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giovedì 16 settembre 2010

Il filo che brucia – Jeffery Deaver


In ogni delitto si produce uno scambio...… tra criminale e vittima, o tra criminale e luogo del delitto. Può essere estremamente difficile da trovare, ma quel legame esiste. Ed è dovere di ogni professionista che analizzi la scena del delitto trovare quel frammento comune che può condurre all'identità del colpevole, se non all'indirizzo di casa sua.

Il principio di Locard.
In fondo il succo del romanzo, e la soluzione del caso, sta tutto qui. Leggi quasi 500 pagine e, quando arrivi a quel punto, ti chiedi se Deaver ti ha preso in giro, perché... eh già, se non fosse stato volutamente trascurato un piccolo particolare, il caso si sarebbe chiuso molto prima. E anche il libro. Ma Deaver è troppo bravo e conosce troppo bene il proprio mestiere, per cui mette tutta la sua abilità al servizio di una storia che non lascia respiro, che fa rizzare i peli sulle braccia e sentir odore di bruciato dappertutto. Gioca con le fobie e i grandi problemi dell'uomo del 2000, per costruire thriller innovativi che non contemplino solo il solito serial killer con le solite motivazioni. Ne La finestra rotta il tema era internet, i crimini informatici e i furti di identità. In questo libro invece il tema è l'energia: la dipendenza quasi totale dell'uomo moderno dall'elettricità, lo sfruttamento massiccio delle risorse naturali e le fonti di energia alternative.
Nel pieno centro di Manhattan un autobus viene colpito da una scarica elettrica, un cosiddetto “arco voltaico”. La polizia e l'FBI sono subito in allerta e ricorrono al famoso criminalista Lincoln Rhyme per capire chi, come e perché. Infatti ben presto l'attentatore si fa vivo con una minaccia per l'intera città di New York. E' proprio qui, mentre l'autore inizia a spiegare come funzionano le reti elettriche e come la nostra vita ne sia interamente dipendente, che il lettore si rende conto di quanto questo argomento ci riguardi tutti da vicino. Anche se le parti descrittive e le spiegazioni tecniche su reti elettriche e quant'altro sono difficili da seguire per i non addetti ai lavori (l'unica pecca, se vogliamo, del libro), più iniziamo a capire il funzionamento dell'elettricità e più ci rendiamo conto del pericolo che ci circonda quotidianamente: anche noi come Amelia iniziamo ad avere il terrore di toccare metalli, di mettere i piedi sul bagnato; guardiamo pure noi gli uccelli posati sui fili dell'alta tensione e ci stupiamo di non esserci mai chiesti (io almeno!) come mai non finiscono arrosto.
Ma Deaver non è bravo soltanto nel giocare con le nostre paure, ha pure la capacità di sorprenderci quando ormai pensavamo che la soluzione del caso fosse definita. E Lincoln Rhyme, una delle figure più affascinanti e riuscite del thriller contemporaneo, entra veramente in gioco con tutta la sua abilità mentale, dimostrando come in fondo la macchina più stupefacente e complessa sia proprio il cervello umano.
Per riprendere una delle varie citazioni di Thomas Alva Edison che Deaver riporta nel libro, “dal collo in giù, l'uomo vale un paio di dollari al giorno. Dal collo in su, vale qualunque cosa la sua mente sia in grado di produrre.


Articolo di Martina “Palazzo Lavarda” Sartor

Dettagli del libro
  • Titolo: Il filo che brucia
  • Autore: Jeffery Deaver
  • Editore: Rizzoli
  • Collana: Rizzoli best
  • Titolo originale: The Burning Wire
  • Traduttore: Maria Baiocchi e Anna Tagliavini
  • Anno: 2010
  • Pagine: 531
  • ISBN: 9788817040761
  • Prezzo: € 19.50 

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Letto con molto piacere. Stuzzicante.
Fabio

Cristing ha detto...

Brava Martina! Ottima analisi, bella recensione, il libro ce l'ho e mi hai messo addosso la curiosità di leggerlo..... al più presto!

IL KILLER MANTOVANO ha detto...

Ho una coda di Deaver da leggere che forse arriverò a questo entro l'età pensionabile :D
Brava Martina :-)

Martina S. ha detto...

Ma di quali autori è che non hai una coda di libri da leggere tu, Killer? Se ripenso alla tua libreria... torno e faccio un furto (corrompo tua nonna, che dici???).
Grazie, ragazzi.