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lunedì 4 ottobre 2010

L’istinto del sangue – Jean-Christophe Grangé


Jeanne Korowa è una giovane giudice istruttore di Nanterre, nei sobborghi a nord di Parigi, con una vita sentimentale a pezzi, giunta ad un punto morto dopo l’ennesima fregatura annunciata, che passa le serate mangiucchiando riso in bianco, abbinato a Lexotan, cercando di anestetizzare le sue paturnie guardando le vecchie puntate di “Grey’s Anatomy”. Affiancando un collega si trova coinvolta in una serie di brutali omicidi che sembrano riecheggiare ancestrali e primitivi rituali preistorici connessi al cannibalismo e alle mutazioni genetiche subite dall’uomo nel corso dell’evoluzione. Per una serie di circostanze particolari, che non è il caso che vi racconti qui, l’attenzione di Jeanne si concentra su di un nome. Autismo, psicanalisi, riti di fertilità, preistoria sono elementi che da Parigi la condurranno sulle tracce dell’assassino attraverso il Nicaragua, il Guatemala e l’Argentina alla ricerca dell’origine stessa del Male, fin nel folto della “Foresta delle Anime” dove l’impossibile prende forma. E dove l’impossibile aveva generato un mostro.
All’inizio era il caos. Il caos primordiale. Il disordine assoluto. In questo contesto il Male doveva scegliersi un portatore che ne garantisse la sopravvivenza e la possibilità di perpetuarsi. Scelse naturalmente la creatura più debole, più indifesa, più impotente, più vulnerabile, più imbelle, la cui unica ragione d’essere pareva quella di partecipare alla catena alimentare nei panni di facile trofeo per grandi e piccoli predatori. Lo forgiò. Lo rese avvezzo all’inganno, al tradimento, alla scaltrezza e con questo retaggio lo addestrò a tendere agguati, trappole, imboscate e a costruire armi sempre più potenti e sofisticate per uccidere a debita distanza di sicurezza quelli che una volta erano i suoi cacciatori. Da un essere primitivo plasmò l’Homo Sapiens Sapiens. Il più feroce, crudele, sanguinario e aggressivo ani-male.
Per Sigmund Freud la storia dell’umanità è incominciata con l’uccisione del padre. Gli uomini del clan hanno ucciso il padre e l’hanno mangiato. Una colpa originale, incisa nella carne, da tramandarsi nei geni…..
Immanuel Kant teorizzò un'inclinazione e una tendenza congenite dell’uomo al male, che definì male radicale, ovvero qualcosa che non può essere né distrutto né estirpato, ma che è radicato nella sue stessa essenza, nella sua stessa natura, nel suo DNA.
Dopo 8 romanzi Grangè non finisce ancora di stupirmi e spiazzarmi e con il terzo libro della sua personale “Trilogia del male” (iniziata con “La linea nera” e proseguita con “Il giuramento” – i tre romanzi non hanno alcun filo diretto e quindi possono tranquillamente essere letti separatamente) riesce nuovamente a catturarmi con una sconvolgente storia dalla trama mozzafiato. Per l’autore francese ogni “thriller è un viaggio” sia geografico che metafisico all’interno del nostro versante oscuro, del nostro bisogno di distruzione. Anche per questa tappa ha messo in valigia il suo corredo standard: un eroe (in questo caso un’eroina) che conduce l’inchiesta in solitario, una serie di omicidi veramente (addirittura un po’ troppo e ve lo dice uno che non disdegna certe scene forti) raccapriccianti e mostruosi, l’ambientazione in paesi e continenti diversi, l’escursione nei meandri più oscuri e nei desideri proibiti della mente umana. Il tutto amalgamato all’interno di una trama come al solito parecchio, e sottolineo parecchio, “borderline” al limite della credibilità, ma densa e ricca di elementi assolutamente inediti e innovativi al tempo stesso, frutto di un lavoro di documentazione veramente eccezionale. Tutti elementi che concorrono a fare di Grangè uno degli autori sicuramente più originali e sui generis tra gli scrittori di thriller non solo europei ma mondiali.
