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giovedì 15 aprile 2010

La Strada - Cormac McCarthy


Immaginatevi un mondo orribilmente mutilato, niente piu’ vita ma solamente i rimasugli di tempi vissuti ormai lontani ricordi. Colori, movimento, calore, rumori lasciano spazio a grigiore, immobilità, gelido e silenzio nemico. Pensate a un enorme, sconfinato campo di concentramento fantasma disseminato di cenere, polvere, muffa, morte desolante accompagnata da una puzza nauseante del nulla circostante. Un uomo, un tempo marito, un papà, un tempo felice e spensierato. Un bambino, un figlio che si pensava potesse avere un percorso di crescita ben diverso. I due camminano, camminano con il loro carrello con un telone di plastica e una pistola (è tutto cio’ che è rimasto loro), non fanno altro che camminare alla ricerca della salvezza, che si pensa di trovare lungo la costa, dove si corre dietro alla chimera di una civiltà ancora esistente. Insieme, legati fisicamente, ossessionatamente bisognosi l’uno dell’altro attraverso contatti fisici pressoché continui: carezze, abbracci, tenersi per mano, si ricerca una protezione reciproca senza sosta, per difendersi da un mondo che divora ogni cosa.
In mezzo a abitazioni abbandonate, fatiscenti, ponti abbattuti, alberi inceneriti, spezzati, abbattuti. Spinti da chissà quale forza ancora esistente quando nulla c’e’ piu’, sospinti da chissà quale passato che li proietta in un futuro già scritto, senza speranza. L’orizzonte verso il quale si dirigono è nebuloso, anzi nero, nerissimo, privo di una qualsiasi parvenza di riconoscibilità, senza contorni, orfano di identità. La fame e la ricerca ossessiva di cibo che debilita e infervora, il freddo che non dà tregua e guida le pulsazioni emotive e imprevedibili dell’uomo, la sensazione di inguaribile instabilità che rende pazzi, i minuti che passano che non fanno altro che accelerare la propria morte, un’improvvisa speranza che illumina un momento e l’istante dopo è già scomparsa. E’ un libro che si gioca su due metà campo: estremamente duro e cinico ma anche commovente e dolce sotto il punto di vista dei rapporti affettivi, in apparenza (e solo in apparenza) senza speranza , dai contorni assai cupi ma non irreversibili, il tutto addomesticato da una penna di insaziabile voracità descrittiva ed espressiva.
Non esiste caratterizzazione temporale, infatti non si sa che in anno, mese, giorno siamo. E neanche un’inquadratura spaziale, perché non ci dice in alcun modo dove siamo. Tutto è rigorosamente anonimo e appositamente indefinito, come l’identità dei personaggi, che non hanno un nome, destinati semplicemente ad appellativi come “uomo” e “bambino”, che raggiungono il massimo grado di familiarità per il lettore quando diventano “papà” e “figlio” o “amore” o “tesoro”.


