Lorenza Ghinelli: Non lo so com’è nato, dovrei sezionarmi per dare una risposta che sembri sensata. La verità è che la storia che ho raccontato mi abita nelle fibre; il Divoratore rappresenta ciò che mi terrorizza di più, paure che prendono corpo, proiezioni che diventano carne. Scriverlo non è stata un’esperienza razionale, calcolata, ponderata. Ho accettato di farmi prendere per mano e lasciarmi condurre nelle mie segrete, è stata un’esperienza autentica. La narrativa è questo per me: uno spazio di libertà assoluta, un viaggio verso me stessa, non parto dal soggetto, né dalla scaletta, non puntello recinti, non metto limiti. E credo che leggendo quel che scrivo, questa autenticità possa raggiungere il lettore.
CF: In un’intervista hai definito il tuo romanzo “una storia vera”. Perché? Quanto c’è di vero delle tue paure ne “Il Divoratore”?
LG: Tutti sperimentiamo quanto le nostre paure, spesso irrazionali, condizionino concretamente il nostro vivere quotidiano. Talvolta le paure creano una sorta di frequenza distorta che schiaccia il reale. Ecco, io racconto le paure. In questo senso mi sento di affermare che racconto storie vere, ossia che tutti possiamo esperire.
CF: Un romanzo che ha avuto una strana gestazione. Pubblicato nel 2008 per una piccola casa editrice di Piombino (il Foglio Letterario di Gordiano Lupi), nel 2010 decidi di darlo in pasto alla grande editoria, uscendo nel 2011 con la Newton Compton. Spiegaci un po’ questa mossa.
LG: Gordiano, in qualità di piccolo editore, si mosse a suo tempo nel miglior modo possibile, e giocò sempre pulito. Ma non poteva farmi fare il salto, non perché non lo volesse o non ci credesse, ma per spingere davvero un progetto ci vogliono soldi, e questo non è un segreto per nessuno. Io volevo che la mia creatura, il mio romanzo, potesse beneficiare di tutto lo spazio possibile, così ho tolto i fermi all’immaginazione e senza stare tanto a pensare a come fare ho provato semplicemente a farlo. Decisi in accordo con Gordiano di tentare con una grande casa editrice, trovai degli agenti che potessero spingere il mio lavoro. E così è stato. Sono stati anni di scelte toste, e se c’è una cosa di cui sono orgogliosa è di avere scelto persone umanamente validissime con cui collaborare. Per me è un fattore imprescindibile. Con i ragazzi della Martin Eden, miei attuali agenti, stiamo crescendo assieme. La Newton è una casa editrice attenta e capace, e sta compiendo con me un percorso che nessun’altra casa editrice anche grandissima avrebbe intrapreso.
CF: Oggi un bambino, vede immagini devastanti per la sua crescita sin dall’ infanzia. Tg, videogame, ecc. Partendo proprio dal presupposto che oggi per far paura bisogna davvero impegnarsi tantissimo, quanto, da autrice, ti sei dovuta impegnare per stimolare la paura nel lettore?
LG: Non ho mai pensato di spaventare il lettore, ho cercato l’autosuggestione. Ho cercato di spingermi sul limitare di zone per me rosse, senza sapere cosa avrei trovato oltre quel limite. Una volta trovata la mia paura, allora lì subentrava il mestiere per tradurla al lettore. Ma solo in seconda battuta, altrimenti il romanzo risulterebbe artefatto e le emozioni asfittiche. Un’altra cosa che desidero precisare: non c’è violenza gratuita nel mio romanzo, al contrario di quella che invece ci viene propinata dalla televisione. Non credo che per fare davvero paura bisogna impegnarsi tantissimo. Credo semplicemente che occorra ascoltarsi tantissimo.
CF: Perché una persona dovrebbe comprare il tuo romanzo?
LG: Perché una persona non dovrebbe comprarlo? Non saprei rispondere a nessuna delle due domande. Ognuno faccia quel che crede, ma sono convinta che sia un libro interessante, trascende i generi e ho amato visceralmente scriverlo. Il prezzo fa voglia. Credo valga la pena tentare.
CF: Sul web sei stata molto discussa. “Il Divoratore” è un romanzo che ha diviso lo scenario dei blogger italiani. Qual’ è stato il commento più bello che hai ricevuto e quale invece la critica che più ti ha ferito?
LG: Non riesco a pensare a critiche che mi hanno ‘ferita’, le critiche fanno crescere ben più delle lodi, almeno quando sono costruttive, alcune critiche le condivido, altre no. In rete c’è spazio per tutti, e questo è meraviglioso; se nel nostro Paese è rimasto uno sprazzo di democrazia, lo si trova in rete. In questo periodo vivo una sovraesposizione, questo a volte è stressante perché si diventa facile bersaglio, ma fa parte del gioco e lo accetto. C’è anche chi scrive tante volgarità, e quelle sono le cose che in assoluto feriscono meno. Quando si cede alla volgarità si perde in classe, di solito il motore nascosto è l’invidia. Quando arriveranno critiche sobrie, acute, le prenderò seriamente in considerazione. Per ora posso dire che avere l’appoggio e la stima di scrittori che amo come Valerio Evangelisti e Massimo Lugli, è per me un onore immenso.
CF: Sceneggiatrice, educatrice, non disdegni il fumetto e autrice di romanzi. Qual è il campo che più ti appaga e quale quello di cui ne faresti a meno?
