_

martedì 30 novembre 2010

77- Guillermo Saccomanno (Marco Tropea Editore 2010)


Cammina il professor Gomez. Cammina tutta la notte, lungo le strade, i vicoli, rasentando i muri delle case, muri che a posarvi le mani sembra di toccare il sangue. Strade che fagocitano ogni luce , di giorno come di notte, rigonfie di pioggia, come fiumi tortuosi alimentati dai rivoli di ogni più angusta via, ribollenti di serpeggianti, ferali falcon verdi , come sanguisughe a risucchiare ogni volto che vi si immerge. Strade.. all'apparenza irreali come ogni forma di serenità per il 1977 in Argentina, a Buenos Aires. Gomez, un piccolo “cabecita negra”, un insegnante di letteratura inglese, peronista, un Oscar Wilde indios , scaraventato nella melma vischiosa della paura da quel lontano '59 , sotto le bombe in Plaza de Mayo.
Lo stesso terrore sottile e lavico che lo costringe a notturni chilometrici affinchè il buio non si spalanchi sulla soglia di casa. 2300 Omicidi politici. 30.000 desaparecidos . Il giorno è un illusione insopportabile, la notte una trasparente affilata agonia nella “terra d'argento” di Videla. Nell'attesa del ritorno di Peron, l'economia in picchiata, le agitazioni sindacali, le strategie di guerriglia dei Montoneros ed i tentativi dei vari governi di reprimere quest'ultima, lasciano, come la risacca, una battigia ricolma di detriti di libertà e parità frantumate. Ma nelle anime in indugio c'è ancora speranza. Speranza che quel mare si ritiri restituendo corpo e valore a quegli ideali. Che la scia di sangue si ricompatti e sparisca portandosi via anche l'odore di muffa stantia della paura. Peron torna dal suo esilio spagnolo abbracciando la riva opposta, lasciando sperduti tra i detriti i propri seguaci.
Appena il tempo di un respiro, tanto sembra essere passato, e quella stessa folla che lo aspettava ogni 17 ottobre in Plaza de Mayo , lo vede andar via per l'ultima volta, per sempre. Isabela non è Evita ed il golpe militare di Videla è la malta del terrore che sedimenta definitivamente quei resti di umanità cristallizzandoli in un oceano di sangue e desolazione. Ogni individuo è perseguibile, è imputabile , è solo. Delazione, sospetto, persino riti per il malocchio, pur di salvare la propria pelle a scapito di altri innocenti. Da tutto questo fugge peregrinando nella notte Gomez. Fugge dai ricordi, dalla passione per la bellezza efebica del suo alunno Esteban, dalla virilità tracotante del poliziotto cinese, dalle Falcon verdi che inghiottono civili ogni notte, dal portinaio Ramon, dalla sua vita da sommerso. Fugge ma non lo fa realmente o basterebbe limitarsi ad andar via dal proprio paese. Come una civiltà millenaria, ma distante e morente, applica una passiva resistenza alle barbarie, una sorta di generale La Paz che assiste muto alla spietata vitalità di un Quiroga, come nel “Facundo” che legge ed insegna ai suoi ragazzi.
Ma questa “inattività” di cuore e spirito è destinata ad incrinarsi e a trasformarsi in un , seppur non eclatantemente eroica, sequenza di azioni attive. La scintilla che mette in moto tutto questo è l'arresto e la successiva “scomparsa” proprio di Esteban, tratto via a forza dalla polizia militare davanti ai suoi atterriti compagni di classe e a Gomez. Il dolore dell'impotenza è una macina che tritura l'anima come spighe di grano, facendone farina d'amarezza per un quotidiano pane nero di futuro da ingollare senza neanche il conforto di un bicchiere di speranza.
Allora se non si può nulla per il proprio futuro si può perchè sia scevro dell'assenza il futuro di molti altri, di quelli che verranno, di quelli che non dovranno dimenticare mai. Cosi Gomez mette su un taxi per farla fuggire dal paese un'altra sua studentessa, Paloma. Cerca notizie, rischiando la propria incolumità, di Esteban dal suo amante poliziotto. Aiuta un montenero, Martin e dà rifugio nella propria casa a Delia, la fidanzata di quest'ultimo, incinta e “partigiana” anche lei. Ascolta ed aiuta il suo amico di un tempo nella ricerca di notizie del figlio desaparecido. Quasi smette di camminare nella notte , perchè ora la paura è una luce di sdegno non da fuggire ma da affrontare a piccole dosi di grande coraggio, come il fazzoletto bianco ed i cartelli di quelle madri in Plaza de Mayo, come il presentare un habeas corpus ai corpi di polizia argentini.
Diana, Martin, Mara , Esteban , non torneranno , ma da queste magistrali pagine scritte da Saccomanno racconteranno con la voce di Gomez, una storia, la Storia, da cui nessuno può fuggire , affinchè si possa gridare tutti : NUNCA MAS..mai più..

Mi chiamo Emiliano Hueravillo, sono nato qui alla ESMA. Qui mia madre, Mirta Mónica Alonso, mi diede alla luce. Come lei, in tutti i centri di detenzione della zona sud di Buenos Aires, centinaia di coraggiose donne diedero alla luce i loro bambini in mezzo ai medici torturatori. A Tutti i nostri fratelli e sorelle che sono nati qui, e che non sono ancora ritornati alla propria famiglia come ho potuto fare io: voglio che sappiano che li stiamo cercando, li stiamo aspettando, vogliamo raccontargli che le loro madri li amavano, che i loro padri li amavano, e che appartennero alla parte migliore di una generazione che si mise in gioco completamente per consegnarci un paese migliore. (Emiliano Hueravillo -figlio di desaparecidos nati all'Esma – inaugurazione dell'Esma a monumento della memoria – Buenos Aires 2004 )

Articolo di Daniela "eccozucca" Contini

Dettagli del libro
  • Formato: Brossura
  • Pagine: 286
  • Lingua: Italiano
  • Editore: Tropea
  • Anno di pubblicazione 2010
  • Codice EAN: 9788855801423
  • Traduttore: F. Pe' 

2 commenti:

Briciole di tempo ha detto...

Una recensione viva e toccante. Una storia che purtroppo E' STORIA. Argentina, Cile, Ecuador...paesi che hanno sofferto e che soffrono ancora. Un libro da leggere.

Martina S. ha detto...

Quando ho letto il libro di Carlotto, Le irregolari, sullo stesso tema, è stata una lettura che colpisce nel profondo per la sofferenza immensa di quei popoli.