La struttura del libro, privo della classica distribuzione in capitoli, caratterizzata da paragrafi brevissimi per dare ritmo, serratezza alla lettura, già richiama il lettore a un’attenzione particolare da dedicare al susseguirsi dei vari momenti narrati. Perché perdersi anche una semplice frase, in McCarthy, significa perdersi un pezzo di puzzle importante, che lascia incompiuto un passaggio, e significa farsi sfuggire qualcosa di significativo.
Gli aggettivi nel delineare i vari momenti che si rincorrono nella storia e nella descrizione dell’ambientazione, sembrano aderire perfettamente anche alla condizione umana che è desolante, tetra, piovigginosa, deformante, marcia, cascante, putrida, sporca. E i colori, su cui McCarthy insiste, fungono da perfetto misuratore del vissuto: cenere, carbone, nebbia, nero che brutalizzano l’esistenza, con qua e là rari flash di tonalità piu’ sgargiante che richiamano a una possibile rinascita, un ritorno al vivere. Il rosso della mela, l’azzurro del cielo, la luminosità della luce sono flash destinati a sfuggire immediatamente alla presa dei personaggi. Attimi di cecità, nei quali si rivede una via di fuga che ridà speranza a cuori in agonia ma che in realtà già un attimo dopo è una porta ermeticamente chiusa. Speranza, disillusione, speranza, disillusione. Un’altalena cinica, implicabile, che dondola quasi compiaciuta alla faccia dell’essere umano.
Il silenzio di questo libro è assordante, fatto di respiri affannosi per i quali non si sa mai se ci sarà un sospiro di sollievo finale, scrosci d’acqua, soffi di vento, scricchiolii, rumore delle foglie che volano, sussurro di polvere che viene alzata dal vento e immediatamente si riposiziona coprendo tutto, rumori sordi delle tracce segnate sul terreno che testimoniano ancora un disperato tentativo di sopravvivenza. Ogni singolo rumore nell’immobilità sospesa è al tempo stesso un’allarme da decifrare al piu’ presto , in perenne angoscia perché potenziale minaccia imminente per la propria incolumità, ma anche una sorta di speranza a cui ci si aggrappa con tutte le proprie forze per cercare di spostare almeno un po’ in là nel tempo l’appuntamento con il proprio annientamento definitivo.
Le barriere dei propri anticorpi si abbassano fino a quasi scomparire, a piegarsi a un nemico troppo forte. L’amore è l’ultimo baluardo, ultima roccaforte difensiva che sembra fronteggiare l’ignoto.
E’ la voce del bambino, la sua innocenza nel fare le domande piu’ spinose, piu’ spigolose, piu’ imbarazzanti al suo papà, a dare un senso di speranza a chi legge. E’ tipico dei bambini porre domande dirette e per questo motivo delle volte brutali. Il padre in questo caso è chiamato a una scelta: illuderlo per proteggerlo o essere sincero per rendere suo figlio consapevole e permettergli di crescere? E questo continuo botta e risposta, di domande e risposte secche e brevi, contribuiscono a accelerare il tempo che li separa da una morte pressoché certa. E’ frustrante, frenetico, ai limiti dell’isteria. Un movimento quasi da flipper, che fa venire una sorta di mal di mare.
Quando leggi Cormac McCarthy è come sentire i rumori che descrive sfondare i timpani, percorrere la propria pelle al tatto, è assorbire una sua descrizione paesaggistica come se fossi tu a vedere coi tuoi occhi o ad ammirare una fotografia nitidissima, sentire i profumi, gli odori, le puzze che passano attraverso aggettivi come sporco,rifiuto, muffa, sudore, bruciato, ascoltare ogni cosa senza il rischio di perdersi qualcosa. Perché fa vivere il lettore nella propria storia, lo catapulta fisicamente nelle sue parole, nelle situazioni che crea, negli eventi. E ci si sente scombussolati, quasi in soggezione, quasi fuori luogo, imbarazzati, impotenti di fronte a tanta potenza espressiva-distruttiva cosi’ nitidamente “in presa diretta”. Le sue parole entrano in chi legge come una forza incontrollabile, ingestibile, inaspettata, esplosiva, suggestionabile. Sembra quasi che esploda il cuore quando deve accogliere il sentimento che nasce dalle parole di questo straordinario scrittore senza età. Sembra quasi morire insieme alle sofferenze che i personaggio patiscono. Ci si sente nudi, indifesi, disposti a subire tutto dalla sua penna. Ci si affida completamente, ci si vende (o ci si dona), perché senza che lui neanche te lo chieda sei già suo, si chiede di essere violentati dal suo ossessivo attaccamento a una scrittura viva e profonda. Lui è Cormac McCarthy e la sua “strada” è la migliore delle strade di lettura possibili.

Articolo di Matteo "Andriy" Spinelli

Dettagli del libro
  • Autore: McCarthy Cormac
  • Editore: Einaudi
  • Genere: letterature straniere: testi
  • Traduttore: Testa M.
  • Pagine: 218
  • ISBN: 8806185829
  • ISBN-13: 9788806185824
  • Data pubbl.: 2007

    24 commenti:

    IL KILLER MANTOVANO ha detto...

    Complimenti, recensione meravigliosa e analisi approfondita in maniera egregia.
    Un romanzo probabilmente non per tutti ma è innegabile la bravura e la capacità visionaria di McCarthy.
    L'ho letto un paio di mesi fa ma, tutt'ora a freddo, faccio fatica a dare un giudizio obiettivo. L'opera mi ha totalmente spiazzato e disorientato.

    Matteo ha detto...

    Per la cronaca, il diritto di distribuzione del film è stato acquistato anche in Italia, quindi, non so se sia ufficiale o meno, credo di si, ma a maggio con parecchi mesi di ritardo rispetto altrove, riusciremo a vedere in italiano, LA STRADA sui nostri schermi.

    Grazie Marco:-)
    Penso sia un libro cosi' particolare, per me non unico nel suo genere perchè di apocalittici-post apocalittici ce ne sono diversi altri, ma per scrittura e ambientazione si, puo' essere considerato unico, perchè la penna di McCarthy è micidiale, possa piacere e non piacere, possa entusiasmare cosi' come lasciare freddezza, spaesamento, disorientamento, credo sia una cosa assolutamente normale. Ecco, penso sia piu' difficile provare indifferenza.

    Briciole di tempo ha detto...

    Complimenti Matteo! La tua ricchezza lessicale come sempre riesce a rendere accattivanti anche libri che non avevo preso in considerazione!

