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sabato 27 novembre 2010

La maledizione di Barbarossa – Paul Halter (Giallo Mondadori 2010)


Alsazia luglio1932. Nel corso di un’estate da sogno, “fatta di libere giornate di gioco”come solo può essere quella di un gruppo di ragazzini senza troppi pensieri per la testa, una giovane ragazza tedesca viene brutalmente assassinata in cima ad una casa a forma di torre, a quanto pare dal fantasma dell’imperatore Barbarossa, che da secoli fa fuori in modo atroce coloro che osano offenderne la memoria. Nessuno è entrato in quella casa: delitto impossibile e soluzione impossibile. 1948. Sedici anni dopo quei tragici avvenimenti, lo spettro della morta perseguita ancora i protagonisti di quella storia. Occorre assolutamente tornare là dove tutto è iniziato e affrontare gli incubi del passato. Ci penserà il dottor Alan Twist, criminologo, a svelare l’arcano.
“Tanto tuonò che alla fine piovve”. Dopo tanto patire, quando ormai i fan avevano perso ogni speranza, finalmente la Mondadori consegna alle stampe questa opera prima del francese Paul Halter, unico vero seguace e discepolo dell’immenso John Dickson Carr, per quanto riguarda i racconti di crimini impossibili e camere chiuse. Questo libro pur non essendo il migliore (ma neanche il peggiore) scritto dall’autore alsaziano, dimostra una volta di più che siamo di fronte ad un allievo (beh dire erede forse sarebbe troppo) molto dotato e parecchio diligente, che, fatti propri gli insegnamenti del Maestro, si è applicato in maniera particolare al fine di dare una propria impronta personale ai suoi lavori. Riprendendo le atmosfere, le situazioni minacciose e inquietanti, i crimini impossibili e spettacolari e in generale gli elementi tipici delle opere di John Dickson Carr, ma non solo, di Chesterton e tanti altri – la stessa casa a forma di torre pare essere presa pari pari da “Il terrore che mormora” uno dei “tot” (perché limitarsi?) capolavori partoriti dalla fantasia del creatore del Dr. Fell e di Harry Marrivale – Halter, influenzato sicuramente dalla seduzione che le degenerazioni tipiche del grand guignol hanno esercitato sulla letteratura popolare francese, di suo, infarcisce le storie, di elementi raccapriccianti e agghiaccianti di cui non si trova traccia nei romanzi dell’autore americano, se non forse qualcosina agli inizi, nei primi della serie con Bencolin. Molti degli assassini partoriti dalla fantasia di Halter, parecchi dei quali assolutamente psicopatici al limite del paranoico, non si limitano infatti ad eliminare semplicemente le proprie vittime, ma spesso infieriscono su di loro in maniera assolutamente brutale ed efferata, tanto da apparire come veri e propri omicidi rituali. Moltissimi libri dell’alsaziano più che essere la storia di un “semplice” omicidio-indagine-soluzione, sono in realtà il racconto, in presa diretta, di una follia, di una aberrazione, di una depravazione mentale, lucida inizialmente, ma che va via via degenerandosi e corrompendosi fino al climax finale assolutamente imprevedibile. Ne consegue che parecchi romanzi, come lo stesso “La maledizione di Barbarossa”, difficilmente si concludono con un lieto fine. In questo quadro generale l’indagine poliziesca, spesso, non rappresenta del tutto il fulcro centrale delle storie. Anzi, proprio lo sviluppo dell’azione investigativa è forse l’elemento più debole dei libri di Halter e per questo sicuramente qualsiasi accostamento dell’autore ai grandi del passato è sicuramente improprio. Il dr. Twist e l’ispettore Hurst, sovente, rivestono un ruolo quasi marginale, da comprimari, rimanendo parecchio sullo sfondo a differenza di altri loro colleghi ben più famosi. Noi siamo abituati a seguire e vivere in prima persona le investigazioni svolte dai vari Philo Vance, Poirot, Sherlock Holmes, Dr. Fell, Ellery Queen etc. e pure, grazie alla presenza abituale del “Watson” di turno, ad essere edotti persino dei loro pensieri e delle loro brillanti deduzioni. Questi investigatori, nell’impianto dei gialli dell’epoca classica, sono investiti di una missione quasi divina, che consiste nel rimuovere la disfunzione del sistema, l’interferenza rappresentata dall’evento delittuoso, svelare il colpevole e ristabilire così l’ordine naturale delle cose. Passati loro, e consegnato alla Giustizia il criminale, la vita tenuta in sospeso, quasi ostaggio della perturbazione generata dall’atto violento, ritorna a scorrere placida e tranquilla. Il dr. Twist al contrario non pare incaricato di un simile compito. Lui scopre il colpevole ma la vita per i vari personaggi non sarà più quella di prima. La fine non è detto che sarà consolatoria. Il male ormai ha attecchito, ci ha preso parecchio gusto e così ha cominciato a spargere i propri semi, che presto, grazie a nuovi adepti, genereranno altri lutti e dolori persino peggiori. (emblematico è il romanzo “I fiori di Satana”, senza personaggi fissi, che se riuscite a trovare non dovete assolutamente lasciarvi scappare: uno dei migliori romanzi di Halter tradotti in Italia).
E come volersi dimostrare, uno dei difetti di questo libro consiste proprio nella carenza del lato investigativo come siamo abituati e come l’intendiamo noi. Si tratta di un delitto del passato che ancora perseguita e ossessiona a distanza di 16 anni i protagonisti. L’attività investigativa è ridotta al minimo indispensabile, riuscendo il dr. Twist a sbrogliare la matassa semplicemente sulla base del racconto del personaggio principale. Ma gli elementi da brivido che assumeranno le caratteristiche del marchio di fabbrica nei romanzi scritti successivamente ci sono già tutti: l’omicidio efferato e “impossibile” (anzi una serie di delitti nel corso dei secoli conseguenza della maledizione lanciata dall’imperatore Barbarossa), il delitto rituale, le apparizioni, i fantasmi, l’atmosfera di paura e incubo. In particolare la scena iniziale intorno alla cabina telefonica è assolutamente d’effetto. Per contro la soluzione del delitto principale descritto in questo romanzo è tanto semplice quanto condotta sul filo del rasoio come tante altre lette in precedenza e proposte da autori ben più famosi. A volte queste sono soddisfacenti e spettacolari (per quanto concerne le opere di Halter, pubblicate tutte nelle due collane di gialli della Mondadori in uscita in edicola segnalo “La quarta porta”, “Le mani bruciate” “La morte dietro la tenda rossa” “La tela di Penelope” “Testa di tigre” “Cento anni prima” “La lettera che uccide” “La nebbia rossa” e il già menzionato “I fiori di Satana” in assoluto uno dei migliori). Altre volte lo sono meno (“A 139 passi dalla morte”), altre non lo sono affatto (“Fiamme di sangue”, “L’albero del delitto”, “L’omicidio in Atlantide” e come la soluzione dei delitti compiuti nei secoli passati in questo: assolutamente insoddisfacente) e altre volte invece fanno venire mal di testa (“La camera del pazzo” ma in generale chi è appassionato di questo tipo di misteri sa di cosa parlo). Non stiamo quindi parlando di un clone di un grande scrittore dell’epoca d’oro, né di un erede presunto o preteso. Parliamo di un autore che scrive “alla maniera di” riprendendo del resto molte situazioni care a parecchi altri autori sia anglosassoni (Carr, la Christie, Chesterton, Clayton Rawson, Hake Talbot, Poe) o francesi (Steeman, Boileau, Pierre Very). Alla fine magari i romanzi di Halter non saranno al top della narrativa di genere ma nel complesso riescono a compensare una certa carenza dal punto di vista investigativo (e quindi sotto l’aspetto del “giallo” puro) con altre componenti sensazionali che rendono comunque la lettura godibile e per nulla noiosa. che dimostra che il sottogenere del reato impossibile è ancora vivo e lotta strenuamente per non farsi sopraffare. Una lettura sia ben chiaro senza pretese o presunzioni di sorta ma che risveglia e mantiene vivo in noi l’amore per il mistero, l’enigma, i rompicapi e, perché no, per il gioco, per il pupazzo che esce dalla scatola, per il “più splendido gioco del mondo” come Dickson Carr definiva ancora nel 1963 in un proprio saggio, il romanzo giallo di investigazione e di delitti impossibili. Che pare non godere di particolare favore di questi tempi nelle collane storiche di gialli in edicola. Ma cara Mondadori……..è così “impossibile” darci ancora almeno un Halter all’anno? Maledizione………

