“…E uno dei più spaventosi tra questi mostri della notte (che si trovano anche nella nostra ridente terra di Francia) è una figura terrificante che durante il giorno può nascondersi sotto l’aspetto di un bell’uomo o di una graziosa donna sorridente; ma durante la notte diventa un’orribile bestia dagli artigli sporchi di sangue. Così vi dico persino a voi che vivete nella città di Parigi, quando la vostra lampada durante la notte sparge una luce fioca , e voi sentite un lieve battito di dita sui vetri della vostra finestra, non aprite la porta a questo ingannevole viandante ... "
Inizia così, mettendo in guardia i lettori della presenza di mostri (lupi mannari ? vampiri ?) che con il calare delle tenebre vengono a bussare alla nostra porta, “Il mostro del plenilunio” primo romanzo e primo delitto “della camera chiusa” di John Dickson Carr, scrittore americano che passerà alla storia come il padrone e maestro indiscusso del genere. Era il 5 febbraio 1930: sono passati esattamente 80 anni da quando la Harper & Brothers, storica casa editrice di New York, dava alle stampe “It walks by night” a cui faranno seguito una settantina di libri. In Italia si dovrà attendere il 9 novembre 1958 quando verrà pubblicato per la prima volta nella collana “Il Giallo Mondadori” al n. 510.
Alexandre Laurent è uno psicopatico serial killer finito al manicomio. Sua moglie, Louise, decide di rifarsi una vita e risposarsi con il duca di Saligny, famoso nel “beau monde” per essere un noto giocatore di tennis, in grado di sconfiggere nientemeno che Renè Lacoste a Wimbledon , nonché schermitore di fama internazionale. Ma un bel (?!?) giorno Laurent riesce a fuggire dall’istituto in cui è rinchiuso e a far giungere un messaggio al duca, minacciandolo di morte nel caso insistesse a convolare a nozze con l’ex amata.
Il nobil uomo, da buon guascone, si sposa ugualmente e viene quindi puntualmente assassinato in un modo assolutamente spettacolare (che lascio scoprire a voi) in una stanza in cui è entrato da solo e dalla quale, soprattutto, dopo l'omicidio, non è uscito nessuno “Un delitto impossibile…. e se c’è un caso in cui non si può pensare che il morto si sia tolto la vita con le proprie mani è proprio questo”.
Eppure, nel giro di dieci minuti qualcuno è entrato nel locale, ha commesso l'omicidio ed è fuggito senza lasciare la minima traccia e senza essere visto da nessuno. Chi è l’assassino? Come ha fatto? E soprattutto perché continua a colpire?
Per il suo esordio letterario, John Dickson Carr si affida a Henri Bencolin, già personaggio centrale di alcuni suoi racconti brevi pubblicati sul giornale scolastico ai tempi del college e che sarà protagonista solamente di altri 4 romanzi.
Nelle prime storie il nostro è decisamente più giovane e semplicemente uno dei tanti prefetti della sureté ma già in questa avventura lo troviamo ormai “judge d’instruction” del dipartimento della Senna nonché capo della polizia parigina. Un personaggio dall’aspetto “mefistofelico” che sembrerebbe trovarsi a maggior agio piuttosto in un “feuleitton” ottocentesco che in un libro del ‘900. Aveva le palpebre cadenti, un naso sottile e aquilino, e profonde rughe che scendevano giù fino ai lati della bocca.
Portava i baffi piccoli e la barba a punta nera. I suoi capelli neri erano pettinati con la riga in mezzo e si alzavano in punta, come le corna. Ma non lasciatevi ingannare: le “cronache del tempo” lo dipingevano come l’”uomo più pericoloso d’Europa”. Ne viene fuori un personaggio forse un po’ pienotto si sé e con la tendenza a pontificare un po’ troppo, un misto tra un diavolo in abito da sera e un dandy alla Philo Vance ma sicuramente una figura suggestiva.