Ci imbarchiamo per la nostra avventura a Parigi, in un viaggio che ci condurrà ben lontano dai soliti stereotipi del thriller anglosassone cui siamo abituati. A tracciare il nostro cammino, giusto per capire che genere di tragitto ci attende, non sarà una classica guida “Lonely Planet” ma piuttosto “Totem e tabù” di Sigmund Freud, il padre della psicanalisi. Incominciamo a conoscere quelli che strada facendo saranno i nostri compagni di viaggio (non storcete il naso di fronte alla protagonista “single-sfigata-usata-e-gettata”, tutta Valium, depressione, serate solitarie e fazzoletti di carta. Sarà questa condizione che la porterà quasi involontariamente sulle tracce dell’assassino). Ci liberiamo abbastanza presto di qualche elemento accessorio assolutamente ininfluente alla storia e così l’indagine, dopo qualche decina di pagine, decolla sicura e spedita, si fa serrata, incalzante, frenetica e parallelamente la lettura diventa veramente inarrestabile e trascinante lungo un percorso dove via via si intrecciano, l’analisi dell’autismo infantile, la criogenetica, lo studio di antichi rituali antropofagi, la psicoanalisi, l’antropologia culturale e dei simboli, la teoria dell’evoluzione, e lo studio delle civiltà umane preistoriche e protostoriche. Non fatevi spaventare da tanta carne al fuoco. Nessuna spiegazione astrusa o incomprensibile ma solo il necessario e funzionale alla trama che si va abbozzando, raccontato in maniera chiara e concisa. La complessità della storia non è mai un ostacolo alla lettura. E’ vero che Grangè richiede sempre un pubblico sotto certi punti di vista particolarmente predisposto a seguire certe storie, ma è anche vero che lo scrittore non abbandona mai il lettore a sé stesso o in balia degli eventi raccontati ma il grandissimo lavoro di preparazione che precede la stesura del libro, permettere di dare, oso dire, una certa credibilità anche alle teorie più discutibili ed improbabili. Il tocco del grande autore sta nella capacità di assemblare il tutto in una perfetta corrispondenza tra lo stile della narrazione affilato come un bisturi, costituito da frasi secche, scorrevoli, capitoli non troppo lunghi e il contenuto della narrazione, misto tra azione e teoria, che in mano a qualsiasi altro autore sortirebbe una storia confusa, probabilmente incomprensibile, incasinata e illeggibile. Lasciata Parigi, prendiamo il largo alla volta del Centro-Sud America. Sulle strade del Nicaragua, del Guatemala, e dell’Argentina volgiamo lo sguardo sul non lontanissimo passato politico di quei paesi, una delle tante zone del mondo in cui il Male può andare fiero e orgoglioso del lavoro fatto sull’uomo.
Ogni pagina è una curva cieca. Ogni fine capitolo è una piccola sosta per riprendere un attimo il fiato.
La fine, come spesso accade nei romanzi di Grangè, è piuttosto veloce, quasi “tranchant”. Qualcuno potrebbe persino giudicarla troppo affrettata. Ma ormai il viaggio è giunto al termine. Tutto quello che c’era da raccontare è stato detto. Tutto quello che c’era da vedere è stato visto. E allora perché dover, quasi per forza, tenere in vita una storia ormai narrata? La meta è raggiunta. Un percorso complesso affascinante impegnativo, emozionante, appassionante, avvincente, in certe parti commovente, ma anche agghiacciante, feroce, terrificante, spaventoso. Salutiamo il nostro “Cicerone” Grangé: “merci, à bientot”, grazie e alla prossima.
Come ogni volta che si fa ritorno a casa da un viaggio, si ripensa a quanto abbiamo affrontato alla ricerca di una morale.
Alla fine non tutto è male ciò che finisce male.
Aggrappiamoci alle cose piccole di tutti giorni, siano esse importanti come la salute, l’affetto verso le persone care, una carezza o un sorriso di o ad un bimbo o ad una persona anziana, una gentilezza gratuita, una telefonata o un messaggino senza particolare motivo ai i nostri migliori amici-fratelli che è un po’ che non sentiamo (capita…..presi nel gorgo di tutti i giorni….capita) siano esse effimere, un telefilm, un film che ci appassiona o diverte (ma a “Grey’s Anatomy” scelgo “Lost” o “Friends” o i vecchi telefilm della serie “Agente speciale”), i nostri amati libri, un aperitivo con gli amici-fratelli, un paio d’ore tutte per noi da “buttare via” per fare ciò che ci fa star bene o per “cazzeggiare” su anobii a parlare di vita e di libri con delle belle persone, un sorso di birra ghiacciata, un muffin o una tavoletta di cioccolata (extra amara, grazie).
Insomma viviamo la vita.
Semplicemente.
Alla fine, dopotutto, potremmo anche scoprire che non è così….. male.