    Matteo ha detto...

    Grazie Marianna:-)))
    Comunque McCarthy è un dizionario vivente, in quanto a parole e a scelta di abbinamento delle parole. E tutte arricchite del suono corrispondente, o del sapore corrispondente, o del movimento corrispondente che ad esse è collegato. Ecco forse dove sta la grandezza di questo scrittora.

    Anonimo ha detto...

    Se posso dare un consiglio a Matteo senza essere mandato a quel paese che già conosco a menadito è quello di non essere “troppo”. Troppi aggettivi e troppa enfasi che sciupano un po’ il forte, vero, istintivo sentimento che sento nascere spontaneo e che ho molto apprezzato. Non mi mandare nemmeno un accidente che già ho i miei malanni personali.
    Fabio Lotti

    Scéf ha detto...

    bhe ma tu non cercartele però ;)

    Matteo ha detto...

    Fabio, io non mando nessuno a quel paese, se non per motivi per cui uno merita di essere mandato a quel paese, e questo non è uno di quei motivi. Quindi non ti preoccupare, che ogni critica, ovviamente se fatta in buonafede, non è altro che uno stimolo in piu' per migliorare. D'altra parte nessuno nasce già imparato ed è giusto che si perfezioni e si migliori di volta in volta, sempre.
    Grazie per il consiglio, che incamero:-)

    Matteo ha detto...

    Una cosa pero' devo dirla: l'eccessiva enfasi, è quella di un lettore che ha amato come pochi questo libro, non ho saputo frenare il mio istinto a far esplodere le sensazioni che mi ha dato questo libro. Io, personalmente, preferisco recensioni meno pulite da un punto di vista della prassi didattica (ovvero su come va scritta una recensione), piu' emotive, piu' sentite, piu' personali. Infatti tendo a leggere blog e non giornali quando si parla di libri, tendo ad andare su Anobii e non sui giornali, perchè le recensioni dei critici, degli addetti ai lavori a lungo andare mi lasciano freddo, mi stancano, mi lasciano il nulla. Detto questo, cerchero' di migliorarmi, perchè è ovvio che devo migliorarmi e non poco.

    eccozucca ha detto...

    Grandissimo Matteo ^____^

    Martina S. ha detto...

    Si sente che Matteo ha amato moltissimo questo libro, proprio per la recensione appassionata e approfondita. Riuscitissima perchè anch'io ho letto questo libro grazie a Matteo e a come ne parlava nel gruppo. Quindi, ottimo lavoro.
    Il libro prende il lettore, nel bene e nel male. Io l'ho letto tutto d'un fiato, non riuscivo a staccarmene, mi pareva di sentire il sapore della cenere, la puzza di bruciato. Ero affascinata dalla prosa asciutta ed essenziale di McCarthy, ma anche attonita e desolata da tanta disperazione.

    Anonimo ha detto...

    Ha ragione Enzo che vado proprio a cercarle. In effetti spesso è il vecchio tic dell’insegnante che mi porto sfortunatamente appresso a crearmi dei guai e delle antipatie (bisognerebbe, però, conoscerci di persona per togliere ogni dubbio). Il mio voleva essere più un omaggio alla grande sensibilità di Matteo che non una critica. Mi è venuto spontaneo come se lo conoscessi da sempre. Spero che almeno questo si sia capito. E poi un po’ di discussione fra noi, via, non guasta.
    Fabio Lotti
    Matteo, facciamo così. Continua come ti pare e piace.

    Anonimo ha detto...

    Però lasciatemi concludere con questo intervento. Se posso portare un contributo nel nostro blog lo porto. Sbagliato o corretto che sia. Intanto l’amore per l’ironia e la satira che non va mai perso senza, magari, le mie punte eccessive che possono infastidire. D’accordo, si può fare di meglio. Poi il senso della misura nella esposizione dei nostri pensieri. Che non vuol dire freddezza e gelida distanza, ma la capacità di gestire con rigore la forza e la passione dei nostri sentimenti. Tutto qui. Anche io salto a piè pari le recensioni gelidamente pallose che mi capitano a tiro. E dunque non ho saltato quella di Matteo.
    Fabio Lotti

    Blueberry ha detto...

    Matteo Matteo.... tu sai cosa IO sto rischiando vero?????????
    :-PPPPPPPPPPPP

    bella rece fratellino :-*

    IL KILLER MANTOVANO ha detto...

    @Fabio: personalmente le critiche costruttive mi fanno solo che piacere perchè le ritengo fondamentali per la crescita; quindi per il sottoscritto sentiti sempre libero di farle.
    Matteo è una persona molto umile e estremamente intelligente; di conseguenza credo abbia capito perfettamente il senso del tuo intervento che tra l'altro, secondo la mia opinione, è sempre fatto con tatto e mai sopra le righe.
    Per quel che mi riguarda mi sono sempre definito una spugna e penso sia sempre importante apprendere e assorbire dagli altri.