Pur essendo un’opera prima, “Il mostro del plenilunio”, secondo il mio modesto parere, si può tranquillamente collocare nel novero delle cose migliori mai scritte da Carr. Certamente la meccanica del delitto della camera chiusa non è eclatante come altre, quasi come se, l’autore da grandissimo illusionista quale era, volesse tenere in serbo i suoi trucchi migliori per i romanzi successivi. Forse c'è qualche “effetto speciale” di troppo e un po’ troppo artefatto, ma l’intera trama funziona ugualmente a meraviglia, proponendo già tutte quelle peculiari caratteristiche che renderanno inconfondibili le sue storie. Si tratta di un racconto lugubre, sinistro e tenebroso, pervaso di intrighi e complicazioni nella migliore tradizione del Grand Guignol, (cosa che distinguerà tutti i primi romanzi di Carr).
Una perfetta fusione tra Gastron Leroux (autore di quello che secondo Carr è il miglior racconto della camera chiusa “Il mistero della camera gialla” del 1907 ) ed Edgar Allan Poe, la cui ingombrante presenza aleggia lungo tutto il corso della storia. Numerosi fattori concorrono a ricreare una certa aria da romanzo d’appendice. Una Parigi notturna che, in barba alla fama ormai consolidata di “ville lumiere”, appare antelucana, buia, oscura e tenebrosa, in cui verrebbe più logico immaginare i lunghi “boulevards” percorsi da “fiacres” condotti dai cavalli, alla luce incerta e tremolante dei lampioni a gas, piuttosto che dalle automobili. Fanno da palcoscenico atavici e vetusti palazzi aristocratici che ci immaginiamo, favoriti dalla narrazione, con enormi scaloni, impolverati ritratti di antenati che dalle pareti sembrano seguirci con lo sguardo, antiquati arazzi, orologi che ticchettano nella nel silenzio della notte, vecchie armature, stanze chiuse da tempi immemorabili, ombre e oscurità degni di casa Usher.
Il buio, poi, viene attenuato preferibilmente dalle fiammelle tremule delle candele, che rischiarano alcune delle scene di maggior effetto del romanzo ingigantendo a dismisura e dando vita alle ombre sui muri, siano esse di commensali che trascorrono la serata a discutere di celebri omicidi (il più possibile efferati) e di racconti famosi di Edgar Allan Poe, sia che siano di intervenuti ad una veglia funebre o convitati di romantici “tete a tete” ignari di chi si cela nell’oscurità che li circonda.
Tutti componenti che l’autore americano adorava e a cui attingerà a piene mani nel prosieguo del suo cammino letterario quarantennale che si concluderà nel 1972 con la pubblicazione di “Il mistero di Muriel” giallo storico senza personaggi fissi, e che ancora oggi a distanza di 80 anni conquistano e appassionano milioni di lettori di tutto il mondo, che come noi, chiamati a raccolta dal grande Pifferaio Magico, John Dickson Carr, rimangono incantati e stregati da quello che lo stesso autore, in un suo saggio dedicato al romanzo giallo, chiama “il vecchio gioco, il grande gioco, il più straordinario gioco del mondo”.
John Dickson Carr
Il mostro del plenilunio
(It walks by night - 1930)
- Il Giallo Mondadori n. 510 del 9/11/1958
- I Classici del Giallo Mondadori n. 196 del 30/07/1974
- Bencolin della polizia di Parigi – Omnibus Mondadori - 1993
http://www.gialloweb.net/biblio/carr.asp
Articolo di Allanon
6 commenti:
Che analisi con i fiocchi!!!
Un romanzo epocale e una pietra miliare per quel che mi riguarda.
Il maestro della camera chiusa è in assoluto il mio scrittore preferito tra i romanzieri della golden-age.
FONDAMENTALE!!
Alberto sei stato semplicemente eccezionale.
Grazie.
Il "classico" fa sempre bene. Continuate così...:)
Fabio Lotti
Sempre preciso e fonte di informazioni preziose, il nostro Alberto. Anche per quanto mi riguarda, il giallo classico è una 'sicurezza' che non smetterò mai di leggere.
Splendida e dettagliata recensione. Bravissimo Alberto! :)
Questo manca alla mia piccola collezione di Dickson e penso proprio mi piacerebbe. Starò attenta ai vari mercatini e librerie dell'usato :)
Bellissima e attenta analisi di un libro e di un autore che merita di essere letto da tutti gli amanti del giallo.
Grande Alberto una recensione precisa, affilata,perfetta ^_^
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