Bibliografia
  • • 1994 - Il volo delle cicogne (Le vol des cicognes)
  • • 1998 - I fiumi di porpora (Les rivières pourpres)
  • • 2000 - Il concilio di pietra (Le voncile de pierre)
  • • 2003 - L'impero dei lupi (L'empire des loups)
  • • 2004 - La linea nera (Le ligne noire)
  • • 2007 - Il giuramento (Le serment des limbes)
  • • 2008 - Miserere (Miserere)
  • • 2009 - L'istinto del sangue
Filmografia
  • • 2000 - I fiumi di porpora (Les rivières pourpres) - dal romanzo omonimo
  • • 2001 - Vidocq - La maschera senza volto (Vidocq) - co-sceneggiatore
  • • 2005 - L'impero dei lupi (L'empire des loups) - dal romanzo omonimo
  • • 2006 - Il concilio di pietra (Le concile de pierre) - dal romanzo omonimo
  • • 2011 - Miserere (Miserere) - dal romanzo omonimo, regia di Michele Placido


Articolo di Alberto "Allanon" Cottini

Dettagli del libro
  • Titolo: L’istinto del sangue
  • Titolo originale: La Forêt des Mânes
  • Autore: Jean-Christophe Grangé
  • Traduzione: Doriana Comerlati
  • Editore: Garzanti Libri
  • Anno di Pubblicazione: maggio 2010
  • Collana: Narratori moderni
  • Pagine: 510
  • Codice ISBN 9788811670339
  • Prezzo di copertina: € 19,60

9 commenti:

IL KILLER MANTOVANO ha detto...

Si inizia la settimana alla grande, a quanto vedo.
Alberto ci regala un libro nel libro.

Blueberry ha detto...

Bellissimo commento, complimenti Alberto. Non vedo l'ora di leggerlo, sicuro è tra le prossime letture!

Lofi ha detto...

Alberto strepitoso in questa rece. Il libro lo ha comprato mio fratello e io glielo sottraggo sicuramente!

Linda80 ha detto...

Trama molto intrigante, appena esce in economica lo prendo ;-)
P.S. Splendida rece!!!

Cristing ha detto...

Bellissima recensione Alberto! Complimenti!!

Anonimo ha detto...

Complimenti ad Allanon. Un buon libro da leggersi con calma che ci riporta agli albori della nostra esistenza.
Fabio

Martina S. ha detto...

Gran bella recensione, Alberto. Vien davvero voglia di leggere il libro.

Stefania ha detto...

Grande come sempre Alberto! Di Grangé ho già letto e apprezzato un paio di romanzi ne ho altri 4 da leggere e questo sarà indubbiamente mio con l'uscita in economica. Un autore straordinario che sa farti entrare nella storia, uno stile incisivo , che fa conoscere al lettore parti affascinanti di storia e geografia sapientemente miscelati alla storia.

skunkie ha detto...

dopo aver letto le tantissime recensioni disponibili che hanno cannibalizzato questo libro.... (eh be' ci sta LOL) sono arrivata alla conclusione che...sara' la mia prossima lettura!
Non ci vedano del male i quasi ex concittadini italiani, ma ho imparato che -piu' di altre nazioni- l' italiano medio sputa nel piatto dove mangia: ergo quando leggo molte recensioni del tipo era meglio l' altro, non e' come il primo, qui mi ha deluso, e' il solito Grange' et similia....il libro si fa interessante :D
semplicemente perche' non sto sempre a fare le pulci agli altri, anzi! do' chances.....e letta la tua analisi piu' approfondita di altre, direi che l' argomento mi e' molto vicino, penso che superero' facilmente la sindrome della Jeanne che piange, si impasticca e va a colpi di fortuna (cosa che del resto e' il vorrei ma non posso di tanta gente che crede di essere un gradino sopra al mondo :P )