Bibliografia di Paul Halter

Articolo di Alberto "Allanon" Cottini


Dettagli del libro
  • Autore: Paul Halter
  • In appendice: racconto di Carlo Oliva “Sacro e profano”
  • Editore: Mondadori
  • Collana: Il Giallo Mondadori n. 3011
  • Data pubbl.: 19/08/2010
  • Prezzo di copertina: € 4,20
  • Traduttore: Igor Longo
  • Pagine: 203
  • Titolo originale: La malediction de Barberousse 

5 commenti:

Martina S. ha detto...

In effetti, sotto l'aspetto "camera chiusa" e indagine, mi avevano soddisfatto di più i precedenti da me letti: La quarta porta, Testa di tigre, Le mani bruciate. Questo si sente che è un'opera prima.
Comunque, oggi è proprio da dire: come spiega e mi racconta i gialli Alberto, è impagabile. Ne sa sempre un sacco ^__^ Grazie!!!

Lofi ha detto...

Ho letto il libro, unica mia lettura dell'autore. Grazie ad Alberto per le dritte!

Anonimo ha detto...

Una splendida recensione. Io il libro l'ho trovato bellino (detto alla toscana) ma non più di tanto.
Fabio

IL KILLER MANTOVANO ha detto...

Recensione come al solito strepitosa di Alberto.
E' stata una agonia la pubblicazione da parte di Mondadori di questo romanzo, noi appassionati abbiamo tartassato il blog per 1 anno abbondante. Spero veramente che la collana G.M. pubblichi con più regolarità i (tanti) inediti dello scrittore francese, unico esponente contemporanea che prende ispirazione dall'unico e solo maestro della camera chiusa Mr. John Dickson Carr.

Martina S. ha detto...

Ragazzi, allora "L'albero del delitto" a quante stelle lo date da 1 a 5? L'avrei trovato disponibile sul sito a punti Bookmooch.