    Anonimo ha detto...

    Caro Marco
    Se c’è qualcosa nei miei interventi che non va, che si ritiene sia sbagliato o meno basta dirmelo come fai tu. Guarda Fabio io non sono d’accordo per questo ecc…A me il colloquio o una discussione corretta serve anche per crescere e imparare. Purtroppo mi porto dietro sia una esperienza di vita, sia una deformazione professionale, sia un carattere che mi spingono, come hai potuto ben notare, ad eccedere. Ma così istintivamente, senza niente di cattivo dietro. Figuriamoci. Ho notato in Matteo una grande passione che mi ha colpito (altrimenti avrei smesso subito di leggerlo) insieme ad una certa enfasi che mi è venuto spontaneo segnalargli. Non essendo stato richiesto del mio parere ho aggiunto, scherzando, che poteva pure mandarmi a quel paese come era anche logico che facesse. Vedo che non mi ci ha mandato e lo ringrazio…:-)
    Fabio Lotti

    Matteo ha detto...

    Fabio, infatti io ti ho ringraziato per la critica costruttiva che mi hai fatto, anche perchè devo dirti la verità, è un po' anche dell'autocritica che mi faccio, sul fatto che dovrei un po' contenermi come hai fatto notare giustamente tu. Ritieniti sempre libero di fare critiche, a parte che tutte le critiche siano come questa, costruttiva, fatta in buonafede e civile. Poi vabbè in generale preferisco sempre di gran lunga la verità in ogni cosa piuttosto che la condiscendenza falsa. :-)

    Frankie Machine ha detto...

    Più passa il tempo e più cresce la qualità di chi scrive, si sforza di esprimere le emozioni provate con un linguaggio, uno stile che è prepotentemente suo, ma misurato perchè arrivi agli amici con cui condividere il piacere provato, la scoperta o la riconferma di quanto già conosciuto. Qui credo di leggere tra le righe un'esuberanza che va oltre il semplice giudizio del valore di un libro, Matteo è pronto a saltare la barricata e trasformarsi in scrittore, ci trovo tutte le premesse.

    Anonimo ha detto...

    Gran bella recensione, i miei complimenti. Di McCarthy per ora ho letto solo la Trilogia della Frontiera, ma questa splendida e 'sentita' recensione mi ha fatto venir voglia di leggere anche altre opere dell'autore.
    Ancora bravo!

    Stefano ha detto...

    va bè! che ti devo dire? niente.

    io il film l'ho visto in inglese. splendido, lascia senza parole e speranza.
    il libro sarà tra le prossime cose che compro. ^_^

    Matteo ha detto...

    @Frankie

    No, ora non esageriamo ahahahaha. La stoffa dello scrittore sta in qualcun altro, non certo in me:-))Comunque grazie mille per le belle parole, apprezzatissime:-)

    @Ruby
    Grazie mille anche a te:-)) Io ho letto di McCarthy anche Il Buio fuori (bello) e Meridiano di sangue (capolavoro).

    Anonimo ha detto...

    Caro Matteo
    ti ringrazio per avere capito lo spirito con cui ho fatto l'intervento. Mi è venuto spontaneo come se ci conoscessimo da sempre. Un giorno, quando è passato questo momento un pò particolare per me, ti potrò dire anche perché sono stato colpito dal tuo scritto. Ora non me la sento.
    Fabio Lotti
    Fabio Lotti

    Linda80 ha detto...

    A me le recensioni di Matteo piacciono molto anche perché ci mette i sentimenti. Si capisce subito quando un libro gli entra nel cuore ed è bravissimo a dipingere le emozioni che la lettura gli suscita. Di McCarthy ho letto "Non è un paese per vecchi" e l'ho molto apprezzato. "La strada" giace sugli scaffali in attesa della giusta ispirazione ;-)

    Stefania ha detto...

    Straordinaria la recensione di Matteo. E un po' dovrei "vergognarmi" perché fra tutti gli acquisti fatti negli ultimi anni, questo mi manca e non ho niente dell'autore. La mia paura è che non sia nelle mie corde e di poter ricevere una delusione, anche se fra tutti i titoli dell'autore questo è quello che mi stuzzica di più...prima o poi...
    ps. il garbo con cui avviene lo scambio di idee fra i corpi freddi è veramente un motivo di vanto di questa comunità :)

    Anonimo ha detto...

    Salve a tutti, vorrei fare una semplice domanda. Mentre leggevoil libro più volte il bambino dice "noi portiamo il fuoco", vorrei sapere che significato allegorico potrebbe avere questa domanda