LG: Per ora non rinuncio a niente, da ogni campo raccolgo qualcosa, non voglio porre nessun limite. La narrativa resta senz’altro l’amore più grande.
CF: Di certo ha una scrittura molto cinematografica. Diventerà mai un film? Ci sono progetti in merito? Giochiamo ad assegnare gli attori ai ruoli.
LG: Sì, diventerà un film. È ufficiale. Non vedo l’ora di lanciarmi anche in questa nuova avventura. Quindi non assegnerò nessun ruolo a nessun attore.
CF: Tu hai fatto la scuola Holden ma in un’intervista dichiari che subito dopo averla finita, ti sei quasi subito resa conto che avevi bisogno di mettere da parte quell’ esperienza. Quanto ti è stata utile quella scuola?
LG: Penso che al tempo, avevo diciannove anni, ero troppo giovane per la Holden. Vedi, a diciannove anni è un diritto non avere ancora un proprio stile, ma esserne all’affannosa ricerca. Volevo sperimentarmi, scrivere cose anche orribili (e in effetti di cose orribili ne ho scritte), senza che nessuno tentasse di mettermi addosso un marchio, uno stigma, senza che nemmeno mi si imponesse uno stile di scrittura ‘holdeniano’. Ma questo è un limite di tutte, tutte le scuole. Penso che chi si è approcciato alla Holden dopo una laurea, un master, o anni di lavoro, possa averne tratto di più. Io mi riavvicinai alla scrittura dopo avere vissuto parecchio e studiato altrettanto. Volevo trovare il mio stile, sapevo che l’avrei trovato senza forzature. E così è stato.
CF: Sei edizioni in 20 giorni e venduto in Spagna, Brasile, Olanda, Russia e Francia. Questo enorme clamore suscitato tra pubblico ed addetti ai lavori, quanto paradossalmente potrebbe rivelarsi un’arma a doppio taglio: in che misura senti in te la pressione di dovere bissare gli attestati di stima ottenuti?
LG: Questi giorni abbiamo venduto il libro anche in Portogallo e in Serbia. Va da sé che la pressione che sento è alta. Ma è alta solo fino a quando sento di dovere aderire a un’aspettativa. Quando invece mi ricordo di cosa è per me la scrittura, uno spazio di libertà e solitudine sacra, ecco allora che lascio il mondo fuori. Vorrei mantenere la capacità di ricordarmi perché scrivo. Se ce la farò manterrò la salute mentale necessaria per continuare a farlo. È vero, il clamore suscitato può essere un’arma a doppio taglio, credo che per non farmi male io debba rinunciare al desiderio di bissare, perseverando invece nel desiderio di scrivere cose autentiche. Il secondo libro, che scrissi nel 2009, è libero da ogni logica di mercato e ansie da prestazione. Mi impegnerò affinché anche il terzo possa definirsi tale.
CF: Nel 2010 sei uscita con un ambizioso progetto con Sarasso e Daniele Rudoni per Marsilio, J.A.S.T., nel 2011 “Il Divoratore” sta bruciando le classifiche ed è stato venduto all’ estero, un secondo romanzo già finito e un terzo in conclusione. Parlaci di questo secondo romanzo.
LG: Intanto dico che il terzo romanzo è in gestazione, e non in conclusione. Riguardo al secondo posso dire con certezza che è abissalmente diverso dal primo. Ho voluto misurarmi con la quotidianità, e affrontarla senza il filtro del simbolo e del paranormale. Sarà senz’altro un romanzo più trasversale e complesso.
CF: Stai lavorano ad una serie tv intitolata “Tredicesimo apostolo”. Parlaci di questo progetto.
LG: Collaboro da oltre un anno con la Taodue, e devo dire che è una bellissima esperienza; assieme ai mie colleghi abbiamo realizzato questa nuova serie che non ha nulla a che vedere coi soliti polizieschi a cui siamo abituati: è totalmente innovativa, con note fortemente mistery, è una storia corposa, capace di spaventare e commuovere al tempo stesso. Devo dire che Valsecchi è stato coraggioso e lungimirante nel produrre un simile progetto, credo sia il momento giusto per imprimere una svolta radicale nel modo di fare televisione. Sarà il pubblico ad avere l’ultima parola, ma mi sento di dire che il progetto merita, eccome.
CF: Grazie mille per la tua disponibilità e complimenti sinceri per tutto.
LG: Grazie a voi!!!
Intervista di Enzo "BodyCold" Carcello
Dettagli del libro
- Autore: Ghinelli Lorenza
- Editore: Newton & Compton
- Genere: letteratura italiana: testi
- Collana: Nuova narrativa Newton
- ISBN: 8854123773
- ISBN-13: 9788854123779
- Data pubbl.: 18 gennaio '11
3 commenti:
Bella intervista, mi è piaciuta moltissimo la risposta sulla rete democratica e l'atteggiamento sereno di Lorenza rispetto alle critiche volgari (cui nessun autore, prima o poi, può sottrarsi... in giro c'è tanta frustrazione!)
Marilù
Fuori i nomi degli editori che hanno rifiutato "Il divoratore"!
Tutti... ;)
bella intervista e complimenti a Lorenza: mi e' piaciuto molto Il divoratore, e le tue parole a riguardo confermano esattamente le mie impressioni sul libro...avanti, le potenzialita' sono ottime ^__*
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