiara Fattori di Intermezzi, questo libricino di 230 pagine, condito di 16 racconti più una poesia, viene bollato come raccolta horror quando in realtà sembra essere qualcosa di diverso, di sfumato e ibrido.
E’ un cofanetto ben realizzato dalla casa editrice toscana (in collaborazione con il sito www.websitehorror.com):editing ben curato e confezionamento della veste grafica accattivante. Un bauletto nel quale si trova dentro un po’ di tutto ed è rigorosamente nostrano tranne la presenza americana, insapore, di Brian Maxwell ( il suo racconto, “Ascolta le campane”, nulla di trascendentale): pezzi di horror puro dispensati qua e là, a volte un po’ forzati, un goccio di kitsch, qualche punta di trash (la poesia finale, “I sombi”, di Guido Catalano, ne è piena ed è una lettura abbastanza scadente), dello splatter, una spruzzata di soprannaturale, del fantasy, il giallo tipico della detective story che fanno forse più da sfondo e corredo scenografico che da elemento centrale alla narrazione. L’ironia non manca, il surreale spadroneggia, qualche favoleggiamento qua e là, qualche fuoripista. In molti racconti è ben ravvisabile (anche troppo) l’eleganza, l’innocenza e il tocco leggero, quasi rispettoso, di una scrittura che sembra proporsi ben altro che non le urla di spavento che ti fanno saltare sulla sedia. O almeno questa sensazione è vivida fino alle ultimissime righe, quando ci si trova di fronte a un’esplosione fatale che ti mette sul chi va là, quasi come lo scrittore si accorgesse all’ultimo di star scrivendo un horror e corregge la mira finché si è in tempo.
C’e’ da dire che alcuni degli scrittori (molti se non tutti rigorosamente di scuderia di piccole-medie case editrici) che si cimentano in questa bell’ avventura, hanno ben poco a che fare con il genere, come se si fossero trovati sballottati improvvisamente in una terra straniera a loro completamente ignota ed è per questo che forse un lettore assiduo e incallito di Lovecraft o del miglior King, potrebbe trovarsi un po’ (tanto)spiazzato nella lettura. Ma trovo sia stata interessante questa reinvenzione di se stesso da parte dell’autore che in un certo senso, allontanandosi dalla propria sfera di competenza con cui si è fatto leggere (e apprezzare) altrove e in precedenza, si mette in gioco rischiando: l’ho apprezzato. Io segnalerei, tra tutti, i racconti L’uomo d’acqua di Paola Presciuttini (inquietante e che induce a una certa riflessione profonda sulle menomazioni), il giallo di Matteo Di Giulio “Lanterna rossa”, i due racconti di Morozzi (Mentre la città dorme e soprattutto “Solo un mestiere come un altro”, molto macabro, ingegnoso, fetente, magari bellissimo da sviluppare ad ampio raggio come romanzo), Matteo B.Bianchi (L’altra gamba, che qualche brivido alla fine lo lascia, senza dubbio), Daniele Pasquini (Mistero alle Svalbard, un racconto pulito pulito e coinvolgente grazie alla semplice e fervida immaginazione del ragazzo) e Gianluca Mercadante (Il Vigile, racconto di un’attualità disarmante sulla pedofilia), uniti a qualche stereotipo di genere di troppo (la casa fantasma o il vampirismo, che va oggi tanto di moda).
Si può parlare di horror sperimentale? L’ inserimento qua e là di qualche virtuosismo letterario azzeccato e un po’ di sano esercizio di stile, segnato dal tentativo da parte di ciascun autore di lasciare una propria impronta riconoscibile, autorizza a farlo. Certo, non aspettatevi certo un John Carpenter in grande stile su carta…
Gli autori presenti sono Brian Maxwell (tradotto da Margherita Pampinella-Cropper), Stefano Barbarino e Massimiliano Nuzzolo, Gianluca Mercadante, Daniele Pasquini, Enrico Macioci, Angelo Marenzana, Sara Durantini, Matteo Di Giulio, Matteo B. Bianchi, Eva Clesis e Angelo Orlando Meloni, Paola Presciuttini, Gianluca Morozzi, Marco Candida, Michele Turazzi, Jacopo Nacci, Guido Catalano.
Articolo di Matteo "Andriy" Spinelli
Dettagli del libro
- Titolo: Orbite vuote. Sedici racconti dell'orrore e una poesia
- Curato da: Candida M., Fattori C.
- Editore: Intermezzi
- Collana: Website horror
- Data di Pubblicazione: 2011
- ISBN: 8890505842
- ISBN-13: 9788890505843
- Reparto: Narrativa horror e gotica
- Prezzo: € 12.00
4 commenti:
Non amo l'horror, si sa, ma la recensione di Matteo è molto interessante per come evidenzia pregi e difetti di questa raccolta.
Titolo inquietante.....
Ringrazio Matteo Spinelli
Ringrazio per la recensione. Ovviamente sono quando nella recensione si scrive:
"In molti racconti è ben ravvisabile (anche troppo) l’eleganza, l’innocenza e il tocco leggero, quasi rispettoso, di una scrittura che sembra proporsi ben altro che non le urla di spavento che ti fanno saltare sulla sedia"
Il problema e' che una volta imboccata questa via, quando si scrive horror, alla fine, e parlo specialmente di quel che accade, le poche volte che accade, in Italia, ci si concentra non sulla scrittura e sulla realta' che la scrittura vuole rappresentare (diventando feroci con quelli) ma sugli elementi della rappresentazione: e dunque si finisce, nel caso dell'horror, per scrivere racconti pieni di sangue, budella, coltelli, guanti di pelle nera, torture. Si', e' vero, c'e' innocenza nel tono dei racconti, ma io dico sempre meglio questo primo e sperimentale tentativo che un'antologia di racconti sanguinari e fuorimisura in nome appunto di questa volonta' di aggressione della lrealta' e del lettore. Bisogna stare attenti. Credo addirittura che miglior luogo di una casa editrice come Intermezzi non avrebbe potuto esserci per un'antologia di questo genere in Italia. Questi autori giovani, "piccoli" (se la Clesis o la Presciuttini possano davvero dirsi "piccole" ormai), ma di indiscusso talento ("talento" che puo' essersi qui espresso timidamente, ma che c'e', e si vede) secondo me possono addirittura funzionare meglio di quelli "grandi": perche' noto che negli autori grandi spesso si va fuori misura, si esasperano toni, si diventa pretenziosi. Non lo so, bisognerebbe provare, per essere sicuri di questa affermazione, ma ripeto horror non e' intestini penzolanti, cadaveri impiccati, alieni disgustosi, insetti mortali, insomma horror non e' il modo di terrorizzare il lettore li' per li', per farlo saltare sulla seggiola, ma piuttosto il significato sottile di cui, mostrando al lettore tutt'altro 'proprio per non spaventarlo', una storia dell'orrore parla davvero.
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